Seamus Heaney “Traversare l’inverno” – Poesie


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Seamus Heaney
Traversare l’inverno
Poesie
15x21cm, 192 pp, isbn 978-88-97308-68-3, EURO 20,00 – GCE/POESIA2

Testo originale a fronte

Cura e traduzione di Marco Sonzogni (Premio Lerici Pea Golfo dei Poeti 2019 per la traduzione)

Prefazione di Leonardo Guzzo
Postfazione di Alberto Fraccacreta

Seamus Heaney (1939-2013; Premio Nobel per la Letteratura 1995) è considerato tra i più importanti poeti di lingua inglese del ventesimo secolo e il massimo rappresentante contemporaneo del rinascimento poetico irlandese.
Traversare l’inverno (Wintering Out) viene scritto durante un soggiorno alla University of California a Berkeley e sarà Heaney stesso ad affermare come il tempo speso in California avrà un effetto liberatorio sulla sua poesia: se da un lato i versi si aprono, dall’altro ancor più ricercano le radici dei paesaggi irlandesi che gli appartengono e dove il nominare le cose, ricercarne la topografia o semplicemente richiamare la propria lingua, saranno uno scavo per esaltarne la luce. Traversare l’inverno, però, tende la mano anche a temi politici importanti per l’Irlanda degli anni ’70: in un’epoca cruenta, sanguinosa, intrisa di repressioni e spaccature. Heaney non ne è indifferente e – rientrato a Belfast – cambia il titolo della raccolta. Se originariamente è previsto Winter Seeds (Semi Invernali) è Wintering Out (Traversare l’inverno) a imporglisi poco prima della consegna del manoscritto all’editore: un titolo più denso, evocativo, terrorizzante persino. Ed è in questa raccolta che Heaney decide di confrontarsi direttamente con gli avvenimenti politici e sociali dell’Irlanda del Nord, terra tanto luminosa quanto piegata. L’impegno politico sarà ribadito nella raccolta successiva ma è in Traversare l’inverno che mai come in precedenza, la lingua puntuale e rarefatta di Heaney si affina e si conficca nella realtà. Agli immutabili paesaggi rurali, all’inebriante odore della terra, alla purezza cristallina dell’aria fa da controcanto la realtà più ostile del conflitto.
Alla pubblicazione di Traversare l’inverno la critica affermerà come Heaney sia riuscito a superare i temi delle sue precedenti raccolte attestando, in questa, la propria maturità stilistica; e sarà Heaney stesso a dire come quelle di Traversare l’inverno sono poesie che nascono aldilà della parola e del pensiero. Da singole espressioni ecco infatti nascere interi “wordscapes”, paesaggi di parola: drammi in movimento dove religione, politica, folklore persino e letteratura, collidono e fondono. Che siano gesta umane, oscure torbiere, la vastità degli orizzonti o la sacralità minuta di un luogo caro, in Traversare l’inverno Heaney ci consegna un’opera perfettamente riassunta dalla motivazione del Premio Nobel assegnatogli nel 1995: “un lavoro di lirica bellezza ed etica profondità che esalta i miracoli quotidiani quanto il vivente passato”.


Seamus Heaney (Tamniaran 1939, Dublino 2013), è tra i maggiori poeti del ventesimo secolo. Nato nell’Irlanda del Nord, crescerà nella Contea di Derry per poi vivere a Dublino dal 1976 sino alla sua morte, pur intervallando soggiorni negli Stati Uniti tra il 1981 e il 2006.
Autore di oltre venti volumi tra raccolte di poesia, critica e traduzioni, ha curato inoltre una moltitudine di antologie tutt’ora in uso. Ha insegnato alla Harvard University (1981-2006) ed è stato Professor of Poetry a Oxford (1989-1994). Innumerevoli i premi per la sua produzione poetica sia in patria che all’estero, non ultimo il Premio Nobel per la Letteratura nel 1995. La sua intera produzione è custodita alla National Library of Ireland.


Marco Sonzogni, saggista, traduttore e poeta, è docente di lingua e letteratura italiana alla Victoria University of Wellington, in Nuova Zelanda.


