“In Svizzera. Sulle tracce di Helvetia” di Lorenzo Sganzini – Roma, Biblioteca europea, Sala conferenze Goethe-Institut


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Giovedì 2 febbraio 2023
Presentazione
“In Svizzera. Sulle tracce di Helvetia” di Lorenzo Sganzini
L’autore dialogherà con Sergio Valzania (storico, giornalista e già direttore di Rai Radio 2 e RAI Radio 3)
Intervento dell’ambasciatrice Monika Schmutz Kirgöz
Ore 17.30
Biblioteca europea
Sala conferenze Goethe-Institut
via Savoia 15
Roma
Con il patrocinio dell’Ambasciata di Svizzera in Italia


© Turné, Radiotelevisione svizzera LA1, 12.11.2022
Servizio televisivo a cura di Lisa Mangili dedicato al romanzo “In Svizzera. Sulle tracce di Helvetia” di Lorenzo Sganzini. Turné, RSI LA1, 12.11.2022. “Per gentile autorizzazione della RSI Radiotelevisione svizzera di lingua italiana.”

Seguire i tre fiumi nel loro tratto svizzero per iniziare a districare la complessa matassa della mia identità. Questa l’idea, almeno per la partenza. Il resto, poi, si vedrà.

Inizia così, al triplice spartiacque del Piz Lunghin in Engadina, un viaggio attraverso la Svizzera alla ricerca di risposte non sempre facili da trovare per chi è nato in Ticino ed è separato dal resto del Paese, oltre che dalle Alpi, da distanze linguistiche e culturali. I fiumi le cui sorgenti si trovano su quella montagna, l’unico spartiacque europeo verso tre mari, sono la Meira che finisce nell’Adda e nell’Adriatico; il Reno che sfocia nel mare del Nord e l’Inn che attraverso il Danubio raggiunge il Mar Nero.

Le montagne, i laghi e le città. Lorenzo Sganzini ha viaggiato attraverso la Svizzera visitando luoghi simbolici come il Cervino, le gole della Schöllenen o il Grütli e incontrando i grandi personaggi che ne hanno fatto il mito e la storia: Guglielmo Tell, Nicolao della Flüe, il generale Guisan, Giacometti, Hodler, Frisch, Dürrenmatt… Ma soprattutto si è lasciato guidare dalla curiosità dello sguardo, perché come dicono i versi di Antonio Machado “il cammino si fa camminando”.
Sul Lunghin ha percepito la presenza di Gaia la dea della terra, al Bernina di una diavolessa, al Morgarten di Gertrud Stauffacher. Helvetia è stata rincorsa un po’ ovunque. Ha riscoperto le città come incubatrici di un pensiero a cui non è estraneo il loro essere svizzere. A Basilea si è ricordato della famosa frase di Orson Welles, un vero concentrato di luoghi comuni: “In Italia sotto i Borgia, per trent’anni hanno avuto guerra, terrore, omicidio, strage ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, con cinquecento anni di amore fraterno, democrazia e pace cos’hanno prodotto? L’orologio a cucù”. Le cose non stanno proprio così. Erasmo, Holbein il Giovane, Paracelso, per un breve periodo anche Calvino, le tipografie e l’università resero Basilea la culla dell’Umanesimo; come ha osservato lo storico Jacques Le Goff, ne fecero, proprio in quei primi anni del Cinquecento, uno straordinario “agente di civilizzazione” al centro di una fitta rete europea.
Il viaggio, partito tra le montagne, il cuore geografico della nazione, si conclude al Palazzo federale di Berna, il suo cuore politico, dove, quasi a voler compensare la furia iconoclasta della Riforma, ogni spazio ne racconta la storia con statue e dipinti.


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