Gerry Mottis
Terra bruciata
Le streghe, il boia e il diavolo
Romanzo storico
15×21 cm, 448 pp, Euro 20,00
ISBN 978-88-97308-62-1
Disponibile anche in versione digitale su più piattaforme.
Link: Breve estratto
1613, Roveredo, Grigioni. Tre giorni dopo aver impiccato un ladro in Valle Calanca, il boia viene misteriosamente ritrovato morto. Privo del suo Ministro di Giustizia, il Comungrande di Mesolcina cade preda di briganti, usurai, streghe e stregoni, che portano scompiglio nelle due valli. Le Autorità Giudiziarie assoldano così un nuovo carnefice, proveniente dalle terre confinanti con le Tre Leghe, per riportare l’ordine.
Il nuovo Ministro di Giustizia, personaggio misterioso e macabro ma denso di fascino, vivrà ai margini di una società che faticherà ad accoglierlo. Soltanto l’incontro a Roveredo con una meretrice – dal passato turbolento ma guaritrice esperta – farà sperimentare al boia sentimenti nuovi. Il suo spirito subirà una progressiva crisi di coscienza, che lo spingerà a rivedere l’utilità della propria funzione sociale e l’equità delle sentenze del Tribunale di valle.
Con Terra bruciata l’autore propone un romanzo dal profumo storico a cavallo tra realtà e finzione, dai ritmi spesso incalzanti, altre volte introspettivi e commoventi. La vicenda ruota attorno a quattro processi che si svolsero realmente tra il 1613 e il 1615 e i cui verbali – conservati negli Archivi di Circolo – sono stati trascritti fedelmente nell’italiano di oggi.
Il loro esame ha riportato alla luce nomi reali, personaggi storici, tradizioni popolari, presunti malefici, delitti efferati, torture atroci, assurde superstizioni e palesi ingiustizie del nostro passato, che hanno contrassegnato le valli alpine e tutta l’Europa.
Nel 2016, durante la sua stesura, l’opera “Terra bruciata” ha ricevuto il riconoscimento per la Creazione Artistica Professionale, conferito dalla Promozione della Cultura del Cantone dei Grigioni.
Estratto – Dalla quarta di copertina:
Il fabbro si levò dal tavolo e si mise a rigovernare la cucina, meditabondo.
«Tu non puoi intervenire contro i tuoi protettori, signor Ministro di Giustizia; sarebbe la tua rovina! Mentre io… sono troppo vecchio per lottare ancora. Mi hanno già cacciato una volta, in passato, ricordi? Il Comungrande di Mesolcina e Calanca non è pronto per accogliere idee innovative in materia criminale. Pure tu sei vittima del tuo successo.»
«Che cosa intendi dire?»
«Hai portato in valle i precetti giudiziari elaborati nel Malleus Maleficarum su cui poggiano oggi gli Statuti criminali. E io credo che dovranno passare almeno altri cent’anni prima di un rinnovamento generale.»
«E nel frattempo quante erboriste, levatrici, semplici massaie finiranno al rogo?», chiese con sarcasmo il boia.
«Di che ti preoccupi, signor Ministro di Giustizia? Il tuo lavoro sarà sempre garantito!», affermò con cinismo.
«Ma è doveroso tentare!» proseguì con ardore Kasper, levandosi in piedi in tutta la sua possanza.
L’ex magistrato non si scompose.
«Non vi è nulla che possiamo fare, mi dispiace; i tempi non sono ancora maturi, te lo assicuro. Vi sono troppi interessi in gioco. La Giustizia serve ai casati più influenti per fare terra bruciata dei propri nemici, per debilitarli e seminare l’infamia tra le loro mura; per espropriare terre, pascoli, campi e armenti, per arricchirsi maggiormente. Il popolino vive pur sempre asservito a queste famiglie potenti, in Mesolcina come altrove, non diversamente dai tempi dei Trivulzio. Se ora ci ribellassimo, saremmo trattati come dei comuni criminali, e forse addirittura impiccati!»
Gerry Mottis
Nato nel 1975, originario della Valle Leventina, risiede tra Lostallo GR e Camorino. Ha studiato letteratura italiana e archeologia bizantina all’Università di Friburgo, ottenendo la Licenza in Lettere nel 2001.
È insegnante di lingua italiana e storia presso le scuole medie di Roveredo GR e professionali superiori a Giubiasco.
Dal 2000 ha pubblicato sei libri, tra cui “Sentieri umani”, 2000; “Un destino una nostalgia”, 2003; “Il boia e l’arcobaleno”, 2006; “Oltre il confine e altri racconti”, 2010; “Altri mondi”,2011; e il primo romanzo storico “Fratelli neri. Storia dei primi internati africani nella Svizzera italiana”, 2015.
È regista per la compagnia teatrale “Siparios” di Lostallo dal 2005 e si occupa infine di consulenza linguistica per la trasmissione “La consulenza” su RSI RETE UNO con Antonio Bolzani. Maggiori informazioni: http://www.gerry-mottis.ch
RECENSIONI/SEGNALAZIONI
© Chiasso TV, 28.02.2021
Gerry Mottis, Terra bruciata
Un’opera basata su fatti storici, appassionante e che fa riflettere.
di Sergio Roic
© Filo diretto, 03.11.2020/ore 17.05, RSI LA1
Le streghe della Svizzera italiana
Dal minuto 04.50 Gerry Mottis ci parla di streghe, stregoni e boia.
© Corriere dell’Italianità, 5.03.2020
“Terra bruciata”, romanzo di Gerry Mottis
di Valeria Camia
È stato dato, di recente, di nuovo alle stampe “Terra bruciata. Le streghe, il boia e il diavolo”, il romanzo di Gerry Mottis, che vede come sfondo la caccia alle streghe nella Svizzera italiana e su tutto l’arco alpino durante il 1600. La vicenda ha inizio nel Comungrande di Mesolcina (Grigioni), dove, in seguito alla misteriosa morte del Ministro della Giustizia, l’ordine cittadino è minacciato e, per far fronte alle malefatte di briganti e malfattori e anche per liberarsi streghe e stregoni, le autorità giudiziarie assoldano un nuovo carnefice. Un boia che proveniente dalle terre confinanti. Un personaggio macabro, preciso, ordinato, addirittura ineccepibile, nel suo lavoro di tortura e esecuzione di condanne a morte. Un uomo che vive ai margini della società, e trova come unici interlocutori due figure interdette: una meretrice e un fabbro, il quale è una sorta di filosofo liberale, coscienzioso ma che nessuno in paese comprende. Violento e forte, il Ministro della Giustizia è però anche curioso dell’arte e della natura, appassionato di disegno e pittura. Una figura fatta di chiari-scuri, che arriva pur senza disconoscere le decisioni delle autorità cittadine per le quali presta servizio, pur senza esitare a dislocare arti e impartire torture, arriva però a dubitare della propria funzione sociale e dell’equità delle sentenze del tribunale. Il prodotto letterario che ne esce è quello di un romanzo storico a cavallo tra realtà e finzione, ampio e corale, dai ritmi spesso incalzanti, come ripetute e insistenti erano le domande degli inquisitori, ma capace di offrire momenti introspettivi e persino toccanti.