GCE/POESIA – Collana diretta da Fabiano Alborghetti




 

RECENSIONI/SEGNALAZIONI

 

© Convenzionali, 17.01.2021

Libri
“Traversare l’inverno”
di Gabriele Ottaviani

È povero come Lazzaro, quel terreno…

Traversare l’inverno, Seamus Heaney, Gabriele Capelli editore. Cura e traduzioni di Marco Sonzogni. Prefazione di Leonardo Guzzo. Postfazione di Alberto Fraccacreta. Con testo a fronte.

Questa raccolta avrebbe dovuto in origine chiamarsi Semi invernali, ma poi, a un attimo dalla consegna del manoscritto, nel pieno degli anni Settanta, in un’Irlanda in cui la violenza è una presenza soffocante di fronte alla quale non si può restare indifferenti, Traversare l’inverno, in italiano un settenario carico di solenne tragicità, si impone all’attenzione dell’autore, una delle voci poetiche più importanti in lingua inglese nel secolo ventesimo, premio Nobel ventisei anni fa per il suo, recita la motivazione, lavoro di lirica bellezza ed etica profondità che esalta i miracoli quotidiani quanto il vivente passato: verrebbe da dire che non potrebbe esserci più appropriata definizione per questa raccolta di componimenti che sono capaci di evocare un universo di suggestioni anche con una singola parola, che racchiude in sé connotati religiosi, sociali, politici persino. Magistrale.

Link: Convenzionali


© Il foglio, 20.11.2020

Seamus Heaney, Traversare l’inverno
di Riccardo Bravi

Link: Il foglio


19.03.2020

Rossella Pretto legge Seamus Heaney

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© L’Indice dei libri del mese, n. 2, febbraio 2020

Prato di vocali
di Irene De Angelis

Seamus Heaney, Traversare l’inverno. Poesie
ed. orig. 1972, trad. dall’inglese e cura di Marco Sonzogni
pp 185, Euro 20,00

pagina indice heaney
Link: L’Indice dei libri del mese


© Ticino magazine, febbraio-marzo 2020

Seamus Heaney – Traversare l’inverno, Poesie

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Link: Ticino magazine


© Indiscreto.org, 12.12.2019

Anche il “nostro” Seamus Heaney con “Traversare l’inverno”, tradotto e curato da Marco Sonzogni, è presente in classifica. Undicesimo.
Un grazie a: Marco Sonzogni per la cura e traduzione; Leonardo Guzzo per la prefazione; Alberto Fraccacreta per la postfazione; Fabiano Alborghetti per la direzione della collana. I ringraziamneti per la riuscita della pubblicazione vanno estesi doverosamente a Literature Ireland e alla famiglia Heaney.

Riportiamo qui di seguito parte dell’articolo:

Classifica di qualità – libri in traduzione del 2019
Pubblichiamo la classifica di qualità dei libri in traduzione usciti nel 2019.

La Classifica di qualità dell’Indiscreto è stilata tre volte l’anno, a metà dei mesi di febbraio, maggio e ottobre, secondo intervalli proporzionati agli archi della produzione editoriale, e interpella i votanti in merito ai migliori libri italiani di narrativa, saggistica e poesia del periodo immediatamente precedente. A partire dai critici interpellati in una grande inchiesta sullo stato della critica letteraria ad opera dello scrittore Vanni Santoni, l’autore e la redazione si sono operati per creare un gruppo di “grandi lettori”, che, oltre ai succitati critici e alle scrittrici e agli scrittori italiani che si sono offerti di partecipare, si estende anche a riviste letterarie, librerie, giornaliste/i culturali, editor, traduttori e traduttrici e altri operatori/trici del settore, per un totale di 400 giurati, che si esprimono con tre voti per ogni categoria (a ogni primo posto vanno 9 punti, 5 al secondo e 3 al terzo).

Questa è la prima edizione in cui si votano i libri in traduzione: erano eligibili libri di autori e autrici contemporanei viventi. Potevano essere votati anche libri postumi, se prima inediti.

