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© L’Indice dei libri del mese, Maggio 2022

Si impara con le mani
di Claudio Panella

Pedro Lenz PRIMITIVO
ed. orig. 2020,
trad. dallo svizzero tedesco di Amalia Urbano,
pp. 184, € 18,
Gabriele Capelli, Mendrisio CH 2021

In una nota polemica contro Jean Charles Sismondi, il quale nel 1836 ebbe l’ardire di sostenere che i lavoratori “non pensano”, Niccolò Tommaseo affermava: “Nessuno dice che i calzolai debbono giudicar di pittura: ma chiamarli animali muscolari, braccia e non teste, e un dirli stupidi per natura e bruti, è bestemmia”.

A distanza di quasi due secoli, pur avendo sviscerato per decenni il concetto di alienazione marxianamente inteso, il fatto che chi svolge lavori manuali abbia “braccia” e non “testa” è un luogo comune duro a morire. Non mancano però esempi di scrittori, per lo più d’origine proletaria, impegnatisi a screditare questo stereotipo e tra costoro figura a buon diritto Pedro Lenz, svizzero tedesco classe 1965 che nei primi anni ottanta ha deciso di lasciare gli studi per mantenersi come muratore. Lo stesso accade nel suo ultimo romanzo tradotto in Italia, Primitivo, al protagonista Charly che nell’estate del 1982 ha diciassette anni e vive vicino a Langenthal, come l’autore. Il racconto del suo apprendistato da manovale testimonia che mentre si lavora in un cantiere, sovente all’aperto e applicando una certa creatività alle contingenze del mestiere, si racconta e si pensa eccome. Le figure di “animali muscolari” sono anzi un’eccezione poiché il giovane Charly incontra soprattutto buoni maestri, dai capomastri Hofer e Franck che dispensano saggi consigli, al responsabile del tirocinio Saager che si arrabbia di fronte a una calligrafia poco curata (“scrittura non degna della mano di un muratore”) e dichiara: “l’uomo non impara solo con la testa ma anche attraverso il movimento delle mani”. Su tutti questi personaggi spicca però colui al quale il romanzo è consacrato fin dal titolo, Primitivo Pérez, il vero mentore di Charly:

“Sapeva disegnare e spiegare bene. E capiva molto di prospettive e cose del genere. Probabilmente, se fosse andato a scuola più a lungo, sarebbe diventato architetto. Ma per me sarebbe stato un peccato, perché in quel caso non lo avrei potuto conoscere. E, comunque, aveva un modo di raccontare!”.

Nelle prime pagine, l’uomo rimane vittima di un incidente sul lavoro e nelle successive se ne ricostruiscono la vita avventurosa e i lasciti. Operaio spagnolo sfuggito al franchismo emigrando prima in America l atina e poi in Svizzera, il sessantenne Primitivo condivide con il protagonista un grande amore per la letteratura. Con le sue massime (“Dai poeti c’è sempre da imparare”; “Tenere un libro nella mente richiede meno posto di un libro tenuto sulla libreria”) pronunciate durante i turni al cantiere o nella quiete della sua modesta abitazione dove Charly viene regolarmente invitato, Primitivo mette in atto – con premonizione della sua morte precoce – una pratica collaudata tra le classi popolari: quella della trasmissione orale che sola preserva le storie private e la storia collettiva di ogni generazione. Primitivo rievoca così la guerra di Spagna e pagine oscure della Seconda guerra mondiale, spingendo il giovane apprendista a chiedere appuntamento a un’insegnante di storia per saperne di più. Charly stesso ha difatti origini spagnole ma il nonno aveva supportato il franchismo, a differenza dell’anarchico Pérez. Con i suoi racconti, il romanzo assume caratteri quasi picareschi, pur restando innanzitutto il Bildungsroman di Charly alle prese con l’elaborazione di un lutto che nel finale si fa morale esplicita:

“Sei adulto quando capisci che non puoi vivere un’intera vita senza sporcarti mai”.

Tra gli altri luoghi comuni che Lenz incrina nei suoi testi c’è poi quello della Svizzera come terra autarchica e poco permeabile alle migrazioni. Intorno a Primitivo e Charly, in questo romanzo, lavorano Ramiro, Hermo, Toledo, Julio, Lucio, Ugo, Benno, Kujaani, ovvero spagnoli, italiani e slavi per cui “l’italiano era una specie di lingua di collegamento tra tutte le altre”; e poi il portoghese Ricardo, traumatizzato dalle guerre coloniali che il suo paese l’ha costretto a combattere in Africa, o Sebastiano “mezza-mano” al quale una sega circolare ha tranciato via tre dita.

Inoltre, analogamente al Breve trattato sui picchiatori nella Svizzera italiana degli anni Ottanta (Laurana, 2021) di Manuela Mazzi, Lenz passa in rassegna i ritrovi, i locali e le passioni alcolico-musicali della propria generazione con in più la peculiarità di scrivere in Schwitzerdütsch, dialetto bernese, e le conseguenti difficoltà traduttive, sia per la sintassi oraleggiante ma priva di virgolette a segnalare il parlato, sia per il lessico tecnico (“la livella”, “la taloscia”, “il cassero”, “la cassaforma”). Per un filmato di quella parlata e delle precarie condizioni di sicurezza sul lavoro nella medesima provincia elvetica, si veda il recente documentario Schwarzarbeit (2022) di Ulrich Grossenbacher.

Link: L’Indice



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