
Olimpia De Girolamo
Tutto ciò che siamo stati
Romanzo
15×21 cm, 128 pp, Euro 16,00
ISBN 978-88-31285-36-0
Disponibile anche in versione digitale su più piattaforme.
Servizio televisivo a cura di Claudia Iseli dedicato al romanzo “Tutto ciò che siamo stati” di Olimpia De Girolamo. Turné, RSI LA1, 21.05.2022
Anna torna a Napoli dopo vent’anni per raccogliere indizi sulla scomparsa di suo padre. La madre le consegna una lettera in cui le parole sono un messaggio in codice tutto da interpretare.
Il ritorno a casa e l’ascesa tra le scale del palazzo mettono in moto la pellicola dei ricordi e il legame tra lei e la sua amica Ada.
I fatti si susseguono in quei giorni partenopei avvolti da misteriosi incontri. Presto la donna si rende conto che il percorso intrapreso va oltre il ritrovamento di un padre indecifrabile, dimostrandosi più vorticoso: è il viaggio verso se stessa, nei fatti dell’infanzia, nel ventre nascosto della sua coscienza, attraverso il buio della città, alla ricerca di parole che possano ricostruire una narrazione visibile e sopportabile della sua vita.
Il mondo di sopra e quello di sotto, in una Napoli sospesa, si intrecciano e restituiscono Anna a se stessa con occhi che imparano a vedere e che non aveva mai avuto prima.
Dal comunicato stampa:
Un viaggio nella lontana Napoli natìa diventa un’avvincente dolorosa immersione nei segreti misteriosi di una famiglia e di un intero quartiere.
Tutto ciò che siamo stati di Olimpia De Girolamo è una riflessione profonda e sottile sull’infanzia, le relazioni, i legami sociali oppressivi e le possibilità di liberazione.
Anna, la protagonista, torna a Napoli dopo vent’anni per aiutare la famiglia nella ricerca del padre scomparso. Per la quarantenne, che a suo tempo ha trovato serenità nella fuga all’estero, il ritorno a casa e all’immancabile rione, alla durezza della madre e ai non detti che coinvolgono vicini e concittadini, diventa il modo per rivivere e rielaborare violenti ricordi sopiti: conflitti interiori che solo dopo il sorprendente colpo di scena finale sapranno trasformarsi in vera e propria emancipazione e autonomia dal passato.
Spiega l’autrice: «Le violenze taciute, certe forme di degrado, i racconti di quanto accadeva nelle famiglie: è questo il materiale che ha ispirato il mio romanzo, frutto di anni di attenta e costante osservazione. La storia di Anna potrebbe essere la storia di molte persone. Spesso nelle famiglie si vivono legami e accadimenti che è scomodo raccontare ma allo stesso tempo necessario, per dare una possibilità di liberazione a chi le subisce. Anna torna a casa, tocca con mano il proprio dolore sepolto ma ancora vivo, e solo dopo averlo affrontato può rinascere».
Olimpia De Girolamo nasce a Napoli dove cresce e si laurea in filosofia con indirizzo storico politico presso l’università degli Studi Federico II. Approfondisce i suoi studi in linguaggi cinematografici seguendo numerosi corsi di specializzazione post lauream in Italia e in Francia. Continua la formazione da attrice tra Napoli, Roma, Torino e Milano fino ad approdare all’Agorà Teatro di Magliaso nel 2014 di cui diventa co-direttrice artistica, formatrice e responsabile delle ultime rassegne annuali. Frequenta con borsa di studio i corsi della scuola internazionale per creativi “Università dell’Immagine” di Milano e intraprende una specializzazione in drammaturgia teatrale seguendo le open class della Paolo Grassi di Milano e aderendo al laboratorio permanente dell’ATIR Teatro Ringhiera. Si occupa di laboratori scolastici teatrali per evidenziarne la valenza didattica e insegna italiano nella scuola media. Con la sua prima opera teatrale “La Mar” è finalista al Premio Donne e Teatro a Roma nel 2017 (testo pubblicato per Borgia Editore e presente nella biblioteca virtuale del Teatro-i) e vince il Premio Fersen a Milano nel 2018. Previsto nel 2022 il conseguimento del Master in Pedagogia e Didattica Teatrale presso il Centro Psicopedagogico Studi e Ricerche “OIDA” di Napoli in collaborazione con il Centro di Formazione Teatrale “Cantieri Stupore” e si specializza ulteriormente nel suo ruolo di formatrice teatrale. Sempre nel 2021 vince il Premio Open Net delle Giornate Letterarie di Soletta con il racconto “Il primo scalino: l’assalto del passato” che diventerà il romanzo “Tutto ciò che siamo stati”.
RECENSIONI/SEGNALAZIONI
© Alice, 22.04.2023
La figlia della pescatrice: ispirazione e fantasia nella scrittura
con Laura Di Corcia, Olimpia De Girolamo e Sara Gamberini
di Moira Bubola
Alice, in occasione delle Porte Aperte RSI, incontra Laura Di Corcia, Olimpia De Girolamo (Tutto ciò che siamo stati) e Sara Gamberini per capire cosa comporti oggi essere una scrittrice, detto altrimenti: indagheremo le sfide, i bisogni, i pregiudizi e le possibilità che il Terzo Millennio mette di fronte alle donne.
Link: Alice
© Millevoci, RSI RETE UNO, 20.12.2022
“Olimpia De Girolamo” – Voci della letteratura di casa nostra
A cura di Isabella Visetti
Link: Millevoci
Libriamoci, RAI TGR Campania, 12.11.2022
Noir al femminile: Vicidomini, De Girolamo e Conley
Servizio di Claudio Ciccarone – Montaggio di Carmine Santelia
Dal minuto 1.10 Olimpia De Girolamo ci parla di “Tutto ciò che siamo stati”.

© Radio Lombardia, Lombardia in libreria, 01.10.2022
“Tutto ciò che siamo stati” di Olimpia De Girolamo
Di Paola Farina

Un viaggio nella lontana Napoli natìa diventa un’avvincente dolorosa immersione nei segreti misteriosi di una famiglia e di un intero quartiere. “Tutto ciò che siamo stati” di Olimpia De Girolamo, esordio narrativo dell’autrice napoletana e svizzera d’adozione, è una riflessione profonda e sottile sull’infanzia, le relazioni, i legami sociali oppressivi e le possibilità di liberazione.
Anna, la protagonista del romanzo, torna a Napoli dopo vent’anni per aiutare la famiglia nella ricerca del padre scomparso. Per la quarantenne, che a suo tempo ha trovato serenità nella fuga all’estero, il ritorno a casa e all’immancabile rione, alla durezza della madre e ai non detti che coinvolgono vicini e concittadini, diventa il modo per rivivere e rielaborare violenti ricordi sopiti: conflitti interiori che solo dopo il sorprendente colpo di scena finale sapranno trasformarsi in vera e propria emancipazione e autonomia
dal passato.