Poesia

1) Nicanor Parra, L’ultimo spegne la luce, Bompiani (trad. Matteo Lefèvre)
2) Cees Nooteboom, L’occhio del monaco, Einaudi (trad. Fulvio Ferrari)
3) John Ashbery, Autoritratto entro uno specchio convesso, Bompiani (trad. Damiano Abeni)
4) Jan Wagner, Variazioni sul barile dell’acqua piovana, Einaudi (trad. Federico Italiano)
5) Anne Carson, The Albertin workout, Tlon, (trad. Giulio Silvano)
6) Mark Strand, Tutte le poesie, Mondadori (trad. Damiano Abeni e Moira Egan)
7) Jorie Graham, Fast, Garzanti (trad. Antonella Francini)
8) Antoine Emaz, Sulla punta della lingua : dieci movimenti poetici seguiti dalla meditazione : lirismo critico? Marcos y Marcos (trad. Fabio Pusterla) – Kate Tempest, Antichi nuovi di zecca, E/O (trad. Riccardo Duranti)
9) John Freeman (a cura di), Nuova poesia americana vol. 1 , Black Coffee (trad. Damiano Abeni)
10) Adam Zagajewski, Prova a cantare il mondo storpiato, Interlinea (trad. Valentina Parisi)

11) Traversare l’inverno, Seamus Heaney, GCE

12) Il volo della celebrazione, Claudio Rodríguez, Passigli – Blackbird, bye bye, Moniza Alvi, Interno Poesia – Epicrisi, Ashraf Fayadh, Di Felice Edizioni – I soldi, Christophe Tarkos, Tic Edizioni – Scoppi urla risate, Lawrence Ferlinghetti, Sur – Istantanea di ippopotamo con banane, Philip Morre, Interno Poesia Editore – Antica Poesia Anglosassone, A cura di Roberto Sanesi, Lindau
12) What’s in a name e altri versi, Ana Luìsa Amaral, Crocetti – Il mondo è cominciato con un sì, Erica Jong, Bompiani – Angolo Nullo, Jaime Andres De Castro, Miraggi edizioni – Falco e ombra, Kathleen Jamie, Interno Poesia – Io mangio le stelle, Rebecca Elson, Kurumuny
13) Oblò/Portholes, John Taylor, Pietre vive – Da eternità a stagione, Wilson Harris, Ensemble – La fiamma, Leonard Cohen, Bompiani

Link: Indiscreto

 


© Osservatore romano, 26.11.2019

Ottantamila voci per ricordare un poeta
A colloquio con Marie e Catherine, la moglie e la figlia di Seamus Heaney
di Leonardo Guzzo

«And some time make the time to drive out west/Into County Clare, along the Flaggy Shore,/In September or October, when the wind/And the light are working off each other». Il tramonto settembrino orla di luce il rosario di montagnole che chiude a nord il golfo di Lerici; dentro, nel teatro Astoria, il pubblico è pronto all’applauso. Marco Sonzogni recita in inglese Postscript, tra le poesie più toccanti di Seamus Heaney. Del premio Nobel irlandese ha tradotto da pochi mesi Wintering out, silloge fondamentale del 1972, e per la sua versione in italiano, Traversare l’inverno, si appresta a ricevere il prestigioso premio Lerici-Pea. «Non è assegnato ogni anno, il premio alla traduzione — precisa la presidente della giuria Lucilla Del Santo — e segnala una voce poetica originale, vigorosa, accurata, che si fa interprete di un’altra voce poetica, eccezionale».

Marco Sonzogni è quella voce-interprete, capace di catturare l’essenza della poesia di Seamus Heaney e cristallizzarla in una versione (la prima integrale in italiano) che lascia il segno. «La poesia è adesione della parola al miracolo della realtà mentre si compie, freccia di spirito alla radice del concreto, scardinamento del cuore»: così ringrazia Sonzogni. Una bella signora bionda in prima fila ha una smorfia di commozione; un’altra vicino, più giovane e bruna, le stringe la mano. Sono Marie e Catherine, moglie e figlia di Seamus Heaney: attraverso lo sguardo luminoso, i modi accoglienti, la generosità di gesti e parole perpetuano l’eredità letteraria e la lezione umana del grande poeta.

«Avrei voluto capire tutto» mi dice l’indomani mattina Marie Heaney. Si riferisce al mio dibattito-intervista con Marco Sonzogni sul palco dell’Astoria; agli accenti, all’impasto delle parole che nessuna traduzione simultanea può cogliere. Nella hall di un hotel di Lerici abbiamo mezz’ora per parlare della “grande anima” da cui hanno raccolto il testimone, della sua persistente presenza, del modo in cui gestiscono l’enorme lascito che va da Death of a Naturalist, la prima raccolta del 1966, fino a Human Chain, il canto del cigno del 2010, e Aeneid Book VI, pubblicato postumo nel 2016: la riscrittura di Virgilio con cui Heaney si congeda da oltre cinquant’anni di scavo poetico e impegno morale. «La poesia di mio padre sopravvive, com’è ovvio, principalmente attraverso la lettura», spiega Catherine.