Prof. Mottis, “Terra bruciata”, romanzo a cavallo tra realtà e finzione e ambientato nella Val Mesolcina del Seicento ripercorre le storie di persone accusate di stregoneria. Perché scrivere una storia di streghe, boia e terre bruciate oggi?
Vi è un fascino misterioso che accompagna il nostro passato, soprattutto se pensiamo a un’epoca come quella del 1600, caratterizzata dalle rivoluzioni geografiche, scientifiche, religiose, culturali e artistiche, ma anche dalle guerre di religione, dall’intolleranza, dalle superstizioni e da antichi riti magici di origine pagana sopravissuti.
Scrivere una storia di streghe e stregoni mi ha permesso innanzitutto di riconnettermi alla storia del mio territorio e ristabilire dunque una relazione diretta come discendente di quegli antichi avi che forse erano giudici intolleranti oppure streghe e stregoni vittime di un destino atroce. Riportare alla luce i nomi e i volti di questi e queste, significa riconsegnarle alla storia, liberarli dall’anonimato e, soprattutto per quanto concerne le maliarde, riabilitarne l’immagine. Oltre a ciò, mi par di capire che la storia sia ciclica e che certi fenomeni stiano pericolosamente riemergendo. Capire il passato ci potrà, quindi, forse, aiutare a districarci meglio nel presente.
Nel romanzo leggiamo, per bocca di un ex-magistrato di Roveredo, divenuto un fabbro: “Non siamo tanto eroici quanto la Storia vuol far credere… La nostra è una terra bruciata… Dovremmo anzitutto commiserare noi stessi per le nostre colpe. Non sarà certo punendo tutti i nostri dissimili che la comunità si salverà” (p. 236-237). Sono parole che risuonano estremamente attuali. La storia si ripete?
Come appena detto, la storia certamente si ripete. È ciclica, poiché spesso dominata dagli stessi fenomeni di massa: la fame, le epidemie, l’instabilità politica e sociale, le “guerre” di religione, ma soprattutto la paura, che hanno attraversato ogni epoca storica. Anche quella attuale non è esente da questi fenomeni. In ogni epoca e in ogni cultura, come accade anche oggi, si è sempre cercato un “capro espiatorio”, cioè un gruppo sociale su cui far ricadere le proprie colpe, oppure per dare una risposta a fenomeni o eventi catastrofici intesi come una punizione divina, mediata dal male che (secondo le credenze di allora) aveva preso possesso di streghe e stregoni.
I materiali storici relativi a 4 processi per stregoneria, centrali nello sviluppo della trama del romanzo, sono presentati al lettore in un italiano ‘moderno’ che facilita certamente il veicolare di un’emozione, un senso di vicinanza alla vittima. Ma porta anche il lettore a prendere maggiore coscienza dell’ingiustizia del sistema che otteneva confessioni sotto tortura…
L’aspetto linguistico voleva in effetti essere un elemento di novità del mio romanzo. Mi sono dedicato alla trascrizione integrale dei quattro processi menzionati d’inizio 1600 (ai danni di Caterina Della Sala, Antonio Stanga, di Roveredo, di Caterina Fasani di Mesocco e Tommaso Forello di Norantola) e in un secondo tempo ho deciso di “tradurli” nell’italiano di oggi, proprio per favorire la comprensione di ciò che è stato, evitando di lasciare inutili ostacoli linguistici dovuti a termini scomparsi, desueti o dialettali complessi, che avrebbero soltanto allontanato il lettore.
Le parole espresse durante i processi dalle streghe sono perciò autentiche e fedeli, benché tradotte in italiano contemporaneo. Ciò facilita la comprensione non solo di ciò che è stato confessato, ma anche di una maggiore consapevolezza storica, mediata dalla lingua attuale.
Coloro che invece desiderassero leggere i processi originali in antico italiano, troveranno i verbali trascritti integralmente in Appendice. Interessante potrebbe essere il raffronto dei due testi, quello in italiano seicentesco e la mia traduzione romanzata nei capitoli dedicati agli interrogatori.
La narrazione delle torture e crudeltà perpetuate nei confronti degli accusati non risparmia dettagli, tecnici. È stato difficile confrontarsi con tali dettagli e scriverne?
È stato difficile non soltanto confrontarsi con le procedure giudiziarie che prevedevano l’uso della tortura secondo l’arbitrio dei giudici di valle, ma di tutto l’impianto criminale molto severo, intollerante, violento, repressivo e iniquo. Basti pensare, ad esempio, che la tortura era un mezzo legale e coercitivo molto usato alle nostre latitudini per “generare” la verità, in parole povere per estorcere le confessioni. Ai giudici in sé non interessava molto la verità, quanto la confessione completa degli imputati giacché la legge affermava che si poteva condannare una persona soltanto se rea confessa.
Inoltre, vigeva un tremendo sistema di “furto legalizzato” ai danni delle vittime che oggi ci fa rabbrividire: indipendentemente dall’esito del processo, all’imputato (sia esso ritenuto colpevole o innocente) venivano confiscati tutti i beni mobili e immobili, quale risarcimento (o meglio “salario”) ai giudici, aiutanti, uscieri, guardie, il boia locale, ecc.
Per quanto riguarda la tortura nuda e cruda, bisogna invece dire che in sé era molto semplice. Con una corda e una carrucola l’imputata era sollevata da terra con le mani annodate dietro alla schiena e interrogata finché cedeva. La confessione implicava la condanna a morte, per rogo o decapitazione.
Nel mio romanzo non ho mai voluto nascondere ciò che è capitato, ma ho cercato di essere il più delicato possibile nei confronti della sofferenza umana di queste povere persone innocenti. Ho grande rispetto di loro e ribadisco che il mio intento non era quello di scrivere un romanzo “gotico” ma storico, per riabilitare la loro immagine di vittime dell’intolleranza religiosa e giudiziaria.
Le storie di torture e uccisioni ripercorse nel libro hanno come punto in comune la figura del ministro della Giustizia, che altro non è che un boia. Eppure questa figura, mentre la narrazione si snoda, viene quasi umanizzata. E a tratti si è quasi portati a compatire il terribile torturatore, addirittura simpatizzare per lui….