© il venerdì – la Repubblica, 09.09.2022
“Tutto ciò che siamo stati” di Olimpia De Girolamo tra i libri segnalati su “il venerdì” di Repubblica.


Link: il venerdì
© Viceversa letteratura, 17.08.2022
Tutto ciò che siamo stati di Olimpia De Girolamo
Recensione di Matteo Ferrari
Si chiama Anna Di Gregorio la protagonista del romanzo d’esordio di Olimpia De Girolamo, Tutto ciò che siamo stati, ed è ormai adulta quando il romanzo prende avvio; l’infanzia trascorsa a Napoli è distante da lei tanto cronologicamente quanto geograficamente, perché Anna nel frattempo si è trasferita e da anni vive altrove. Il passato sembra insomma definitivamente trascorso quando la notizia della sparizione del padre convince Anna a tornare a Napoli per quello che diventa ben presto e senza remissione un viaggio non solo nella terra dell’infanzia e delle origini ma anche nel proprio passato e nella propria storia familiare.
Sono anche le mie parti, queste, solo che da qualche anno mi piace recitare la scena di quella che ha rotto col passato, che si è evoluta culturalmente, riuscendo a mascherare con grazia la naturale inclinazione alla malinconia del vivere. So bene, però, che è sempre e soltanto una l’evoluzione che siamo chiamati a compiere a questo mondo. Quella dalle nostre famiglie. (p. 11)
Dove è finito il padre di Anna, uomo inetto e remissivo che per una vita intera ha scolpito e dipinto statuine del presepe e che da due mesi manca da casa? Vi è qualcosa che la madre e il fratello sanno e non vogliono dire? Qual è il ruolo di Anna in tutto questo? E perché il padre ha lasciato quale unico indizio una lettera sibillina, scritta a mano in un napoletano che viene definito, in maniera ossimorica, «minuzioso e sgrammaticato» (p. 34)? Vi è forse un legame con quanto era successo in passato tra le mura del palazzo nel quale la famiglia ancora vive: la scomparsa del figlio più piccolo dei vicini di casa, Salvatore, poi trovato morto su una spiaggia nei pressi di Posillipo, o il suicidio di sua sorella Ada?
Ah già, il quartiere. A Napoli il quartiere è il depositario della verità di tutti. Voce ‘e popolo, voce ‘e ddio, dice un antico proverbio di queste parti. Non c’è bisogno di indagini della polizia. Il quartiere sa tutto prima che si trovi ogni prova, le prove le crea, le inventa. Soprattutto, il quartiere sa raccontare e nella potenza delle parole sta tutto, fa diventare vera ogni cosa che narra, la sa amministrare con la sapienza di chi conosce il potere delle parole scelte. Più le parole sono grosse, pesanti e colorate, più chi le ascolta crede. (p. 42)
Agli occhi del lettore i misteri s’infittiscono e Anna stessa necessita di tempo per fare ordine; i ricordi che emergono a strappi dalle nebbie dell’infanzia si rivelano più nitidi e vicini di quanto la protagonista non avesse sperato e vanno metabolizzati, come va affrontato il dolore che alcuni di essi portano con sé. È il caso di quanto successo ad Ada, che di Anna era amica e compagna di lunghi pomeriggi trascorsi a prendere il sole sul pianerottolo, ascoltare canzoni alla radio e sognare. All’epoca Anna aveva quasi dieci anni e Ada sedici. Una si affacciava all’adolescenza, l’altra del mondo adulto aveva già scoperto alcuni segreti. Un rapporto certo non paritario ma sincero, che si rompe quando Ada, per la vergogna provocata dalla scoperta dalla sua relazione con un uomo sposato, Giovanni il verdummaio, «si era tolta le scarpe, era salita sulla sedia e si era buttata di sotto» (p. 9). Una scena per altro alla quale Anna aveva involontariamente assistito, e che apre magistralmente il romanzo, a sottolineare come il passato a volte non trascorra, e basti davvero poco per risvegliarne le cicatrici: se è evidente che il trauma abbia segnato la vita della protagonista («Anche io stavo morendo un po’ quel pomeriggio», p. 9), esso non è senza strascichi nel presente. Tornare a Napoli alla ricerca del padre equivale dunque per Anna a reimmergersi nella propria vita precedente e confrontarsi con essa, implacabilmente.
La vicenda si rivela costruita attorno ai rapporti tra bambini e adulti; fra i temi principali, oltre all’infanzia, vi è la famiglia e i segreti che questa può custodire, ben riassunti nell’immagine posta in copertina, nella quale due ragazzine dall’aria candida e pudica si coprono la bocca mentre ridono (complimenti all’editore per la scelta). A questi temi si aggiungono quelli della scoperta della sessualità e dell’importanza, in un simile contesto, delle omissioni e delle mezze parole, ma anche i temi più vasti della colpa e dell’innocenza; tutto ciò, insomma, che ha rappresentato per Anna l’entrata nella vita adulta. Sullo sfondo scorre una Napoli riconoscibile eppure misteriosa, ipogea, lacerata e lacerante, spesso fatalista.
Tutto si svolgeva così. Un mondo di dentro e un mondo di fuori. I vicoli, i muri scrostati, l’umidità del primo mattino, sembravano indifferenti alle vicende povere e scalcinate della gente del mio quartiere. Invece proprio i muri e le loro crepe, sapevano già tutto, conoscevano ogni dettaglio di ogni famiglia, ogni disperazione, croce da portare, povertà e malattia. (p. 8)
Vi sono, nelle vite degli uomini e in particolare delle donne che compongono il romanzo, delle faglie che caratterizzano le esistenze e le attraversano silenziosamente. Si scoprirà ad esempio che anche per Anna la scoperta dell’amore era stata accompagnata da un’umiliazione, quando, diversi anni dopo la morte di Ada, la famiglia aveva fiutato e condannato, in un tribunale surrettizio improvvisato tra le mura domestiche, la prima esperienza della ragazza, allora diciassettenne, con un coetaneo. Come questo, in un libro dove i dettagli sono sapientemente inseriti nella narrazione e hanno la loro importanza, sono tanti i particolari che riaffiorano dalla memoria.
