© Viceversa letteratura, 01.02.2022
Le ammaliatrici
Romanzo di Carlo Silini
Recensione di Anna Margherita Vallaro
Dopo Il ladro di ragazze (2015) e Latte e sangue (2019) sempre editi da Gabriele Capelli, con Le ammaliatrici, terzo volume della saga dedicata al Seicento ticinese, Carlo Silini conclude la storia della “strega svizzera” Maddalena de Buziis legata alla nota leggenda del Mendrisiotto del Mago di Cantone. Se questa nuova pubblicazione porta a compimento il racconto, e scioglie i nodi lasciati in sospeso nei volumi precedenti, il romanzo è godibilissimo anche come lettura a sé stante: un breve antefatto, dove si ripercorrono le tappe salienti della vita di Maddalena, nipote del cosiddetto Mago di Cantone, e del suo allievo prediletto Giovan Battista Ciceri, l’Uomo dei Trii Böcc, che tenta di portare Maddalena sul rogo, introduce al romanzo. Inoltre, quando necessario, le note a piè di pagina esplicitano i riferimenti a eventi già narrati.
Il racconto vero e proprio inizia con i preparativi dell’esecuzione di un colorito personaggio, ladro e truffatore che il lettore imparerà a conoscere molto bene, soprannominato il Bargniff; come da tradizione, il condannato prima di essere ucciso può esprimere un ultimo desiderio e lui proclama: «voglio raccontarvi una storia» (p. 12). Il Balivo di Mendrisio acconsente e inizia la narrazione della vita di Maria di Matè, la “santa viva”, che si intreccerà alla fine con quella di Maddalena, la “vipera bianca” e dei suoi compari della “Compagnia dei Campi”: queste due figure femminili antitetiche e complementari sono le protagoniste del romanzo. La giovane Maria del Maté, in fuga dalla Valle di Blenio con un sacco di cenere, tutto ciò che le resta di sua madre, arriva in Vallemaggia, dove conosce Firmino, un uomo alto estremamente sensibile che le offre rifugio. Dopo qualche giorno, incontra il Bargniff: lo segue a Milano dove diventerà regina del Carnevale e poi, con l’intervento del Ciceri e della sua sete di vendetta, una santa. I capitoli dedicati a Maddalena de Buziis la ritraggono nel Baliaggio di Mendrisio con i fedeli compagni di vita Giacomo, Vittore e la Rina e altri più recenti che la venerano come una Madonna. La benevolenza del narratore nei confronti delle giovani donne dà una voce a queste figure femminili emarginate dalla società e prese di mira da potenti senza scrupoli. Lo sguardo sugli uomini di Chiesa risulta meno accomodante come del resto anche quello sulle autorità, siano esse ecclesiastiche o civili: vendetta, rabbia e conservazione del potere sembrano essere i moventi delle loro scaltre azioni, accompagnate spesso da scarsa lungimiranza.
Il racconto si snoda tra i baliaggi svizzeri e Milano sotto dominazione spagnola; i titoli dei brevi capitoli informano il lettore sui luoghi precisi nei quali si svolge quella parte della storia, agevolando così la comprensione dell’avvincente intreccio narrativo: dai campi e i boschi dove troviamo una natura selvaggia e a volte accogliente che offre rifugio a perseguitati, ricercati e briganti, agli edifici religiosi, luoghi dell’Inquisizione come la Basilica di Sant’Eustorgio a Milano, il Convento di San Giovanni in Pedemonte a Como, o l’ospedale di San Vincenzo in Prato, primo ricovero dei pazzi del Ducato di Milano. Lo sfondo storico è costantemente presente anche attraverso i richiami al clima intransigente della Controriforma, dove la Santa Sede non vede più nei processi alle streghe una priorità, ma avverte l’urgenza della lotta contro il protestantesimo: ne scaturiscono posizioni divergenti tra Alessandro VII e i potenti crocesignati milanesi, membri della Confraternita di San Pietro Martire, che collaboravano con i tribunali dell’Inquisizione, di cui faceva parte il Ciceri, e che cercano disperatamente di mantenere gli antichi privilegi. L’attenta ricostruzione storica proposta dall’autore permette quindi di ritrovare oltre ai riferimenti geografici e topografici precisi anche gli spunti narrativi offerti dal territorio, luoghi sacri o carichi di mistero che costellano la campagna e i borghi ticinesi, ma anche tradizioni popolari come la Fiera di San Martino dopo la quale viene inscenata l’esecuzione del Bargniff; lui stesso vedendo i membri della Confraternita della buona morte che lo accompagnano al patibolo propone una riflessione ironica: «Ciucchi, pensò, Ciucchi marinati. Da dove vengono, si chiese, dalla fiera di San Martino?» (p. 12).
La lingua caratterizza i personaggi, il Balivo di Mendrisio si esprime in un italiano stentato, con strutture morfosintattiche francesi e un lessico a volte inventato («“Stavo solo flanando, ragazzi” disse traducendo male il francese flaner, passeggiare») (p. 391); inoltre il dialetto irrompe nella narrazione attraverso canzoni, insulti o espressioni come «“Mí sun de Milán” esordì il Bargniff» (p. 13) facilmente reperibili nel testo perché in corsivo. Quest’ultimo viene anche utilizzato per riportare i pensieri dei personaggi, che usano spesso espressioni colorite o improperi d’altri tempi per esprimere sensazioni e sentimenti, come nel primo incontro tra Maddalena e il Bargniff: «Porcavaccaladra, fu l’unica parola che riuscì a formulare interiormente il Bargniff vedendola. Questa è meglio della Madonna! Ora capisco perché tutti l’adorano» (p. 271). Inoltre, la lingua della voce narrante, attraverso un lessico ricercato e termini desueti, immerge il lettore nell’atmosfera del Seicento, identificando ad esempio i personaggi di Giacomo come il “drudo”, un amante focoso, oppure quello di Rina come la “prevadessa”, una prostituta riservata agli ecclesiastici. L’attenzione al lessico, presente anche nei termini precisi riguardo ai procedimenti giudiziari, testimonia delle ricerche storiche effettuate dall’autore, come si evince nelle Note storiche a fine volume.
Il ritmo della narrazione accelera nei dialoghi, improntati ad un linguaggio decisamente contemporaneo che aumenta così la facilità di lettura e rende il romanzo avvincente e capace di esprimere a pieno la tensione intrinseca al Barocco, il fascino del piacere anche carnale, dell’abbondanza e del buon vivere da un lato e il richiamo spirituale dall’altro. Un sapiente miscuglio tra storia, leggenda e invenzione che conferma l’abilità dell’autore ad appassionare, commuovere e divertire il lettore.
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