Uno degli aspetti innovativi del romanzo sta nel punto di vista, cioè nella prospettiva di narrazione. Quando mi sono confrontato con la questione, ho scartato da subito la soluzione più ovvia, cioè la narrazione in prima persona da parte di una « presunta » strega. Leggendo i verbali dei processi, mi sono imbattuto in una figura di cui nessuno ha mai parlato e che pochissimo è stata ricercata storicamente. E si tratta del “boia”.
Attorno a questa figura aleggia un misto di repulsione e attrazione, tra il cupo e il violento. L’unica cosa che sapevamo del carnefice era che esisteva, poiché citato nei verbali, e che era nominato “Ministro di Giustizia”. L’immagine stereotipata che è stata costruita nell’arco dei secoli è giunta distorta sino a noi.
Dedicandomi alla ricerca, ho infatti scoperto molti aspetti intriganti legati ai boia del passato, ad esempio che venivano sempre da fuori, erano forestieri, avevano dei privilegi (come vitto e alloggio spesati, un buon salario) ma vivevano ai margini della società, spesso fuori le mura, evitati da tutti, schivati per strada, essi non potevano partecipare alle feste di paese o alle funzioni religiose, erano cioè dei veri e propri emarginati che subivano un’infamia come quella di essere nominati “strega” o “stregone”.
In verità, le cose stavano diversamente. Molti dei boia erano istruiti, praticavano altre professioni artigianali, ed erano sensibili nei confronti della sofferenza umana. Da questa immagine, antica eppure modernissima, nasce Kasper Abadeus, il carnefice del mio romanzo, persona che tramite l’amicizia profonda con una guaritrice (esperta anche in amore) riscoprirà antiche emozioni e permetterà alla sua coscienza di evolvere e di “umanizzarsi”. Per questo motivo, il boia del mio libro appare “affascinante”, quasi “simpatico”, poiché come pochi saprà capire la sofferenza delle imputate e l’isteria che si stava realmente consumando.
Link: corriereitalianita.ch
© carlosilvano.blogspot.com, 27.10.2019
Le “streghe” raccontate dallo scrittore Gerry Mottis
a cura di Carlo Silvano
“Terra bruciata. Le streghe, il boia e il diavolo” è l’ultimo romanzo pubblicato da Gerry Mottis e sta ottenendo un meritato successo con ristampe e anche con un’edizione in lingua tedesca. Dall’uscita del libro ad oggi l’Autore ha partecipato a numerose presentazioni pubbliche, confrontandosi con i propri lettori su temi delicati come la persecuzione, i processi sommari e le condanne che tante persone – soprattutto donne – hanno subito per essere state accusate di stregoneria. “Secondo le statistiche afferma il prof. Mottis – il 95% delle donne (e degli uomini) accusate di stregoneria era innocente. Si tratta dunque di una vera e propria barbarie, frutto di un’isteria collettiva che ha causato una catena di morti ingiuste (stimate in diverse centinaia di migliaia di vittime in Europa), di cui nessuno oggi si è ancora assunto la colpa. Di fatto, streghe e stregoni erano persone umili, spesso sole o diverse, che svolgevano attività sociali travisate dalla Chiesa o dai Giudici, che non erano tollerate dal potere vigente. Erano raccoglitrici, guaritrici, levatrici, educatrici, che spesso compivano dei riti di origine pagana nei boschi o nelle radure – o comunque in zone appartate – per invocare Diana, la dea dell’abbondanza, della fecondità, dei buoni raccolti ecc. Riti normalissimi durante tutta l’Antichità che, con l’avvento del Cristianesimo prima, e del Protestantesimo poi, sono invece stati interpretati come cerimonie di venerazione del Diavolo e, di conseguenza, violentemente combattuti. Da un lato, dunque, si può affermare che la “caccia” alle streghe fungesse da “capro espiatorio” per dare una risposta ai mali che affliggevano le società dell’epoca (carestie, malattie o morti improvvise di bestie o persone, frane, valanghe, incendi, devastazioni naturali ecc.), di cui non si conoscevano le cause; dall’altro, invece, era un metodo ragionato di potere e di controllo col “terrore” sulle masse della povera gente, analfabeta e miserrima, o per combattere (processando, torturando, giustiziando) gli avversari politici di un certo rango (soprattutto nelle città)”.
Il prof. Gerry Mottis (1975), autori di diversi libri, vive tra Lostallo in Val Mesolcina e Camorino ed è docente di lingua italiana e storia. Qui di seguito viene proposta, arricchita con delle foto scattate in occasione di varie manifestazioni, una sua intervista sul romanzo storico “Terra bruciata”.
Prof. Gerry Mottis, alla fine del suo romanzo intitolato “Terra bruciata. Le streghe, il boia e il diavolo”, nella pagina dedicata ai ringraziamenti, viene ricordato anche lo storico ed archivista Cesare Santi…
È un giusto tributo e omaggio a un ricercatore mesolcinese che ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca d’archivio il quale ha riportato alla luce una mole importante di materiali del nostro passato di valle, soprattutto relativo ai processi per stregoneria tra il 1450 e il 1750 circa, nonché i processi criminali, trascrivendo e postillando minuziosamente tutti i documenti – specialmente i verbali degli interrogatori – in modo fedele e, nel limite del possibile, completo. Senza il suo immenso lavoro di recupero e trascrizione la stesura di “Terra bruciata” sarebbe stata molto più difficoltosa, lacunosa. Per questa ragione, dedico i miei ringraziamenti a Cesare, per aver condiviso con me una grande passione: la ricerca a favore della conoscenza del nostro territorio.
Nel primo capitolo di “Terra bruciata” viene menzionata la città di Dorenza, ma di essa non si trova traccia in internet: è esistita realmente oppure è un luogo di fantasia?
“Dorenza” è la trasposizione fantasiosa di una località reale chiamata “Glorenza”, situata geograficamente nel Trentino-Alto Adige, nell’Alta Val Venosta, a pochi chilometri dal confine col Cantone dei Grigioni (l’Antico Regno delle Tre Leghe), dove nel 1519 si svolse uno dei più clamorosi e bizzarri processi, ovvero “il processo ai topi”, di cui parlo nel primo capitolo del mio romanzo. I fatti narrati sono realmente accaduti e questa vicenda mi ha permesso, ad inizio romanzo, di far entrare da subito il lettore in un contesto insolito, fatto di leggi arbitrarie e ai nostri occhi persino assurde, come quella di citare in giudizio le schiere di ratti che avevano invaso la città di Glorenza.
Questo nome è stato modificato per fini narrativi in “Dorenza” – luogo dove si svolse il già citato processo ai topi – da dove deriva (ed ecco la finzione letteraria!) il boia (cioè il Ministro di Giustizia) chiamato ad operare nel Comungrande di Mesolcina e Calanca ad inizio 1600.