Ada me la ricordavo così, nei suoi sedici anni pieni di potenza creatrice, con gli occhi e le labbra cariche di vita, con le cosce nude sotto la gonna di cotone. Ada aveva avuto coraggio, quello che ti arriva dal ventre dell’amore, dal desiderio, dalle mani che sanno cogliere il piacere. Era troppe facce assieme. Era la sorella mai avuta, la compagna nei pomeriggi vuoti dell’estate, era l’educatrice alle cose del sesso e delle donne. Col tempo si era fatta cupa. La vedevo sempre meno, non usciva più da quando avevano scoperto di lei e di Giovanni. Si spegneva la radio, si sbiadiva l’immagine di lei che cantava allegra Mina e Patty Pravo, si smarginava l’idea che avevo di lei. (p. 81)
Con l’uso, in quest’ultimo brano, di un vocabolo («smarginare», uscire dai margini, ma anche svelarsi per quello che si è, vacillare) caro alla scrittura di Elena Ferrante e alle protagoniste della sua fortunata quadrilogia L’amica geniale, di cui questo romanzo pare aver assorbito con profitto certe fratture che la vita provoca nelle persone, innestate qui su un’atmosfera tanto arcaica da parere quasi magica. Il libro possiede inoltre una lingua che finisce per diventare sua, che usa sapientemente le possibilità dell’italiano e ricorre spesso, per i dialoghi, al dialetto napoletano («Che volete da me. Perché mi guardate? È da ieri che mi guardate. / ‘E femmene belle se guardano signo’, nun ‘o ssapite?», p. 51). La particolarità non sta tanto nel ricorso al dialetto, che gode oggi di vasta fortuna nella letteratura in lingua italiana, quanto nella pregnanza di certe immagini, che sanno accavallarsi in frasi per lo più brevi, dove tuttavia gli elenchi e gli accumuli sintattici, come nell’estratto riportato poc’anzi, non ripetono mai quanto già detto ma ne ampliano la risonanza. L’alternanza e a volte la mescolanza dei due linguaggi risulta convincente, e grazie a essa ritmo e melodia sono sempre percepibili sulla pagina.
La lettura risulta scorrevole e avvincente anche grazie a una costruzione sapiente della narrazione, che dilata oltre misura il presente del soggiorno napoletano di Anna e lo riempie con i ricordi del passato. Unico neo, forse, la scelta di aggiungere personaggi anche quando la trama pare già avviata alla conclusione, come nel caso della figura dello zio, che si rivela presenza ambigua ed evanescente ma tutt’altro che secondaria. Questa scelta può lasciare nel lettore l’impressione che il romanzo, a fronte di un lungo avvicinamento al cuore del mistero, si concluda infine velocemente. Se poi la conclusione corrisponda anche a uno scioglimento, giudicherà il lettore. L’impressione di un finale rapido è tuttavia poca cosa a fronte della ricchezza di spunti e di suggestioni condensati nelle pagine; si inizia a leggere convinti che quella narrata in Tutto ciò che siamo stati sia la storia di Anna e si finisce per capire come in realtà, coerentemente con la prima persona plurale del titolo, la storia è quella di una famiglia, di un palazzo, di un quartiere. Forse, di una città e della sua anima profonda.
Link: Viceversa
© ELLE, 01.08.2022
8 libri rosa da leggere questa estate che parlano di sentimenti, relazioni, legami.
Sono romanzi che parlano d’amore, con varie sfumature di rosa, perché ammettono luci e ombre, che fanno sembrare più vive e più vere le storie che raccontano
Di Ornella Ferrarini
Olimpia De Girolamo, “Tutto ciò che siamo stati”
Da Napoli non ci si stacca mai, neanche quando la lasci ventenne per andare agli antipodi sociali: in Svizzera. E quando ritorni a quarant’anni ne hai da raccontare. Il rione, per i napoletani è più di un quartiere, di un punto sulla carta della città, di un itinerario. È una parte della tua vita se ci sei nato, un segno indelebile che ti porti nel cuore. Dove la voce della gente è la voce di Dio.
L’autrice napoletana di nascita e svizzera di adozione, ha costruito un racconto più da ascoltare che da leggere, il podcast restituisce tutta la musicalità e l’immediatezza del dialetto napoletano.
Un romanzo agile, dove c’è un po’ di vissuto, molto di immaginato, tanto di desiderato. I ricordi di famiglia, quando perdono il dolore della vicinanza, diventano letteratura.
Una Napoli da riscoprire se la conosciamo, da conoscere se non ci siamo mai stati.
Link alla lista completa: elle
© Convenzionali, 03.06.2022
Libri
“Tutto ciò che siamo stati”
di Gabriele Ottaviani
Tutto ciò che siamo stati, Olimpia De Girolamo, Gabriele Capelli editore.
Olimpia De Girolamo scrive benissimo un romanzo incantevole sin dalla copertina che racconta la storia di una donna alle prese col suo passato e col tentativo strenuo di rimettere in ordine i tasselli scompaginati della sua vita complessa, articolata, pesante e ardua: in particolare è la scomparsa del padre che la costringe a mettersi nuovamente in discussione, e così torna in una Napoli seducente e ammaliante per ripercorrere passo dopo passo i sentieri che ha battuto anche il suo genitore, per cercare di riavvolgere i fili, di dipanare una matassa ingarbugliata, per trovare un senso, per capire, riflettere, comprendere, conoscere, ritornare a sperare.
Da leggere.
Link: Convenzionali
© L’Adigetto.it, 29.06.2022
Olimpia De Girolamo, «Tutto ciò che siamo stati»
Un romanzo breve, ma così intenso da incatenare alle pagine il lettore
Di Luciana Grillo
Una giovane donna, che venti anni prima si era allontanata da Napoli, torna per cercare il padre scomparso misteriosamente.
Dunque ricordi, malinconie, verità sospese in una realtà che è essa stessa sospesa: questo breve romanzo si legge tutto d’un fiato, coinvolge fin dalla prima pagina, incuriosisce, turba persino chi tra una pagina e l’altra vuole capire i luoghi, gli ambienti, i sentimenti, gli abusi, le violenze che si consumano…
Scale da salire e da scendere, stanze buie, l’amica Ada, e «mia madre, dominatrice di questa torre e di tutta la sua sacra famiglia. Regina senza corona e senza scettro, osservatrice di ogni mio difetto, fragilità, menzogna. Siamo qui. Cominciamo».
Con una prosa scarna, con dialoghi (in dialetto) incisivi e a volte duri, De Girolamo racconta senza compiacimento il cammino di Anna, il recupero del passato, l’incontro con la madre, mentre «il cuore mi sta quasi crollando dallo strapazzo. Le offro un breve abbraccio, di quelli che si fermano senza passare nei corpi. In quello spazio vuoto si annida la nostra intera storia di madre e di figlia».
Entra in quella casa che è stata la sua, tanto tempo fa, «avevo una stanzetta dove a malapena ci stavano il letto e la scrivania, d’inverno gelida come se fossi all’aperto, d’estate calda come una fornace… erano gli anni del liceo. Io studiavo con una solerzia al limite del patologico. Per me studiare era sentirmi al sicuro, in mezzo ai libri ero come una regina».
Meno sicura, invece, Anna è nel leggere i messaggi di suo padre, confusi, misteriosi; raccontano «un mondo di sotto, annascunnùto… ’E muorte songo cchiù de’ vive, si nascondono nei tuoi cassetti, negli armadi, nella biancheria che tieni stipata dentro casa…».