«Noi ci assicuriamo che venga pubblicata nel migliore dei modi, sia in lingua originale che in traduzione. Ci sono due grandi progetti in corso: una raccolta di tutte le poesie e una di tutte le traduzioni, con Marco Sonzogni tra i curatori, che vedranno la luce nei prossimi anni. Abbiamo anche relazioni con la Biblioteca Nazionale d’Irlanda, alla quale mio padre ha donato i suoi manoscritti nel 2011 per metterli a disposizione degli studiosi e del pubblico. L’anno scorso la Biblioteca ha inaugurato a Dublino, nel meraviglioso edificio della Bank of Ireland, una mostra intitolata Seamus Heaney: listen now again, dall’ultimo verso della poesia The rainstick. La mostra si basa sui suoi manoscritti e con ogni probabilità diventerà permanente. Un’altra mostra, Seamus Heaney: the homeplace, si tiene a Bellaghy, il piccolo paese natale di mio padre tra Belfast e Derry. La sua tomba si trova poco lontano e l’esposizione riguarda più specificamente gli aspetti privati della sua vita. La casa natale è stata trasformata in un palcoscenico per eventi che coinvolgono letterati e artisti di primo piano sulla scena nazionale e internazionale». Questa “vita privata” di Seamus Heaney mi incuriosisce da sempre: impossibile resistere alla tentazione di indagarla. «È stato semplice o complicato vivere al fianco di un premio Nobel?» chiedo a Marie. «Molto semplice» risponde, gli occhi azzurri illuminati. «Seamus era l’antitesi della primadonna: un uomo passato fondamentalmente intatto attraverso il successo. L’uomo morto nel 2013 dopo 51 anni di vita insieme era intrinsecamente lo stesso che avevo conosciuto il primo giorno. Era generoso, maturo, controllato, parlava del Nobel come di una valanga “perlopiù benigna” che l’aveva colpito, ma ha saputo gestirla, elaborarla e restare genuinamente buono».

La voce cristallina di Catherine fa eco: «Col passare del tempo, in Irlanda, Seamus Heaney è diventato una specie di orgoglio nazionale. Non solo per la sua opera ma per la sua levatura morale, per la sua integrità. Un’eventualità ancora più sorprendente se si pensa alle circostanze in cui ha vissuto: alla guerra civile, al fatto che provenisse dall’Irlanda del Nord, che dovesse stare in equilibrio su un filo sottile per rimanere onesto con se stesso, per non essere inghiottito dalla propaganda o strumentalizzato dalle parti in lotta». Sapere come vive ancora una presenza così forte, al di là delle sue opere, è la tappa successiva del piccolo viaggio emotivo che propongo alle mie interlocutrici. Marie gonfia il petto. «Io ho una specie di mantra che un’altra vedova mi ha suggerito dopo la morte di Seamus, una frase di san Giovanni Crisostomo sui cari defunti: “Non sono più dov’erano, sono dovunque noi siamo”. È un rapporto trasformato, non interrotto. Non ti aspetti risposta ma continui a parlargli». Catherine si muove in bilico tra pensiero e sentimento: «È incredibile quanto siano più intense, adesso, le sue poesie. Ho sempre avuto un rapporto molto profondo con le opere di mio padre, ma attraverso la sua mediazione; ora che non è più con noi, leggere i suoi versi riaccende la percezione della sua presenza, il suono della sua voce perfino. Ovviamente valgono i ricordi condivisi, pubblici: foto, video, interviste; ultimamente ne ho ascoltata una in cui papà sostiene testualmente che l’Elisio esiste nella memoria. Ma a me sono care in particolare le scritture private, minime si può dire: le note, le cartoline, le lettere, gli scritti improvvisati. Quelli ce lo restituiscono in una veste ancora più intima, spontanea e vitale».