Il suo romanzo è ambientato nella Val Mesolcina del Seicento e lì, così come in tanti altri luoghi dell’Europa e del Nord America, non era difficile essere accusati di stregoneria. Può, in sintesi, descriverci la tipica figura della “strega” vista da chi la perseguiva con l’intenzione di ucciderla?
La figura della strega moesana è identica in tutto e per tutto alle streghe condannate dai tribunali ecclesiastici dell’Inquisizione (o dal potere laico e civile) su tutto l’arco alpino. Dal punto di vista dei Giudici la strega (o lo stregone) era generalmente una donna ritenuta pericolosa e dunque temutissima, poiché aveva stretto un patto col Diavolo in persona ai “giochi del Berlotto”, ovvero al Sabba, luogo in cui si credeva si tenessero appunto i convegni della setta satanica e dove gli adepti del Male – in cambio del rinnegamento della fede cristiana e dell’adorazione di Satana – venivano “bollati” col “marchio diabolico” ricevendo in seguito dei poteri soprannaturali o delle malefiche polveri, unguenti, pozioni o altro per diffondere il male (generalmente carestie, malattie o morte) nelle comunità alpine, con l’intento di sterminarle.
Alle streghe erano generalmente imputati i seguenti reati: apostasia, satanismo, occultismo, cannibalismo, dissacrazione dei cimiteri e dei simboli cristiani, uccisioni indiscriminate, dominio degli agenti atmosferici a scopi malefici.
Di questo suo romanzo qual è stata la pagina più difficile da scrivere?
L’aspetto più difficile e delicato nella scrittura di “Terra bruciata” è stato il “dare un volto” e una personalità credibili alle presunte streghe che furono davvero processate e giustiziate tra il 1612 e il 1615 di cui parlo nella seconda metà del romanzo. Tutto ciò che noi conosciamo su di esse, in effetti, lo evinciamo dai verbali dei processi, cioè dagli interrogatori spesso condotti sotto tortura. In tal sede, le suddette donne confessavano i loro “crimini” ma raccontavano pochissimi fatti sulla loro vita privata. Della loro vita privata non sappiamo nulla, nemmeno se si fossero mai davvero recate al Sabba. Queste, sotto i ferri del tormento, confessavano ciò che avevano udito durante le letture pubbliche delle sentenze, in un disperato tentativo di salvare la pelle, o almeno di far cessare il tormento. Quando, dunque, ho raccontato la loro vicenda tragica, ho dovuto da un lato restare fedele alla loro storia “vera” e dall’altro generare delle vicende verosimili che potessero rappresentare ciò che realmente è stato. Questo l’aspetto di difficile.
In alcune pagine del suo romanzo, in particolare da pagina 49 in poi, si tocca l’importanza per le autorità cittadine della Mesolcina e del Val Calanca di avere a disposizione un ministro della giustizia che altro non era che un boia: avere chi eseguiva le condanne capitali significava poter reprimere la criminalità. Ancora oggi, pensiamo agli Stati Uniti d’America, la pena capitale viene considerata importante per fare “giustizia”. Qual è in merito la sua opinione?
Un altro aspetto arduo da comprendere per una persona del XXI secolo è il contesto storico in cui queste persone vivevano, cioè quello a cavallo tra la Riforma e la Controriforma cattolica, le guerre di religione e di potere in Europa, le carestie e le pestilenze, l’altissima instabilità politica di molti Regni e Stati d’Europa, la povertà, la fame, le ingiustizie, nonché le terribili leggi che vigevano. In un tale ambiente, la pena di morte e anche la tortura (introdotta nel XIII secolo) erano accolte come lo strumento “necessario” per reprimere il crimine e per tenere sotto controllo le masse o i sudditi entro i propri territori politici. Fungevano cioè da deterrente.
Per scrivere “Terra bruciata” ho dovuto leggere e interpretare le leggi dell’epoca, apparse negli “Statuti criminali e civili” di valle e, francamente, parecchie di queste paiono oggi piuttosto arbitrarie o addirittura assurde. Pensiamo unicamente al fatto che indipendentemente dall’esito di un processo, all’imputato venivano confiscati tutti i beni mobili e immobili. Si trattata di un vero e proprio “furto legalizzato” ai danni della povera gente.
La pena di morte, poi, non era affatto un deterrente. Basti scorrere il lungo elenco di condanne capitali nella nostra piccola valle per rendersi conto dell’assurdità di tale pratica. Eppure, la morte “pubblica” sul patibolo (in Valle Mesolcina come nel resto dell’Europa, e probabilmente ancora oggi negli Stati Uniti) era ritenuta necessaria per “slavare” le coscienze di tutti e permettere ai più di rientrare nei canoni della (apparente) normalità quotidiana, purificata dal Male.
Terminata la lettura del suo romanzo mi sono chiesto se un boia possa – sotto certi aspetti – diventare o essere considerato un eroe…
Quando ho deciso di scrivere “Terra bruciata” mi sono posto il quesito: come posso narrare la vicenda drammatica della persecuzione delle streghe in modo nuovo e originale? Dopo attente riflessioni, ho concluso che la tematica necessitava di una prospettiva narrativa diversa, ovvero con l’adozione di un punto di vista di un personaggio nuovo, di cui nessuno aveva ancora parlato, cioè “il boia”. Se scorriamo i verbali dei processi, noi sappiamo per certo che gli interrogatori e le esecuzioni erano tenute da un carnefice, poiché è nominata dai Giudici la presenza di un “Ministro di Giustizia”. Si tratta di una figura terribile nell’immaginario collettivo, torturatore e uccisore implacabile di un’infinità di criminali nonché streghe e stregoni. In realtà, la figura del boia – ai fini narrativi – è “affascinante”.
Se indaghiamo storicamente tale figura, scopriamo molte analogie con le vittime di stregoneria: erano persone sole, vivevano ai margini della società, erano al soldo della Municipalità ma svolgevano una professione terribile, erano evitati come dei lebbrosi dalla gente, emarginati non potevano partecipare alle feste di paese o alle celebrazioni religiose, non avevano la possibilità di scegliere il proprio futuro: boia si nasceva (per tradizione familiare), non si diventava! Mi pareva dunque molto interessante mettere in relazione un torturatore schivato dalla popolazione che potesse davvero capire ciò che pativano le “presunte” streghe. Da questa consapevolezza, nel romanzo, nasce da parte del protagonista il desiderio di riscatto e di giustizia “vera”, che permetterà di lenire almeno un poco le sofferenze di molte vittime sfortunate.