È faticoso leggere, Anna pensa ad antichi codici miniati vedendo che «ai lati dello scritto di mio padre ci sono piccoli intarsi, disegni» e ricorda che da ragazza, guardando dalla finestra della sua camera il teatro antico, «sognavo miraggi di novità e di bellezza, ma sapevo che nessuno mi avrebbe accompagnata al porto per salpare nella vita, che dovevo cavarmela da sola…».
Sola, come è sola dopo venti anni, in preda a incubi, assorbita dalla città «come una goccia d’acqua…, senza pietà», sola come lo era allora, quando rubava, a tradimento, ogni sguardo della sua inaccessibile mamma, «una dolcezza amara fatta di vicinanza obbligata» o quando, in quel novembre 1980, «eravamo felici a modo nostro», mentre un terremoto violento devastava città e provincia e «mio padre, in quel minuto e mezzo, ha iniziato un viaggio tutto suo. Si è sgretolato come argilla secca e vuota dentro…mi sembrava di essere in mezzo al mare in tempesta. Noi su una zattera e lui tra le onde».
Complicato il rapporto di Anna con i genitori, con il fratello, e complicatissimo quello fra suo padre e sua madre… solo ora, dopo tanti anni di silenzio e di buio, «di fronte a ciò che resta di mio padre, di fronte a questo vecchio stanco, avvilito da se stesso e dall’ignoranza, mi metterei a piangere in ginocchio… Lo smembramento dell’anima, ecco ciò che avverto in questa grotta, la spaccatura tra ciò che credevo fosse e ciò che realmente è».
E finalmente arriva un pianto liberatorio, «piango i bambini che siamo stati e che nessuno ha saputo guardare…», rivede Ada e Salvatore, la loro infanzia perduta, mentre «il cancello del cimitero cigola alle mie spalle».
Un romanzo breve e così intenso da incatenare chi legge alle pagine, perché capisca, infine, ciò che resta di una città sospesa, fatta di un sopra e di un sotto.
Link: ladigetto.it
© Cooperazione nr 26 del 28.06.2022
Segnalazione del romanzo di Olimpia De Girolamo “Tutto ciò che siamo stati”.

© Cinque Colonne Magazine, 11.06.2022
Culture
Tutto ciò che siamo stati di Olimpia De Girolamo
È un percorso di consapevolezza e di liberazione quello che attende Anna, la protagonista de Tutto ciò che siamo stati di Olimpia De Girolamo
Un passato scomodo
Tutto ciò che siamo stati di Olimpia De Girolamo edito da Capelli Editore, è un viaggio nell’anima, una strada che la protagonista deve percorrere a ritroso per procedere verso un saldo e rincuorante futuro.
Un ritorno nella città natale, dopo tanti anni di assenza. Anna vive lontana da Napoli, vi fa ritorno di malavoglia per cercare il padre, scomparso da due mesi. Ma la ricerca di Anna si trasforma presto in un viaggio a ritroso nel tempo che la porta a scoprire o a recuperare tutto ciò che si è lasciata alle spalle, anche i ricordi di bambina.
Quella di Anna non è stata un’infanzia felice, non è stata protetta dagli adulti e le sue ferite di bambina continuano a fare breccia nel suo cuore e tornare sempre più vivide e dolorose, fino a quando la protagonista non realizza che nessuno la può salvare dai suoi tormenti se non se stessa.
Sulle tracce del padre, Anna, accompagna il lettore in luoghi simbolo di Napoli, mete di turisti, ma pregni di misteri e ancestrali legami come quelli che si respirano nella chiesa di Santa Maria delle anime del Purgatorio ad Arco.
La profonda analisi psicologica dona alla storia quel tenebroso alone di noir che unito ai fatti avvincenti in cui si imbatte Anna, restituisce al lettore una storia appassionante e coinvolgente.
Il testo inoltre è ricco di dialoghi in dialetto napoletano che rendono viva e palpitante la narrazione.
Olimpia De Girolamo nasce a Napoli dove cresce e si laurea in filosofia con indirizzo storico politico presso l’università degli Studi Federico II. Approfondisce i suoi studi in linguaggi cinematografici, continua la formazione da attrice tra Napoli, Roma, Torino e Milano fino ad approdare all’Agorà Teatro di Magliaso nel 2014 di cui diventa co-direttrice artistica, formatrice e responsabile delle ultime rassegne annuali. Si occupa di laboratori scolastici teatrali per evidenziarne la valenza didattica e insegna italiano nella scuola media. Con la sua prima opera teatrale “La Mar” è finalista al Premio Donne e Teatro a Roma nel 2017 (testo pubblicato per Borgia Editore e presente nella biblioteca virtuale del Teatro-i) e vince il Premio Fersen a Milano nel 2018. Nel 2021 vince il Premio Open Net delle Giornate Letterarie di Soletta con il racconto “Il primo scalino: l’assalto del passato” che diventerà il romanzo “Tutto ciò che siamo stati”.
Tutto ciò che siamo stati di Olimpia De Girolamo
Per Cinquecolonne Magazine, Olimpia De Girolamo racconta alcuni aspetti salienti del carattere di Anna e delle vicenda che la coinvolgono.
Nel suo romanzo la protagonista, Anna, è costretta a tornare nella sua città natale e rivivere un passato che si era lasciata alle spalle. Cos’è di quel passato che Anna proprio non riesce a mandare giù?
Il passato per Anna è un recupero, una raccolta di frammenti da montare e da spolverare, da rimettere assieme con pazienze lucidità, quella che solo una persona ormai diventata adulta può avere. Il passato rappresenta il discrimine tra verità e invenzione, la chiave per reinterpretare non solo la propria storia ma quella della sua intera famiglia, di un quartiere, di un pullulare di persone di cui aveva sempre e solo osservato il comportamento senza riuscire a leggerne in profondità le motivazioni che spingevano a quei comportamenti che erano spesso dettate dalla mancanza: di sapere, di umanità, di educazione alla sensibilità.
In Tutto ciò che siamo stati, Anna, alla fine del romanzo subisce un cambiamento, la sua è una sorta di rinascita. C’è un messaggio che vuole comunicare ai lettori attraverso la storia della sua eroina?
Ammiro Anna, soprattutto quando ammette le sue fragilità, quando riconosce a se stessa di essere stata una bambina sola e dimenticata che aveva dovuto fare un enorme lavoro da sola per crescere e raggiungere dei traguardi culturali che le avevano permesso di manifestare la sua vera natura. Anna ci dice che abbiamo il dovere morale di ricostruire chi siamo ma di rinascere, di non morire prima del tempo, di continuare a risorgere oltre ogni piccola morte quotidiana. Credo che la necessità che mi spinga a scrivere stia tutta nel desiderio di comunicare e condividere questi contenuti in cui, poi, ciascuno, è libero di riconoscersi o meno.