Marie ricorda l’ultimo messaggio elettronico inviatole dal marito, pochi minuti prima di avviarsi alla sala operatoria in cui non sarebbe mai arrivato. Noli timere, diceva, nel latino tanto amato dal poeta. «Un artista di strada, Maser, lesse la notizia e ne rimase talmente colpito da realizzare un gigantesco murale. Don’t be afraid apparve, un mese dopo la morte di Seamus, sul muro laterale di un vecchio palazzo di Dublino, nel pieno della crisi finanziaria e delle incertezze politiche di questi anni. Conservo una foto che mi ritrae ai piedi di quell’enorme scritta, come fosse un ingrandimento del mio cuore». L’amore collettivo per Seamus Heaney, ennesimo prodigio letterario del ventesimo secolo in un Paese di appena quattro milioni di abitanti, è testimoniato da un episodio che Marie definisce singolare. «Due giorni dopo la sua morte, il 30 agosto 2013, si tenne a Dublino una partita di calcio gaelico. Un’immagine di Seamus apparve sul maxi-schermo dello stadio e ottantamila persone all’unisono cantarono cori e gli tributarono un lungo applauso. Credo che in poche altre nazioni un gesto simile sarebbe avvenuto per un poeta».

Mentre le parole di Catherine sono piane, serene, in quelle di Marie c’è una specie di ammaccatura, una lieve raucedine, come il segno di un viaggio più lungo e accidentato. Tutte e due riconducono ogni cosa, fosse anche enorme, a uno spirito genuino di stupore, di gratitudine, un’atmosfera di intimità familiare. Non ho paura di fare la domanda più banale: «Qual è la vostra poesia preferita tra quelle di Seamus?». «Impossibile!», protesta Catherine col sorriso. Poi distende i pensieri: «Le sue poesie hanno molti strati, dicono qualcosa a così tanti livelli… In termini di coinvolgimento personale scelgo A pillowed head, che celebra il giorno della mia nascita. La leggo e mi sembra di vivere cose che non posso ricordare, mi sento ancora “la bimba accolta a schiaffetti, palpabile”, che viene messa in braccio al papà. Una scelta narcisistica». Ride; Marie ha finito di pensare. «Oggi come oggi la mia poesia preferita è At the wellhead. Parla di me che amo cantare, di una vecchia cantante cieca, del prodigio della sua voce (vena d’argento nell’argilla pesante, acqua notturna che luccica alla luce del giorno), delle sue percezioni miracolosamente acute». Solo dopo capirò cosa ha voluto dirmi: l’ombra di Seamus, che è luce, e lei cieca del suo sguardo terreno si tengono per mano, in fondo al pozzo dell’assenza guardano insieme il cielo.

Subito, però, Marie guarda l’orologio. Con tempismo perfetto Martina Ricciardi, la segretaria del premio Lerici-Pea, viene a prendere lei e Catherine e le guida nella passeggiata dei poeti, che si inaugura quella mattina. Leggii d’argento, a intervalli regolari, ricordano tutti i vincitori del premio sull’incantevole lungomare che dalla frazione di San Terenzio arriva a Piazza della Repubblica. I nomi dei poeti incisi, le nazioni di provenienza, l’anno della vittoria bucano l’acciaio e aprono squarci sul mare ceruleo. La targa di Seamus Heaney occupa uno dei punti più suggestivi del lungomare, quasi il centro perfetto del golfo: la piccola processione che inaugura la walk of poetry si ferma a renderle omaggio; Marie si affianca alla placca come una sposa, Catherine legge un passo da Aeneid Book VI, testamento privato, poetico e politico del padre. Per un attimo l’espressione della sposa si fa sofferta. Il vento salmastro di Lerici porta ricordi dolceamari: i primi timidi approcci su un plaid steso in un prato, il “fiore bianco screziato di scarlatto” che era a vent’anni; il messaggio in extremis di Seamus, quel “non avere paura” gridato a lei, all’amore, al mondo in panne.

La processione lungo il mare riprende, Marie sfiora l’acciaio come se l’accarezzasse e si lascia portare. «Vano pensare di fermarti e tutto cogliere/ più a fondo. Tu, per te, non hai senso:/ un impeto che accoglie noto e arcano,/ mentre il vento in larghe morbide folate scuote i fianchi dell’auto/ e trova il cuore indifeso e lo spalanca».