Un personaggio del suo libro che mi ha particolarmente incuriosito è il fabbro del villaggio: Gaspare Maffio. Le chiedo come è “nato dalla sua penna” e qual messaggio vuole trasmettere al lettore attraverso questo personaggio.
Maffio è un personaggio nato in itinere, cioè durante la scrittura del romanzo. Fa un po’ da contraltare al potere locale (intransigente, spietato, avido) giacché ex Magistrato cacciato dal Tribunale dei Trenta Uomini della Ragione e innovativo nel suo pensiero “pre-illuminista”, cioè contrario alla tortura come metodo coercitivo per estorcere le verità alle streghe e avverso pure alla pena di morte come espiazione finale della colpa commessa. Il suo discorso finale alla Centena di Lostallo (che fungeva da Assemblea Legislativa vallerana) è il segnale (flebile) di un periodo che sta per cambiare, ma che non è ancora pronto ad accogliere le nuove idee in materia di giustizia criminale e civile. Questo rimane cioè saldamente ancorato alle leggi medievali prodotte in Valle Mesolcina dai Conti de Sacco prima, e dai potenti Signori Trivulzio milanesi poi. Punto di unione tra la coscienza del boia (di cui diventa fidato amico e confessore) e il Tribunale locale, il Maffio assurge così a personaggio rilevante per un’epoca “di mezzo” seppur dominata ancora dalle superstizioni e dall’intolleranza.
Diverse pagine del suo romanzo sono dedicate alla visita pastorale che l’Arcivescovo di Milano, card. Carlo Borromeo, fece in Val Mesolcina. Si trattò di un evento straordinario che ancora oggi ha una sua importanza?
L’evento fu effettivamente straordinario ed ebbe un’eco che arriva fino ai giorni nostri. La visita dell’arcivescovo Borromeo in Mesolcina è però oggi interpretata in due modi: da un lato si intende come una visita “pastorale” atta di fatto a frenare l’avanzata del Protestantesimo ormai giunto da Nord sino a Mesocco, dall’altro, invece, diede inizio ad una fase di repressione della stregoneria e di tutti quegli atti amorali che (sembra) dilagavano nel Comungrande. Così, nell’ottobre del 1583, Borromeo inviò il suo fidato inquisitore dalla Diocesi di Como, Francesco Borsatto, a indagare per lui e processare innumerevoli persone. Ad oggi si contano 110 processi celebrati nel giro di un mese, di cui undici imputati spediti direttamente al rogo con l’accusa di stregoneria, gli altri o morti sotto tortura od obbligati all’abiura, oppure liberati. Una vera mattanza, dunque, che non possiamo dimenticare, e che diede in più l’avvio a un periodo di intolleranza e violenza che durerà fino alla fine del XVII secolo nelle nostre valli.
Il suo romanzo ha avuto diverse ristampe, a breve sarà disponibile anche in lingua tedesca e Lei sta facendo tante presentazioni pubbliche: qual è la domanda che “teme” di più dai suoi lettori quando vengono ad ascoltarla?
Sono molto soddisfatto della risposta del pubblico, non soltanto poiché il libro circola molto bene ed è letto da una moltitudine di persone che ne hanno apprezzato i contenuti, la trama, ma soprattutto la verità storica (anche psicologica, emotiva ed umana) che veicola. Significa che il mio obiettivo è stato raggiunto. Ma sono soprattutto contento che finalmente se ne parli (quasi) apertamente; che la gente del XXI secolo inizi a confrontarsi con il proprio passato buio e crudele, basato sull’intolleranza e la persecuzione del diverso che, purtroppo, sta tornando in maniera inquietante e a grandi passi anche oggi. Come a dirci che la storia è “ciclica”. E questo un po’ mi spaventa, francamente. Non mi spaventa invece nessuna domanda. Ho deciso di raccontare la storia vera delle presunte streghe della mia valle, riportando alla luce i terribili processi, gli interrogatori, le torture e le condanne che esse hanno subìto, usando i nomi reali sia delle vittime sia dei loro carnefici non temendo giudizio o di essere dileggiato.
Il mio intento è quello di mostrare ciò che realmente è stato, senza nascondere nulla; altrimenti farei un ulteriore torto a queste sfortunate vittime del nostro passato buio. Anzi, il mio scopo, durante le molteplici presentazioni pubbliche, è quello di riabilitare l’immagine delle “mie” streghe mesolcinesi, come è stato fatto con Anna Göldi a Glarona, riabilitata nel 2008 con le scuse pubbliche del Comune. Mi piacerebbe che un giorno, anche alle nostre latitudini, qualcuno si assuma la colpa, scusandosi pubblicamente per la barbarie commessa ai danni di povere persone, generalmente donne, perseguitate soltanto poiché diverse o “scomode”.
Link: carlosilvano
© L’Informatore, 13.09.2019
© Baobab, RSI RETE TRE, 19.07.2019
Grigioni: terra di streghe, incantesimi e tradizioni popolari
Alla scoperta del romanzo di Gerry Mottis
“Terra bruciata” di Gerry Mottis è un romanzo a cavallo tra realtà e finzione, racconta le storie di streghe e stregoni che nel 1600 popolavano i Grigioni.
Grazie alle ricerche storiche sono stati riportati alla luce nomi di personaggi reali, tradizioni popolari, presunti malefici, superstizioni e processi che hanno contrassegnato le valli alpine in quei secoli.
Angelica Arbasini è andata a caccia di queste storie con l’autore di “Terra Bruciata” Gerry Mottis.
Link: Baobab
© Septem Literary
27.06.2019
Terra bruciata. Le streghe, il boia e il diavolo di Gerry Mottis
A cura di Cinzia Cogni
1613, Roveredo, Grigioni. Tre giorni dopo aver impiccato un ladro in Valle Calanca il boia viene misteriosamente ritrovato morto. Privo del suo ministro di giustizia il Comungrande di Mesolcina cade preda di briganti, streghe e stregoni. Le autorità giudiziarie assoldano così un nuovo carnefice, proveniente dalle terre confinanti, per riportare l’ordine. Il nuovo ministro di giustizia, personaggio misterioso e macabro ma denso di fascino, vivrà ai margini di una società che faticherà ad accoglierlo. Soltanto l’incontro con una meretrice – dal passato turbolento ma guaritrice esperta – farà sperimentare al boia sentimenti nuovi. Il suo spirito subirà una progressiva crisi di coscienza, che lo spingerà a rivedere l’utilità della propria funzione sociale e l’equità delle sentenze del tribunale. L’autore propone un romanzo storico a cavallo tra realtà e finzione. La vicenda ruota attorno a quattro processi che si svolsero realmente tra il 1613 e il 1615. Il loro esame ha riportato alla luce nomi reali, personaggi storici, tradizioni popolari, presunti malefici, delitti efferati, torture atroci, assurde superstizioni e palesi ingiustizie del nostro passato.