Per la creazione della sua protagonista a cosa si è ispirata? Non so, ha attinto dalla realtà, è il suo alter ego, ha tratto spunto da un libro?
Personaggi femminili di calibro e di spessore in letteratura sono moltissimi. Amo la scrittura della Némirovsky e della Kristof, ma anche la Ramondino, la Ferrante, la Morante, lo stesso Rea, Malaparte, tutto mi ha spinto verso una letteratura scarna e carnale. Non ho tratto uno spunto preciso, ma ho seguito le orme dei padri putativi che ciascuno sceglie nel proprio cammino di lettore.
Ci racconta che Napoli dipinge nel suo romanzo e perché?
Volevo raccontare una Napoli poco abusata, ma alla fine non è stato difficile, non ho dovuto pensarci troppo o stabilirlo a tavolino. Ho semplicemente seguito le orme di questa donna e lei mi portava sotto terra, mi portava verso la morte e la resurrezione. La Napoli nascosta, avvolta in negromantiche visioni e nella polvere di tunnel di tufo, mi ha rapita mentre scrivevo e comprendevo che era necessario allo sviluppo della protagonista e di tutti i personaggi affondare in quegli anfratti di buio e mistero.
Come definisce il genere di “Tutto ciò che siamo stati”? Un giallo, un noir, un giallo psicologico?
Non lo definisco. Faccio fatica a dargli un’etichetta, forse perché non ne sento la necessità. Si tratta di letteratura di formazione? Forse. Non lo so. So che la letteratura è fatta di misteri da svelare e di domande che non trovano risposte univoche. Lascio a chi mi leggerà la necessità o meno di incasellare questa storia in una definizione precisa. In fondo, la vita, non possiamo incasellarla sempre.
Link: Cinque Colonne Magazine
© Corriere Nazionale, 08.06.2022
Cultura, Nazionale
Olimpia De Girolamo in libreria con “Tutto ciò che siamo stati”
“Tutto ciò che siamo stati”: in libreria il nuovo libro di Olimpia De Girolamo. Un viaggio nel passato, un percorso di consapevolezza e liberazione
Un ritorno nella città natale, dopo tanti anni di assenza. Anna vive lontana da Napoli, vi fa ritorno di malavoglia per cercare il padre, scomparso da due mesi. Ma la ricerca di Anna si trasforma presto in un viaggio a ritroso nel tempo che la porta a scoprire o a recuperare tutto ciò che si è lasciata alle spalle, anche i ricordi di bambina.
Arriva oggi nelle librerie Tutto ciò che siamo stati (Gabriele Capelli edizioni, Mendrisio, CH), il nuovo romanzo di Olimpia De Girolamo. L’autrice, napoletana, laureata in Filosofia, ha lavorato nel mondo del cinema-documentario e del teatro come autrice e attrice. È co-direttrice artistica del teatro “Agorà”, a Magliaso, nel Canton Ticino. Con il monologo La Mar ha vinto il premio Fersen a Milano. Nel 2021 ha vinto il premio Opennet nell’ambito delle giornate Letterarie di Soletta. Oggi vive in Svizzera.
Tutto ciò che siamo stati è un percorso di consapevolezza e di liberazione. Quando arriva a Napoli, Anna è fortemente critica verso la sua famiglia e tutto ciò che rappresenta il suo passato (la madre «che aveva sparso semi sulla terra a casaccio, le erano caduti dalle mani e dalle tasche», il padre «sgranellato, fatto di rena e di fanghiglia», imbelle e senza personalità, il fratello eterno «un uomo di 47 anni che si muove nella vita come un ragazzino di quindici»). La madre le mette tra le mani un biglietto lasciato dal padre, sparito senza lasciare traccia: un messaggio in codice che lei non sa decifrare, ma che la costringe a ritornare indietro nel tempo e, tassello dopo tassello, a riannodare i fili della memoria e della consapevolezza di tutto ciò che è stato il suo passato. Anna viaggia tra i vicoli di Napoli e nei suoi meandri sotterranei, la «Napoli di sotto», alla scoperta di ciò che era nascosto dentro di lei e che viene prepotentemente fuori. La città la assorbe, la rapisce «come una goccia d’acqua in un mare enorme, senza pietà, senza alcun riguardo per la mia storia, per il mio essere diventata un’altra». Il viaggio è doloroso, la porta a dare un nuovo senso e una nuova spiegazione a tutto ciò che è stato. Per due giorni si aggira «come un’anima dannata in mezzo a loro, una rinnegata, una traditrice».
Quando il viaggio sarà concluso, Anna sarà in grado di guardare se stessa in modo diverso e nuovo: quella storia, a tratti insopportabile, che riemerge mentre riannoda, tassello dopo tassello, i fili della memoria, le fa comprendere il senso degli avvenimenti del passato che si era lasciata alle spalle e forse volutamente dimenticato. Diventa padrona di se stessa, una donna più forte e più matura, che sa anche perdonare e perdonarsi. Fino a quel momento le erano «mancati il coraggio e l’umiltà di vedere le cose», ma quella che sale sul treno per lasciare ancora una volta Napoli è una persona diversa, capace di «piangere i bambini che siamo stati e che nessuno ha saputo guardare, i nostri tormenti generati dai segreti di adulti debosciati». Ha affrontato il dolore ed è riuscita a chiamarlo per nome e a dargli un senso. Ciò che in alcuni momenti sembrava annientarla, si è tramutato invece in consapevolezza e forza.
Il libro è caratterizzato da una profonda analisi psicologica, un percorso di consapevolezza e di maturazione, incastonato all’interno di una narrazione fluida, con personaggi ben caratterizzati, di storia avvincente e dolorosa, che in alcuni momenti assume i tratti del giallo e del noir, senza lasciare però che essi prendano il sopravvento. Sullo sfondo della narrazione, c’è la Napoli dei quartieri popolari, del rione Sanità, con i suoi abitanti e il suo degrado, anche morale, i vicoli, le chiese, i riti, ma anche la «Napoli sotterranea», con le sue caverne e i suoi cunicoli, una sorta di città parallela, che l’autrice conosce bene e che descrive minuziosamente. La discesa nella città nascosta diventa per Anna uno dei tasselli del suo percorso, quasi simbolo di una coscienza occultata che riemerge e restituisce una nuova donna, più forte e consapevole.
Link: corrierenazionale.it
© Turné, Radiotelevisione svizzera LA1, 21.05.2022
Servizio televisivo a cura di Claudia Iseli dedicato al romanzo “Tutto ciò che siamo stati” di Olimpia De Girolamo. Turné, RSI LA1, 21.05.2022
© Modulazioni Temporali, 27.05.2022
Libri
“Tutto ciò che siamo stati”, un viaggio dal passato a se stessi
By Marianna Zito
Olimpia De Girolamo con “Tutto ciò che siamo stati” (Gabriele Capelli Editore, pp. 127 pagine, euro 16) è al suo esordio letterario, per quanto già attiva in ambito teatrale.