Link: Osservatore romano


© EXTRA SETTE, 18.10.2019

Tra le righe
a cura di Sergio Roic

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© domenica, Il Sole 24 ore, 15.09.2019

Seamus Heaney. La violenza politica nella raccolta di poesie ora tradotta

Attraverso una gelida stagione umana
di Prisca Agustoni


Link: domenica


© Corriere del Ticino, p. 23, 2.08.2019

L’intervista – Marco Sonzogni
«Ho traversato l’inverno con Heaney»
È uscita la traduzione italiana di una celebre raccolta del poeta nord irlandese
di Laura Di Corcia

Link: CdT


© 12mesi.it – Salerno, 23.07.2019

Una traversata nell’inverno metaforico della poesia

TRAVERSARE L’INVERNO

Quanti conoscono le poesie del Premio Nobel per la Letteratura di Seamus Heaney (1939-2013)? È considerato tra i più importanti poeti di lingua inglese del ventesimo secolo ed il massimo rappresentante contemporaneo del rinascimento poetico irlandese, eppure le sue poesie sono ancora poco antologizzate sia nelle scuole che nelle università.

Il libro dell’editore Capelli, con l’ottima cura e traduzione di Marco Sonzogni, colma parzialmente una grande lacuna, offrendo al grande pubblico l’essenza di una poesia di forte valenza universale.

Traversare l’inverno” (Wintering Out) , tra nostalgia di un impossibile ritorno ai luoghi irlandesi della memoria e riferimenti lirici, si aggancia anche ai temi politici importanti per l’Irlanda degli anni ’70, tra lotte , sangue e repressioni cruente. In questa raccolta, senza sottrarsi o rimanere neutrale, da vero intellettuale, Heaney entra nel cuore della lotta dell’Irlanda del Nord, affidando ai versi le contraddizioni e la realtà più ostile di un conflitto annoso. Per la critica è questa la raccolta della maturità stilistica di Heaney, è qui che nascono – con una cifra estetica tutta sua – i “wordscapes”, paesaggi di parola, dove la natura diventa cifra di lettura per esprimere le torbiere dell’anima, le colline del dolore, gli orizzonti della gioia, gli spazi sconfinati del ricordo.

Un lavoro di lirica bellezza ed etica profondità che esalta i miracoli quotidiani quanto il vivente passato”: recita così la motivazione dell’Accademia di Svezia per il Premio Nobel assegnatogli nel 1995.

Sono questi piccoli miracoli quotidiani che ora rivivono attraverso la stagione dei letarghi che il Poeta evoca come per sollecitare lo schiudersi di una primavera che solo la poesia può favorire.

Link: 12mesi.it – Salerno


Premio Lerici Pea “alla Traduzione” 2019 a Marco Sonzogni

Premio Lerici Pea “alla Traduzione” 2019 a Marco Sonzogni per il libro di Seamus HeaneyTraversare l’inverno“.

Il Premio Lerici Pea Golfo dei Poeti, è andato attestandosi negli anni come uno dei più rappresentativi nel panorama letterario italiano ed internazionale, sotto la guida sicura di giurati di alta professionalità e della Proprietà.
Fedele allo statuto che lo vuole come assolutamente libero da influenze di qualsiasi genere, obbedisce al solo scopo di promuovere, diffondere e valorizzare, l’eccellenza poetica in Italia e nel mondo.

Il vincitore della Sezione Edito viene votato da una Giuria Popolare e da una Giuria Scientifica, all’interno di una rosa di tre nominativi preventivamente individuati dai giurati del Premio Lerici Pea Golfo dei Poeti e dalla Proprietà. L’Associazione, per l’individuazione della Giuria Popolare, si avvale della collaborazione delle opportune Sedi Universitarie, critici, professori e studenti dei Licei e degli Istituti Superiori cittadini.

Sabato 28 settembre
Ore 17.00
Teatro Astoria di Lerici
Assegnazione del Premio Lerici Pea “alla Traduzione” al Professor Marco Sonzogni per il libro di Seamus Heaney “Traversare l’inverno“.
Introduce il Prof. Massimo Bacigalupo; intervista Marco Sonzogni il giornalista Leonardo Guzzo.

Link: Premio Lerici


© Alice, RSI RETE DUE, 25.05.2019

Dal minuto 41.40 Seamus Heaney, “Traversare l’inverno”, raccontato dal curatore e traduttore Marco Sonzogni.