Recensione a cura di Cinzia Cogni
Leggere un libro che tratta il tema dell’inquisizione nei confronti di uomini e donne realmente esistiti nel XVII secolo e che subiscono processi e torture documentati fin nei minimi particolari, lo ammetto, non è stato facile.
Nonostante ami il romanzo storico e sia avvezza a certe letture, in questo caso, non sono riuscita a rimanere indifferente alle sofferenze psichiche e fisiche a cui vengono sottoposti i protagonisti di “Terra bruciata”.
L’autore, infatti, riesce a far immedesimare fin dalle prime pagine il lettore, attraverso uno stile introspettivo che rende i personaggi affini e reali, in questo modo si entra in simbiosi con loro e si percepiscono i loro tormenti, le loro paure, si comprende il loro modo di ragionare e questo indistintamente dalla vittima al carnefice, perche’ Gerry Mottis riesce a dare ad ognuno di loro un carattere e perfino un’anima.
Un romanzo che oscilla fra realtà e finzione, ma che inaspettatamente fa emergere sentimenti di commozione e compassione, oltre alla rabbia di toccare con mano, grazie alle testimonianze ritrovate negli Archivi di Circolo, l’gnoranza e la cattiveria di quel periodo storico, supportate e alimentate dalla Chiesa.
“L’inspiegabile si nutre dell’ignoranza e della fantasia della gente.”
Protagonista della storia è il boia Abadeus Kaspar che giunge dalle terre di confine delle 3 leghe per prendere il posto di quello precedente (misteriosamente ucciso) e che porterà a Comungrande di Mesolcina diverse novità.
Profondo conoscitore del “Malleus Maleficarum” o “Martello delle streghe” (il famoso libro guida per cacciare le streghe scritto nel 1487 da 2 frati domenicani tedeschi poi divulgato agli inquisitori cattolici),il nuovo Ministro di Giustizia sarà per questo motivo, ancor più temuto ed isolato dal resto della comunità e solo grazie ad una meretrice e conoscitrice delle erbe, Saphira, comincerà il suo cambiamento, scoprira’ cos’è la pietà, fino a prendere coscienza che le confessioni sotto tortura non sono la prova di una colpevolezza ne la personificazione del male.
Nelle taverne di paese, per le strade, tra le viuzze, dai balconi delle case, la notizia corse rapidamente:” sarebbe arrivato un nuovo boia, un carnefice italiano, ma dal sangue austriaco, che aveva già giustiziato centinaia di malviventi, condotto le più barbare esecuzioni, vietate per la loro crudezza – si speculava- entro i confini politici delle 3 leghe.
Durante i 4 processi raccontati nel romanzo, che si svolsero realmente tra il 1613 e il 1615 , l’ autore riesce a creare un atmosfera cupa e di terrore, senza tralasciare neppure il minimo dettaglio sui modi ed i metodi utilizzati dal Tribunale dei Trenta di Roveredo
e dal boia, mettendo in evidenza le sofferenze dell’inquisito.
“Ora bisogna notare che l’intenzione e l’appetito del Diavolo stanno più nel tentare i buoni che i cattivi, benché, dal punto di vista dei tentati, tenta i cattivi più dei buoni, e ciò perché nei cattivi si trova una capacità maggiore dei buoni a ricevere la tentazione del Diavolo. Così dunque il Diavolo cerca maggiormente di sedurre le più caste vergini e fanciulle, come dimostra l’esperienza e anche la ragione.”
Il Martello delle streghe. Prima parte. Capitolo I.
Uno stile incalzante, preciso, asciutto; una scrittura chiara e forbita, un romanzo storico ben documentato che ci permette di comprendere meglio come nascevano certe accuse, come venivano interpretate e come si arrivasse alla confessione fino alla sentenza definitiva…
“Non sono un assassino” ribadì il boia “non spetta a me giudicare e condannare. Non provo piacere ad impiccare o ad ardere sul rogo. Proprio come tu non provi piacere a farti prendere da chicchessia. Facciamo solo quello che siamo chiamati a fare.”
“Povero ingenuo” disse la donna in tono materno “io ho scelto di fare la puttana. Tu non hai scelto nulla. Sei stato assegnato al tuo mestiere da tuo padre, che l’ha probabilmente ereditato da suo padre, che a sua volta l’ha avuto dal padre, e così via. Intere generazioni di tormentatori. È questo quello che siete?”
“Siamo la mano armata della Giustizia”
Un libro che non si limita a raccontare un pezzo di storia, ma suscita emozioni, pone domande e lascia un senso di amarezza al pensiero che quel passato non sia morto: torture e discriminazioni frutto della religione e dell’ignoranza esistono ancora oggi ed e’ palese che non avverrà un cambiamento fino a quando l’uomo non sarà in grado di trarre insegnamento dagli errori del passato.
Il boia fece per allontanarsi.
“Perché vuoi aiutarmi?” chiese allora il presunto stregone.
“Nulla potrà mai cambiare se continuiamo a fare ciò che facciamo, senza chiederci se sia giusto o sbagliato” affermò il boia.
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Segnalazione dal Blog: Terra bruciata. Le streghe, il boia e il diavolo di Gerry Mottis
Marzo 11, 2019 da septemliterary
1613, Roveredo, Grigioni. Tre giorni dopo aver impiccato un rozzo ladro in Valle Calanca, il boia viene misteriosamente ritrovato morto in un’ansa del fiume Moesa. Privo del suo Ministro di Giustizia, il Comungrande di Mesolcina cade preda di briganti, tagliagole, usurai, mascalzoni, streghe e stregoni, che portano scompiglio nelle due valli. Le Autorità Giudiziarie si vedono così costrette ad assoldare un nuovo carnefice, proveniente dalle terre confinanti con le Tre Leghe, per riportare l’ordine, impiccando i comuni criminali e condannando le megere, dopo aver estorto loro la confessione con il tormento della corda o del fuoco.
Adorato come un santo e temuto come un demonio, il nuovo Ministro di Giustizia – personaggio misterioso, macabro, ma altrettanto denso di fascino – vivrà ai margini di una società che, per la sua ambivalenza, faticherà ad accoglierlo. Soltanto l’incontro durante la Fiera di San Gallo a Roveredo con una meretrice – dal passato turbolento ma erborista e guaritrice esperta venuta da Roma – farà sperimentare al solitario boia inediti sentimenti. Lo spirito dell’esecutore delle pene subirà pertanto una progressiva crisi di coscienza, che lo spingerà a mettere in dubbio l’utilità delle terribili torture da lui praticate e l’equità delle sentenze del Tribunale dei Trenta Uomini, emesse per punire, allontanare, giustiziare persone “diverse” e probabilmente incolpevoli.