“La gente di queste parti. Se mi sentissero, me ne direbbero di tutti i colori. E avrebbero pure ragione. Sono anche le mie parti, queste, solo che da qualche anno mi piace recitare la scena di quella che ha rotto col passato, che si è evoluta culturalmente, riuscendo a mascherare con grazia la naturale inclinazione alla malinconia del vivere. So bene, però, che è sempre e soltanto una l’evoluzione che siamo chiamati a compiere a questo mondo. Quello dalle nostre famiglie.”
Anna sta tutta, o comunque in larga parte, in queste righe. Lei che ha tessuto la sua fuga da Napoli, dalla famiglia, da un groviglio di fatti che ha preferito scansare invece che chiarire. Eppure a un certo punto Anna deve tornarci a Napoli, e lo fa così come se n’era andata: trafelata, ansiosa, guardinga, a disagio. Sì, in quella che è la sua città, la casa in cui è nata e in cui preferisce non dormire, scegliendo un B&B. Anna fa ritorno dopo vent’anni perché il padre è scomparso, lasciando una lettera oscura che pare solo lei possa decifrare. In effetti ci riuscirà, addentrandosi nei meandri di una Napoli sotterranea, ripercorrendo materialmente e mentalmente percorsi del passato e (ri)trovando una parte importante di sé.
“Ah, già, il quartiere. A Napoli il quartiere è depositario della voce di tutti. Voce ‘e popolo, voce ‘e ddio, dice un antico proverbio di queste parti. Non c’è bisogno di indagini della polizia. Il quartiere sa tutto prima che si trovi ogni prova, le prove le crea, le inventa (…) fa diventare vera ogni cosa che narra. (…) Più le parole sono grosse, pesanti e colorate, più chi le ascolta crede. Il quartiere, quindi, stava in qualche modo decidendo persino il motivo del mio temporaneo ritorno a casa.”
Il ruolo del quartiere e della città è cruciale. Quei muri e quelle crepe che sanno tutto, quel costruire una cosa dentro l’altra come se passato e presente si compenetrassero senza mai seguire una linea retta. Una città che ti assorbe e rapisce senza pietà, in cui la lingua madre torna, per Anna, come una punizione. La città che preferisce immaginare, suppore, ma non verificare. Che vede, ma sceglie di tacere: i dolori, le violenze, il degrado.
“Penso che, come le pietre messe assieme per caso, eravamo destinati a stare scomodamente nell’esistenza, senza mai un momento di abbandono e di calma.”
Napoli protagonista, ma non lo è di meno la famiglia. Una di quelle fatte di distanza, mutismo, musi lunghi, con solo sporadici exploit a cui Anna e il fratello Attilio si attaccano, bisognosi di attenzione. Un padre immobile e una madre capace, con un solo indice puntato, di cancellare i 40 anni di Anna e farla tornare quella bambina silenziosa di un tempo. Crescere male perché forse i propri genitori sono cresciuti peggio.
“Vorrei aver imparato a fare abbracci, vorrei che mi avessero spiegato che avere paura non è un delitto, che le cose brutte possono sparire se ti tieni stretto a qualcuno di cui ti fidi.”
Anna, col suo ritorno a Napoli, risana vecchie colpe. Soprattutto, le contestualizza e le guarda in prospettiva, quella di una bambina che non può essere consapevole fino in fondo di ciò che dice e fa, che avrebbe avuto bisogno di essere guidata. Forse è questo il momento dell’età adulta: riconoscere gli errori e capire che nonostante tutto, un modo per andare avanti si può trovare.
Laura Franchi
Link: Modulazioni Temporali
© Ticino Magazine, giugno 2022

© Sì Comunicazione, 23.05.2022
Tutto ciò che siamo stati: in libreria il nuovo libro di Olimpia De Girolamo
La Napoli accogliente si scontra con la Napoli invadente: la famiglia è amore, ma anche prigione. Per questo Anna, la protagonista di “Tutto ciò che siamo stati”, ha deciso di lasciare i vicoli del centro storico per trovare serenità da un’altra parte.
Nel romanzo d’esordio Olimpia de Girolamo, napoletana doc trasferita in Svizzera dove insegna e dirige una scuola di teatro, c’è tanto della città con i rioni Sanità e Vicaria, piazza Bellini e via dei Tribunali, ci sono le abitudini dei partenopei degli anni ’80, c’è il giallo, c’è il dialetto napoletano. Aver vissuto a Napoli è stato fondameniale per l’autrice.
“A Napoli il quartiere è il depositario della verità di tutti. Voce ‘e popolo, voce ‘e ddio, dice un antico proverbio di queste parti. Non c’è bisogno di indagini della polizia. Il quartiere sa tutto prima che si trovi ogni prova, le prove le crea, le inventa. Soprattutto, il quartiere sa raccontare e nella potenza delle parole sta tutto, fa diventare vera ogni cosa che narra, la sa amministrare con la sapienza di chi conosce il potere delle parole scelte. Più le parole sono grosse, pesanti e colorate, più chi le ascolta crede. Il quartiere, quindi, stava in qualche modo decidendo persino il motivo del mio temporaneo ritorno a casa.”
Link: Sì Comunicazione
© La Lettrice assorta, 23.05.2022
TUTTO CIO’ CHE SIAMO STATI di Olimpia de Girolamo
Il 16 maggio è uscito in libreria TUTTO CIO’ CHE SIAMO STATI di Olimpia De Girolamo, un romanzo d’esordio toccante e meritevole che racconta di segreti familiari e di dolori sepolti, ma ancora palpitanti.
La trama si sviluppa intorno ad Anna, una scrittrice in stallo che non riesce più a trovare le parole e non sa cosa rispondere all’editore che aspetta il suo manoscritto. Anna ha quarant’anni e per lungo tempo si è illusa di poter sparire grazie ai suoi viaggi interminabili e cancellare così ogni traccia della sua storia passata, del suo quartiere, del suo accento, della sua gente, di sua madre, del padre e del fratello. Viene invece costretta a tornare alla sua città natale dopo vent’anni, per aiutare la famiglia a scoprire che fine ha fatto suo padre, misteriosamente scomparso nel nulla.
La donna si trova a ripercorrere il tormentato passato e a scontrarsi con la figura materna dura e implacabile:
“Mia madre, dominatrice di questa torre e di tutta la sua sacra famiglia. Regina senza corona e senza scettro, osservatrice di ogni mio difetto, fragilità, menzogna.”
Anna si sente di nuovo piccola e inerme al cospetto di quello sguardo inclemente, gli occhi che si insidiano ovunque, pronti a trafiggerla…
Sullo sfondo di una Napoli brulicante di vita si sviluppano le vicende di questo romanzo breve, ma appassionante.