“La galassia dei dementi”
di Massimo Zenari

Durante questa puntata anche un’autentica chicca: la pubblicazione, per Gabriele Capelli di Mendrisio, della terza raccolta poetica del premio Nobel Seamus Heaney, “Traversare l’inverno“, tradotta magistralmente da Marco Sonzogni. E non sarà tutto.

Link: Alice


© Satisfiction

Seamus Heaney, Traversare l’inverno
Recensione di Rossella Pretto

Come un romanzo d’avventura, Wintering out – la terza, fondamentale raccolta poetica di Seamus Heaney – necessita di un prologo. “All’inizio degli anni Settanta, all’improvviso, spuntano (o riemergono) in Irlanda steccati spinosi e feroci. Nel nord rimasto britannico, screziato prima e ora dilaniato dalla convivenza tra cattolici e protestanti, separatisti e unionisti, si spara e si uccide, si incarcera come in una terra di nessuno, si corre a piantare bandiere in nome di questo o quello — la fede, il diritto, la storia — si apre l’uscio al peggio dello ‘spirito nazionale’ e si lascia che il peggio scorrazzi e incattivisca.[…] Seamus Heaney ha poco più di trent’anni, moglie e due figli, è il poeta del successo clamoroso di Death of a Naturalist e ha scritto Door into the Dark, è lecturer alla Queen’s University di Belfast e reduce da un anno sabbatico trascorso alla Berkeley University in California. Nordirlandese cattolico, ha appena lasciato la capitale e l’università per trasferirsi a Wicklow, nella campagna a sud di Dublino, in Éire. Da qualche anno avverte un’oppressione e un’esigenza: l’ha ruminata, squadrata con più esattezza, profilata nella lontananza del West. Alla fine trova le parole, i versi illuminanti e quasi espiatori, che mancavano nell’apnea dei Troubles; scosta il nevischio di una tormenta disumana e scopre tizzoni ardenti, calore; districa forse una via di sopravvivenza, di ‘resistenza umana’, il tratturo di un possibile Wintering Out.

In questo “milieu”del tutto eccezionale si snoda il percorso poetico di una raccolta destinata a segnare profondamente la vita del poeta irlandese, premio Nobel nel 1995, e il panorama letterario internazionale. Un percorso che oggi, colmando un vuoto anche troppo duraturo, è riprodotto in italiano da Traversare l’inverno, la squisita versione realizzata da Marco Sonzogni e pubblicata da Gabriele Capelli Editore. Se la prefazione di Leonardo Guzzo disegna le coordinate entro cui si svolge “l’avventura” della silloge, Alberto Fraccacreta, nella postfazione, ne definisce l’obiettivo a partire dal titolo: “Non semplicemente svernare, ma uscire fuori dall’inverno dopo esserci passati, come l’incessante moto di un fiume dentro il cuore della selva. In quel gorgoglio limaccioso si percepisce la difformità, il sentirsi rigenerati e tuttavia coscienti delle sottrazioni, delle perdite anche solo emotive nel lungo passaggio che spinge comunque il poeta ad abbracciare ancora il proprio ‘piccolo destino’, com’è detto nella lirica incipitaria”.

In mezzo al guado c’è un Heaney che esplora varie direttrici della sua poesia. Il “racconto” del paesaggio irlandese, innanzitutto: la sua autentica “evocazione” – come in Biada, Quercia di torbiera, Terra, Doni della pioggia – accompagnata dal canto dell’uomo che si salda alla campagna (“si fa cerchio col luogo in cui ha seminato/ e cielo e terra/ corrono naturalmente tra le sue braccia/ che palpeggiano terra ubertosa” ), l’epopea dell’arcade nordico che è il poeta stesso, vittima felice di una magia che lo prende in trappola (“con un anello/ di fil di ferro tagliente che mi dondola all’orecchio”). Di questa sezione fanno parte alcuni componimenti – “onomatopeici”, si potrebbero definire – in cui il corteggiamento della lingua di Heaney alla materia diventa, grazie alle suggestioni del gaelico, un’immedesimazione completa. Si pensi a Toome, a Broagh, Una canzone nuova (“Ho incontrato una ragazza di Derrygarve/ e il nome, muschioso e perduto portento,/ richiamava del fiume le lunghe curve”) e la celebre Anahorish, “soffice gradiente/ di consonanti, prato di vocali,/ spettro insistente di lanterne/ dondolate nei cortili/ nelle sere d’inverno”.

