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© Ticino7, 22.05.2021

Tra sinfonie e stridori urbani
di Cristina Pinho

Il tentativo – poetico, ironico, disilluso – di abitare una piazza con la scrittura. Per connettersi con uno scorcio di mondo e farvi parte.

Due scrittori muniti di taccuino e un luogo in cui tornare con scadenza regolare a osservare il transito esistenziale della gente e quello dei propri pensieri. È nato così il reportage letterario modulato su due voci intercalate A Zurigo, sulla luna. Dodici mesi in Paradeplatz. Nel 2018 una volta al mese Yari Bernasconi e Andrea Fazioli si sono incontrati nella famosa piazza, portando ogni volta con sé una poesia da leggere. Vi sono rimasti un paio d’ore su una panchina e nei dintorni con l’intento di osservare quella porzione di universo. Puntellata di banche e vetrine, Paradeplatz è dove “stanno i soldi” – si sente dire da una guida turistica – ed è attraversata da un continuo sferragliare di tram che inghiottono e riversano gente per strada. Un luogo di passaggio, dunque: “Chi giunge qui sembra avere solo voglia di ripartire”.
In controtendenza, i due autori si fermano a scrutare il viavai fatto di apparizioni fugaci, come la “passante” di Baudelaire, e di altre che indugiano, come “i barcollanti”.

Una “quotidianità altrui di cui ogni tanto si indovina qualcosa, più spesso non si capisce nulla”. Allora la mente porta a intessere scenari alternativi e nei loro resoconti fanno apparizione anche personaggi nati dalle libere associazioni della fantasia: c’è Kurt Vonnegut che viaggia nel tempo, un agente segreto in incognito, una misteriosa dama in giallo da seguire. E così alla piazza indaffarata si accosta quella trasognata. Un’evasione che va fin sulla luna, dov’è finito il senno dell’Orlando Furioso.

Atti di presenza
E proprio i versi portati all’appuntamento si dipanano e riecheggiano nelle pagine, facendosi lenti dalle quali
guardare il mondo circostante e riflettere sul rapporto con esso. Al contempo i due scrittori sostano nel flusso di pensieri che attraversa i loro paesaggi interiori. E in quell’affollata solitudine si fanno continue domande.
Cos’è una piazza, che funzione ha, come abitarla? Cosa significa essere forestieri, sentirsi stranieri, parlare lingue diverse? Cosa sono l’appartenenza, il radicamento? Che senso ha questo progetto? Il tentativo di fissare il mondo nel taccuino risponde pure al bisogno di prendersi il tempo di confrontarsi con i propri stati d’animo, le malinconie, le preoccupazioni; capirsi e conoscersi. Anche se “forse il problema non è tanto comprendere, quanto essere nel mondo, con il mondo, parte del mondo”.
A ogni ritorno, “il solito posto” si trasfigura dando vita a un diverso avvicendarsi di sinfonie e stridori urbani.
Il mutare delle stagioni incide sul suo aspetto con le manifestazioni del meteo, la luce, i suoni, le tonalità, l’arrivo dei fiori, dei colori, della spensieratezza e il loro andarsene che caratterizzano la tela di fondo della piazza. Ed evolve pure il rapporto dei due scrittori con questo svincolo cittadino: “Al decimo mese Paradeplatz sembra essere diventata un approdo”. Come cornice degli episodi si trova il viaggio, compiuto in treno per raggiungere e lasciare Zurigo: Yari da Berna, Andrea da Bellinzona. Un pendolarismo fatto di aspettative e
rielaborazione del vissuto, di ulteriori sguardi sulla gente che si incrocia nei reticoli che ricoprono il mondo. Strade, mezzi di trasporto, telecomunicazioni, che facilitano la vita ma possono anche irretirla. Gli autori ci rivelano le trame sotto l’ordinario, acquattate dietro le apparenze, con una scrittura leggera, ironica e poetica che crea scorci sulla bellezza e scava nel dolore, aprendo sentieri interpretativi anche sulle nostre vite.


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