Con Terra bruciata l’autore propone un romanzo dal profumo storico a cavallo tra realtà e finzione, dai ritmi spesso incalzanti – altre volte introspettivi e commoventi – che ruota attorno a quattro grandi processi autentici del 1613-1615, scovati negli Archivi di Circolo vallerani e trascritti fedelmente nell’italiano di oggi. Quest’operazione ha permesso una nuova originale rilettura del periodo drammatico relativo alla persecuzione delle “presunte” streghe nei Grigioni e in Ticino, riportando alla luce nomi reali, personaggi storici, tradizioni popolari, presunti malefici, delitti efferati, torture atroci, assurde superstizioni e palesi ingiustizie del nostro passato, che hanno contrassegnato due secoli della storia umana, non solo delle valli alpine, ma di tutta l’Europa.
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Terra bruciata – Le streghe, il boia e il diavolo – Gerry Mottis
Recensione a cura di Alessandra Ottaviano
Trama
1613, Roveredo, Grigioni. Tre giorni dopo aver impiccato un ladro in Valle Calanca il boia viene misteriosamente ritrovato morto. Privo del suo ministro di giustizia il Comungrande di Mesolcina cade preda di briganti, streghe e stregoni. Le autorità giudiziarie assoldano così un nuovo carnefice, proveniente dalle terre confinanti, per riportare l’ordine. Il nuovo ministro di giustizia, personaggio misterioso e macabro ma denso di fascino, vivrà ai margini di una società che faticherà ad accoglierlo. Soltanto l’incontro con una meretrice – dal passato turbolento ma guaritrice esperta – farà sperimentare al boia sentimenti nuovi. Il suo spirito subirà una progressiva crisi di coscienza, che lo spingerà a rivedere l’utilità della propria funzione sociale e l’equità delle sentenze del tribunale. L’autore propone un romanzo storico a cavallo tra realtà e finzione. La vicenda ruota attorno a quattro processi che si svolsero realmente tra il 1613 e il 1615. Il loro esame ha riportato alla luce nomi reali, personaggi storici, tradizioni popolari, presunti malefici, delitti efferati, torture atroci, assurde superstizioni e palesi ingiustizie del nostro passato.
Recensione
Chi di noi, nelle nostre letture storiche, non si è mai imbattuto nel famosissimo “Malleus Maleficarum” ovvero il “Martello delle streghe”? Si tratta del libro guida alla caccia alle streghe, utilizzato anche dagli inquisitori cattolici, scritto nel 1487 dai frati domenicani tedeschi Jacob Sprenger e Heinrich Kramer.
Il libro di cui sto per parlarvi è, anche, un viaggio in questo controverso testo: l’autore ci regala diversi stralci in corsivo di questo manuale, portando alla luce il suo contenuto raccapricciante.
Il romanzo è ambientato a Mesolcina agli inizi del 1600 durante la persecuzione alle streghe.
Nella valle imperversano il caos, la violenza, la superstizione e il sospetto. Per riportare l’ordine, l’autorità giudiziaria di Roveredo assolda Abadeus Kasper come ministro di giustizia, ovvero come boia. L’incarico è, infatti, rimasto scoperto giacché il precedente giustiziere è stato trovato misteriosamente cadavere.
Il protagonista, nato dalla fantasia dell’autore, è veramente portentoso. Un omone oscuro, terribile, sicuro di sé, convinto di trovarsi nel giusto, fiero del suo lavoro tramandato da generazioni. La sua è una lunga conoscenza dei metodi della tortura acquisita negli anni, sommata alla conoscenza del “Martello delle streghe”. Al tempo stesso, per quanto possa sembrare strano visto il “lavoro” che svolge, Kasper è un uomo che ama l’arte e la natura, appassionato di disegno e pittura.
Kasper aveva sempre avuto un intuito sopraffino. Sapeva leggere nell’animo delle persone, percepiva i tremiti segreti che occultavano verità sottaciute.
Kasper vive come un reietto ai margini della società, vittima della superstizione.
Riverito come un santo e temuto come il diavolo
Trova amicizia sincera in Saphira, una meretrice esperta nell’arte dell’erboristeria che lo conduce a sperimentare nuovi sentimenti.
Soprattutto, quando l’uomo cade in una profonda crisi di coscienza che lo destabilizza, rendendosi conto che le sentenze emesse dai giudici a carico di streghe e stregoni spesso sono frutto di mere dicerie senza nessun fondamento, Saphira gli resta vicino aiutandolo a interrogarsi su se stesso e sul significato profondo del suo officio. Purtroppo anche lui verrà toccato in prima persona da tali ingiustizie.
Abadeus stringe anche una bizzarra amicizia con Gaspare Maffio il fabbro di paese, un uomo pragmatico, una sorta di filosofo liberale che vive in solitudine ma che non disdegna di dispensare perle di saggezza al suo amico.
Io credo solo nei miei ferri, le superstizioni le lascio ai deboli di intelletto.
La trama ruota attorno a quattro processi, realmente accaduti a Mesolcina, che hanno portato alla luce atroci torture e palesi ingiustizie comminate a carico di uomini e soprattutto donne tacciate di stregoneria e connivenza con il demonio, esseri umani che hanno dovuto subire torture indicibili e infine il rogo o la decollazione.
“Terra bruciata” è un romanzo intenso, profondo, a tratti crudo ma anche commovente, che porta a riflettere su un periodo oscuro e tragico. È un libro ben scritto, scorrevole, diretto, nonostante la mole, ricco di rimandi storici, l’autore ci riporta minuziosamente gli interrogatori e le agghiaccianti pratiche di tortura usate per estorcere le confessioni. In particolare si sofferma molto nella controversa figura del giustiziere portando il lettore a compiere le stesse profonde riflessioni del protagonista.
Ai boia non era mai interessata la conferma della verità estorta con crudeli torture, erano dei semplici strumenti giudiziari … la mano pesante di giudici cavillosi, funzionari sprezzanti,inquisitori perversi che aborrivano però il sangue, le urla, gli sfinimenti delle creature di Dio, delegando perciò al potere secolare e dunque ai boia di compiere la volontà degli uomini guidati dall’intelletto a mantenere l’ordine e perseguire il bene comune.
