© Corriere del Ticino, 12.04.2022
Storie d’amore e di musica nella Napoli del Settecento
NARRATIVA / Un inedito ritratto della città partenopea nel periodo in cui era l’incontrastata capitale europea delle arti e della cultura al centro del delicato e intenso romanzo di Rosario Vitale «Sant’Onofrio e la contessa»
Di Mauro Rossi
È un tuffo in una Napoli che non siamo soliti considerarequello proposto dal pugliese Rosario Vitale nel romanzo Sant’Onofrio e la contessa, edito da Gabriele Capelli. È la Napoli della prima metà del XVIII secolo, capitale del Regno delle Due Sicilie ma soprattutto principale centro culturale e artistico europeo: una città aperta e cosmopolita in cui usi e tradizioni più diverse convivono pacificamente e all’interno della quale anche le barriere sociali non rappresentano un ostacolo invalicabile.
Ed è in questo scenario, tra personaggi e situazioni reali e di fantasia, che Vitale ambiente la vicenda del diciassettenne Rodolfo Pimi degli Esposti, ricco e talentuoso rampollo di una famiglia paraguaiana di chiare origini italiche il quale, desideroso di migliorare il suo bagaglio musicale, decide di trasferirsi dal natio «Stato dei gesuiti» nella città «con la miglior tradizione musicale al mondo», Napoli appunto. Lì viene accolto dal Conservatorio di Sant’Onofrio a Porta Capuana (all’epoca una delle principali scuole di musica partenopee che accoglieva anche giovani dotati provenienti dalle classe più umili e numerosi allievi castrati) dove grazie alle sue doti entra nelle grazie del direttore, il severo ma nel contempo aperto e innovativo Francesco Durante (personaggio realmente esistito, già pupillo di Alessandro Scarlatti nonché tra le figure chiave della scena musicale europea del suo tempo) e dove stringe una solida amicizia con il giovanissimo Carmine, una cadetto che dopo aver rifiutato la carriera militare ed ecclesiastica, è stato castrato e «riconvertito» alla musica dalla famiglia. Il più importante incontro di Rodolfo a Napoli è tuttavia il primo: quello con la giovanissima Natalia, una ragazzetta poverissima, da lui incrociata appena sbarcato dalla nave e che si guadagna da vivere raccontando storie ai passanti (una «contessa », appunto). Tra i due, pur tra molte difficoltà iniziali dovute ad una certa diffidenza da parte di lei («Vesti strano, parli strano», è il primo commento di Natalia al primo incontro con Rodolfo) nasce dapprima una tenera amicizia che poi, nel breve volgere di poco tempo si trasforma in una relazione sentimentale che si concretizza quando i due vengono invitati all’inaugurazione del Teatro San Carlo dove, grazie al Maestro Durante, hanno modo di conoscere un altro celebre compositore, Domenico Sarro, nonché un alto esponente della nobiltà partenopea, il principe di Sansevero Raimondo di Sangro. Quando la storia d’amore dei due giovani e la carriera musicale di Rodolfo sembrano avviate a un lieto fine il destino, tuttavia, interviene scombinando completamente le carte sul tavolo, regalando al lettore un finale malinconico e spiazzante.
Sant’Onofrio e la contessa è un racconto agile, intenso e coinvolgente che oltre che sui caratteri dei protagonisti ruota attorno a una Napoli straordinariamente vivace e moderna, dove l’omosessualità non è un tabù («quelli come me [qui] non si vergognano, non si nascondono, si vestono e si comportano da donne e sono liberi di amare gli uomini», spiega uno dei personaggi ), nella quale religione e superstizione (moltissimi riferimenti alle «Janare», le streghe della tradizione popolare) e dove anche le differenze di censo non costituiscono barriere invalicabili di fronte al talento e, soprattutto, all’amore.
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