Ho seguito con trepidazione la protagonista per le strade e i vicoli del vecchio quartiere dove è cresciuta, l’ho vista ritornare bambina, spettinata e sola, fantasma di se stessa, e ho appreso con angoscia segreti indicibili.
L’autrice descrive con sensibilità e vividezza una storia di violenza taciuta e repressa, consumata nell’ambito della famiglia e dunque più difficile da elaborare.
Il libro con questa storia cruda e difficile, fa capire quanto sia importante dare un significato a certe situazioni traumatiche, inserirle all’interno della propria storia e ad un certo punto, lasciarle andare.
Bellissimo e significativo!
Link: La Lettrice assorta
© Alice, RSI RETE DUE, 21.05.2022
“Tutto ciò che siamo stati” di Olimpia De Girolamo
Alice – Autofiction, non fiction, realtà
di Michele R. Serra
“Alice” esplora sentieri letterari che portano dall’immaginazione alla realtà concreta, e ritorno. Storie che prendono le mosse da esperienze personali, allargando i confini che separano fiction e autobiografia; storie vere raccontate con piglio giornalistico; storie scambiate da scrittori in carne e ossa, che si incontrano per un piccolo festival destinato – forse – a diventare grande.
Si comincia da Olimpia De Girolamo, autrice napoletana ormai ticinese d’adozione, agitatrice culturale e fondatrice del teatro Agorà di Magliaso, al suo esordio in forma di romanzo con “Tutto ciò che siamo stati” (Gabriele Capelli Editore): un racconto immerso nella realtà di Napoli e capace di restituire al lettore i colori più vividi della città partenopea, senza stereotipi, come può fare solo chi ci ha vissuto.
© Il Mattino, 18.05.2022
L’AUTRICE ALL’ESORDIO CON “TUTTO CIÒ CHE SIAMO STATI”:
UNA DONNA CERCA IL PADRE TRA TENEBRE FAMILIARI
De Girolamo: com’è difficile il ritorno a San Lorenzo
Olimpia De Girolamo, napoletana, classe ’75, vive in Svizzera dove insegna italiano e si occupa di teatro come autrice, attrice e formatrice. Nel 2021 ha vinto il Premio Opennet con il racconto Il primo scalino: l’assalto del passato che ha poi trasformato nel suo romanzo d’esordio Tutto ciò che siamo stati (Gabriele Capelli Editore, pagine 128, euro 16).
Anna da anni vive all’estero dove sembra aver trovato serenità e affermazione professionale, però all’improvviso la famiglia le chiede di tornare a Napoli: il padre è scomparso. Deve consegnare l’ultimo capitolo del suo libro, ma il richiamo del sangue è forte. A San Lorenzo oramai nessuno la riconosce, la credono una straniera. La solita durezza della madre e l’inconcludenza del fratello la scaraventano in un passato che credeva d’aver dimenticato. Ritornano il dolore, le ragioni che l’avevano spinta a fuggire, quei segreti che avevano scavato colchi incolmabili. Travolta dal passato rivive l’amicizia con Ada, che decise di suicidarsi in seguito allo scandalo per la sua relazione con un uomo sposato e molto più grande. Risente il dolore per la scomparsa del piccolo Salvatore, il fratellino di Ada, di cui tutti smisero di parlare troppo presto, che scendeva di frequente a casa sua per chiedere aiuto spaventato dalla violenza del padre. Anna vuole ritrovare il suo di padre, tenta di dialogare con la madre e il fratello, ma sono due muri.
Come può aiutarli se non le rivelano la verità? La famiglia e il quartiere hanno le loro regole non scritte, le stesse dalle quali lei è scappata. Anna schiva le chiamate del suo editor che le intima di terminare il libro, mentre riaffiorano i ricordi più duri: la depressione del padre mai nominata; la freddezza di una donna che tentava di non morire sepolta in casa a fare la mamma e la moglie; gli scontri ai quali lei e il fratello, solo bambini, assistevano inermi. Tutti sapevano quello che avveniva tra quelle mura, eppure nessuno interveniva, come nella famiglia di Ada e del piccolo Salvatore.
Nella Napoli popolare, tra Sanità e Vicarìa, Anna cerca gli indizi, si addentra tra gli odori e i rumori di quei vicoli, fin quando un uomo la conduce alla chiesa delle anime del Purgatorio. Ed è proprio lì che, nascosto nell’ipogeo della chiesa, nel cimitero delle Fontanelle, trova suo padre e con lui le risposte alle tenebre che affollano il suo passato. La De Girolamo tratteggia gli effetti delle violenze taciute e dei silenti imposti, con lei ci si addentra tra i dolori che spesso ci illudiamo di aver superato.
Presentazione sabato 21 maggio alle 11.30 alla Domus Ars (via Santa Chiara 10C).
L’autrice dialogherà con Donatella Schisa.
Link: Il Mattino

© ELLE Decor, 16.05.2022
I libri che ci abitano: Tutto ciò che siamo stati di Olimpia De Girolamo
Ospite della rubrica di Elle Decor dedicata alle novità editoriali, un romanzo palpitante e potente, con Napoli sullo sfondo
Di Paola Maraone
È un libro piccolo solo per il numero di pagine – 128, dense e distillate come il più pregiato dei liquori – ‘Tutto ciò che siamo stati’ di Olimpia De Girolamo (Gabriele Capelli editore), napoletana d’origine, svizzera d’adozione, che con questo suo esordio nella narrativa ha voluto raccontare il ritorno di Anna, la protagonista del romanzo, a Napoli dopo vent’anni per aiutare la sua famiglia nella ricerca del padre, misteriosamente scomparso.
Anna – che aveva trovato pace, riscatto, stabilità all’estero – si trova ad affrontare il ritorno a casa, al rione, alla madre da sempre incapace di morbidezze e di protezione, a un fratello diventato straniero. Spiega l’autrice Olimpia De Girolamo: “Le violenze taciute, certe forme di degrado, i racconti di quanto accadeva nelle famiglie: è questo il materiale che ha ispirato il mio romanzo, frutto di anni di attenta e costante osservazione. La storia di Anna potrebbe essere la storia di molte persone. Spesso nelle famiglie si vivono legami e accadimenti che è scomodo raccontare ma allo stesso tempo necessario, per dare una possibilità di liberazione a chi le subisce. Anna torna a casa, tocca con mano il proprio dolore sepolto ma ancora vivo, e solo dopo averlo affrontato può rinascere”.