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© Illustrazione TICINESE
N. 5, 15.05.2018
Di streghe, boia… scuola e allievi.
di Antonella Broggi
foto: Gabriele Campeggio
Link: Illustrazione TICINESE
© Rivista di Mesolcina e Calanca,
nr.02, febbraio 2018
© Timmagazine
Terra bruciata
di Roberta Nicolò
Il nuovo libro dell’autore ticinese Gerry Mottis ha esaurito in brevissimo tempo la prima edizione stampata ed è in libreria con la seconda. Un testo affascinante che sa unire sapientemente storia e romanzo per regalare al lettore un prodotto creativo, ambizioso e sensibile. Il tema è di sicuro piglio e si evince già dal titolo Terra Bruciata: le streghe, il boia e il diavolo. Una ricerca storica sulla caccia alle streghe nella Mesolcina del 1600. Ne abbiamo parlato con lo scrittore.
Chi erano le streghe della Mesolcina? «Quelle che comunemente venivano chiamate streghe erano, in fondo, delle semplici persone del popolo, per lo più donne, che svolgevano delle funzioni sociali molto importanti, depositarie di antiche conoscenze di origine pagana. Le condannate erano infatti erboriste, levatrici, contadine, massaie, che in qualche misura cercavano di emergere in una società dominata dagli uomini. La misoginia trovava una sua giustificazione nel capro espiatorio. Nelle streghe si è infatti sempre cercato di identificare le colpevoli di tutti i mali della società. Malattie, morti improvvise, frane o valanghe, inspiegabili fenomeni naturali, erano imputati alle maliarde malefiche, che avevano stretto un patto col Diavolo».
Come hai lavorato sulle fonti? «Il romanzo è basato sulle fonti storiche. In esso si trova ad esempio la narrazione della visita dell’arcivescovo Carlo Borromeo in Mesolcina (1583) che ha dato avvio a una vasta caccia alle streghe. Ampio risalto è poi stato dato al sistema giudiziario di Valle basato su un’opera terrifica, il Malleus maleficarum dei dominicani Sprenger e Kramer (1486), i quali scrissero un vero e proprio manuale ad uso dei giudici laici per estirpare la stregoneria d’Europa. Oltre a queste fonti, la mia ricerca principale è stata svolta negli Archivi di Circolo, dove ho trascritto fedelmente i verbali autentici e le sentenze dei processi mesolcinesi. Questi documenti hanno funto da spunto per il romanzo, a cavallo tra realtà documentata e fantasia».
Qual è la fotografia che è emersa della storia della Valle? «Parlare di persecuzione delle streghe nelle valli alpine d’Europa, così come nella Valle Mesolcina durante il 1600, significa calarsi in un’epoca buia dominata da superstizioni, false credenze, ingiustizie sociali, sfruttamento, oppressione e violenza arbitraria. È dunque una fotografia fosca che emerge dalla mia narrazione Terra bruciata, che rivela molte iniquità e barbarie compiute dai nostri antenati in nome di una giustizia spesso discutibile, che ha continuato a mietere vittime innocenti fino al XVIII secolo. Obiettivo del mio romanzo storico, oltre ad intrattenere, è quello di riabilitare l’immagine di tutte queste vittime innocenti, le presunte streghe, non solo moesane».
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© Il Grigione Italiano – La voce del San Bernardino
01.03.2018
© RSI RETE UNO – Librintasca
Il romanzo storico di Gerry Mottis
di Rossana Maspero
Per ascoltare la trasmissione:
Link: Librintasca
© laRegione, 8.01.2018
Stregoneria, torture e condanne a morte: il passato buio della Mesolcina nel romanzo storico di Mottis
Un libro per fare giustizia
di Samantha Ghisla
Link laRegione
© Rivista di Lugano, n. 51-52 del 22.12.2017
© L’Informatore – 22.12.2017
© Turné, RSI LA1, 16.12.2017
Spooky Turné
Ombre, streghe, valanghe e montagne
È dalla Valle di Blenio che si snoda questa puntata di Turné per poi addentrarsi nella Melsocina del ‘600 sulle tracce di alcune streghe, di un boia e del diavolo. Lo spunto ce lo offre il libro di Gerry Mottis Terra Bruciata.
Link alla puntata di Turné
© Azione, 04.12.2017
Strenne storiche per la Svizzera italiana
Volumi usciti nell’ultimo anno che trattano vicende passate del nostro territorio
di Alessandro Zanoli
La recente pubblicazione del libro di Gerry Mottis, Terra bruciata. Le streghe, il boia e il diavolo (Gabriele Capelli Editore, 2017) si inserisce in un genere editoriale che non sembra soffrire di crisi e che rifornisce a getto continuo gli appassionati. Abbiamo pensato quindi di proporre qui alcuni titoli del filone storico locale, che potrebbero rendersi utili, magari anche solo come segnalazione prenatalizia per un regalo.
Che gli avvenimenti storici possano essere trasposti in forma romanzesca Mottis lo sa bene. Lo dimostrava anche il suo precedente libro Fratelli neri. Storia dei primi internati africani nella Svizzera italiana (Dadò, 2015). Qui però l’impegno si fa molto più corposo, per dare luogo ad un volume di quasi 450 pagine. Il romanzo si concentra sulla figura di Kasper Abadeus, un boia che diventa protagonista di un noir mesolcinese di grande respiro e ambizione. Scandito da opportune citazioni del Malleus maleficarum, libro guida degli inquisitori della Controriforma, il romanzo di Mottis sembra volerci far paura ad ogni inizio di capitolo. Il suo collegamento alla storia della Mesolcina, per quanto elaborato come una fiction, finisce però per richiamarci sempre alla realtà degli eventi di allora. I documenti storici in appendice al libro ci forniscono persino la materia da cui il lettore può ricostruire la drammatizzazione compiuta da Mottis. Terra bruciata, al di là di tutto, è un bell’esempio di come non sia necessario andare lontano per trovare scenari degni di racconti fantasy (dimensione letteraria a cui la stessa copertina sembra volerci indirizzare): il tema dei processi alle streghe e agli stregoni fornisce elementi narrativi e raccapriccianti più che sufficienti.
Link al settimanale Azione
RSI RETE DUE – Attualità culturale – 23.11.2017
di Matteo Martelli
“Terra bruciata. Le streghe, il boia e il diavolo”
In un romanzo dal profumo storico a cavallo tra realtà e finzione pubblicato da Gabriele Capelli Editore, lo scrittore e insegnante Gerry Mottis ritorna su storie di stregoneria nella Mesolcina del 1600.
Link al programma RSI RETEDUE
EXTRA N. 42 del 23.11.2017 – A cura di Sergio Roic
Wann kann ich auf die deutsche Übersetzung hoffen? Ich möchte wahnsinnig gern dieses Buch lesen, nachdem ich den Artikel darüber in der Tessiner Zeitung gelesen habe.
https://antiumverlag.ch/produkt/hexensabbat-im-misox/
Ganz neu!
Se troviamo un editore interessato alla traduzione potrà leggerlo in tedesco. Ci proviamo.
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