Nella casa della sua infanzia, ritrova gli antichi fantasmi. “Vado svelta al bagno, muovendomi in una casa che non abito più, ma che rimane la mappatura della mia storia, dei primi desideri, sogni e progetti di fuga”. Allargando lo sguardo, là fuori, c’è il quartiere in cui Anna è cresciuta. In una narrazione affidata prevalentemente all’italiano, affiora qua e là un dialetto sommesso, perfettamente integrato, autentico ma sempre comprensibile. “A Napoli il quartiere è il depositario della verità di tutti. Voce ‘e popolo, voce ‘e ddio, dice un antico proverbio di queste parti. Non c’è bisogno di indagini della polizia. Il quartiere sa tutto prima che si trovi ogni prova, le prove le crea, le inventa. Soprattutto, il quartiere sa raccontare e nella potenza delle parole sta tutto, fa diventare vera ogni cosa che narra”. All’improvviso è come se gli anni non fossero passati. Anna incontra la sé stessa bambina, i dolori, la parte più recondita e antica di una storia drammatica che sembrava sepolta per sempre. Sullo sfondo c’è sempre la città, avvolgente e connivente. “Tutto si svolgeva così. Un mondo di dentro e un mondo di fuori. I vicoli, i muri scrostati, l’umidità del primo mattino, sembravano indifferenti alle vicende povere e scalcinate della gente del mio quartiere. Invece proprio i muri e le loro crepe, sapevano già tutto, conoscevano ogni dettaglio di ogni famiglia, ogni disperazione, croce da portare, povertà e malattia”.
Questo romanzo caldo e potente, in grado attraverso il racconto dei luoghi di restituire la verità delle dinamiche familiari, nasce in realtà da un racconto, ‘Il primo scalino: l’assalto del passato’, grazie al quale Olimpia De Girolamo nel 2021 ha vinto il premio Opennet. In ‘Tutto ciò che siamo stati’ la storia cresce e si sviluppa rivelando i suoi aspetti più crudi, sempre nella relazione con i luoghi e con l’abitare. Dove anche gli scalini, appunto, hanno un peso, come ricorda la protagonista: “Mi tocca affrontare la gradinata antica, con il piglio ragazzino con cui la facevo in passato pure cinque o sei volte al giorno. Era naturale, per poter accedere alla vita degli altri, di tutti quelli del quartiere, scendere le tante scale e riversarmi per le strade, per i vicoli, nelle piazze assolate che mi ricordavano che c’era vita fuori dalle mura tombali della mia casa familiare”. Quel che accadeva un tempo alla Anna ragazzina torna valido trent’anni dopo, nella ricerca di un padre che somiglia a una discesa agli inferi, dove la Napoli sotterranea fatta di vicoli e caverne nasconde risposte importanti, fino al colpo di scena finale. “Sotto la rena. Sotto il fango. Dentro alla melma. In un pozzo senza fondo non trovo altro che me stessa”.
Link: ELLEdecor.com
© Fattitaliani.it, 16.05.2022
Olimpia De Girolamo, nuovo libro “Tutto ciò che siamo stati”: un viaggio nel passato, un percorso di consapevolezza e liberazione
Un ritorno nella città natale, dopo tanti anni di assenza. Anna vive lontana da Napoli, vi fa ritorno di malavoglia per cercare il padre, scomparso da due mesi. Ma la ricerca di Anna si trasforma presto in un viaggio a ritroso nel tempo che la porta a scoprire o a recuperare tutto ciò che si è lasciata alle spalle, anche i ricordi di bambina.
Arriva oggi nelle librerie Tutto ciò che siamo stati (Gabriele Capelli edizioni, Mendrisio, CH), il nuovo romanzo di Olimpia De Girolamo. L’autrice, napoletana, laureata in Filosofia, ha lavorato nel mondo del cinema-documentario e del teatro come autrice e attrice. È co-direttrice artistica del teatro “Agorà”, a Magliaso, nel Canton Ticino. Con il monologo La Mar ha vinto il premio Fersen a Milano. Nel 2021 ha vinto il premio Opennet nell’ambito delle giornate Letterarie di Soletta. Oggi vive in Svizzera.
Tutto ciò che siamo stati è un percorso di consapevolezza e di liberazione. Quando arriva a Napoli, Anna è fortemente critica verso la sua famiglia e tutto ciò che rappresenta il suo passato (la madre «che aveva sparso semi sulla terra a casaccio, le erano caduti dalle mani e dalle tasche», il padre «sgranellato, fatto di rena e di fanghiglia», imbelle e senza personalità, il fratello eterno «un uomo di 47 anni che si muove nella vita come un ragazzino di quindici»). La madre le mette tra le mani un biglietto lasciato dal padre, sparito senza lasciare traccia: un messaggio in codice che lei non sa decifrare, ma che la costringe a ritornare indietro nel tempo e, tassello dopo tassello, a riannodare i fili della memoria e della consapevolezza di tutto ciò che è stato il suo passato. Anna viaggia tra i vicoli di Napoli e nei suoi meandri sotterranei, la «Napoli di sotto», alla scoperta di ciò che era nascosto dentro di lei e che viene prepotentemente fuori. La città la assorbe, la rapisce «come una goccia d’acqua in un mare enorme, senza pietà, senza alcun riguardo per la mia storia, per il mio essere diventata un’altra». Il viaggio è doloroso, la porta a dare un nuovo senso e una nuova spiegazione a tutto ciò che è stato. Per due giorni si aggira «come un’anima dannata in mezzo a loro, una rinnegata, una traditrice».
Quando il viaggio sarà concluso, Anna sarà in grado di guardare se stessa in modo diverso e nuovo: quella storia, a tratti insopportabile, che riemerge mentre riannoda, tassello dopo tassello, i fili della memoria, le fa comprendere il senso degli avvenimenti del passato che si era lasciata alle spalle e forse volutamente dimenticato. Diventa padrona di se stessa, una donna più forte e più matura, che sa anche perdonare e perdonarsi. Fino a quel momento le erano «mancati il coraggio e l’umiltà di vedere le cose», ma quella che sale sul treno per lasciare ancora una volta Napoli è una persona diversa, capace di «piangere i bambini che siamo stati e che nessuno ha saputo guardare, i nostri tormenti generati dai segreti di adulti debosciati». Ha affrontato il dolore ed è riuscita a chiamarlo per nome e a dargli un senso. Ciò che in alcuni momenti sembrava annientarla, si è tramutato invece in consapevolezza e forza.
Il libro è caratterizzato da una profonda analisi psicologica, un percorso di consapevolezza e di maturazione, incastonato all’interno di una narrazione fluida, con personaggi ben caratterizzati, di storia avvincente e dolorosa, che in alcuni momenti assume i tratti del giallo e del noir, senza lasciare però che essi prendano il sopravvento. Sullo sfondo della narrazione, c’è la Napoli dei quartieri popolari, del rione Sanità, con i suoi abitanti e il suo degrado, anche morale, i vicoli, le chiese, i riti, ma anche la «Napoli sotterranea», con le sue caverne e i suoi cunicoli, una sorta di città parallela, che l’autrice conosce bene e che descrive minuziosamente. La discesa nella città nascosta diventa per Anna uno dei tasselli del suo percorso, quasi simbolo di una coscienza occultata che riemerge e restituisce una nuova donna, più forte e consapevole.
Link: Fattitaliani.it
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