Dentro al paesaggio si muovono personaggi vividissimi, forti e dolenti, sempre suggestivi e simbolici. È il caso del Ragazzo servo, che denuncia la triste realtà della discriminazione sociale nell’Irlanda rurale; del rigido osservante de L’altra parte (“Il suo cervello era una cucina imbiancata/ infarcita di testi, lustra/ come il corpo della sua chiesa”); dell’Oracolo, il genio che abita il tronco cavo di un salice, “lobo e laringe/ dei luoghi muschiosi”, e rimanda ai meandri di un’Irlanda misteriosa e magica. Memorabili sono le figure femminili: la moglie oppressa di un pescatore de La donna della spiaggia, che trova il suo scampolo di libertà in una passeggiata serale sulla battigia, “membrana tra il chiaro di luna e la mia ombra”; la sedotta e abbandonata di Maighdean Mara; la madre di Limbo, costretta ad annegare il “figlio della colpa” in fasce (“Lui era un pesciolino con ami/ che le squarciavano il ventre”), straziata da usi atavici che le impongono la vita dall’esterno, archetipo di una donna “eroica” che torna a più riprese nella produzione di Heaney fino alla Didone di Eneide Libro VI. Su tutti, però, spicca probabilmente L’ultimo mimo, figura romantica – una specie di Charlot campagnolo – che fa il suo spettacolo di ombre evocando in un’amorevole miscellanea San Giorgio, Belzebù e Jack Straw, che trova “una via amichevole/ tra gli antichi affanni del sangue/ e delle faide” e districa “un primo rugiadoso sentiero/ nel pascolo estivo”, oltre l’inverno.

La simbologia politica è evidente, e diventa ancora più marcata in poesie come L’uomo di Tollund – che trasfigura i patimenti del popolo irlandese nella tragica visione dei ribelli alle “parrocchie assassine” dello Jutland, straziati per trascinamento lungo i binari della ferrovia – e nei componimenti della sezione Una scorta nordica, in particolare nelle splendide Terra di nessuno (che adombra, di fronte ai Troubles, la scelta di neutralità e analisi coscienziosa del poeta, compiuta non senza rimorsi e lacerazioni) ed Esca da fuoco, che così si conclude:

Cosa poteva destare una vampa
dai nostri spenti giorni ignei?
Ora ci accovacciamo su tizzoni freddi,
con gli occhi rossi, dopo che il rombo tenue delle fiamme
e i nostri pensieri si acquietano come cenere.
Affrontiamo la sterpaglia sibilante della tundra
con una nuova storia, selce e ferro,
scarti, brandelli, unghia, canino.

I miasmi dei disordini politici, le avvisaglie di guerra civile si stemperano, in parte, e in parte si riflettono in un altro scenario, ritratto in Casa estiva e Serenate: quello della vita familiare del poeta, anch’essa fatta di conflitti, tenerezze e sfide, equilibri precari, riappacificazioni lungo “il bianco, battuto/ sentiero che porta al cuore”. Infine i due componimenti “americani”: all’apparenza avulsi dal contesto, ma che in realtà rappresentano – non solo per la collocazione – l’approdo finale della traversata. Marco Sonzogni compie tutto il viaggio appresso ad Heaney, onorando nella traduzione la sua lingua “materica”, “tecnica” per un peculiare bisogno di precisione: di dire e di incidere, di lasciare un segno netto come un colpo d’arnese. Una lingua che continuamente sboccia (ora anche in italiano) e ha in sé una densità, una stratificazione di significati tale da farne uno strumento insieme raffinato e poderoso.

In Traversare l’inverno Heaney convoca al tribunale della storia tutta l’Irlanda – la verde, la canterina, la laboriosa, l’iniqua, la selvaggia – e dopo averla percorsa, e interrogata, in lungo e in largo, le chiede di svestirsi dei suoi abiti, dell’orgoglio e del pregiudizio, per guardarsi solo con occhi umani, nella nudità della coscienza, e rinascere nuova come una luna appena toccata. Tutte le direttrici della raccolta convergono infine nell’immagine dell’astro, simbolo di un sogno accarezzato per secoli dai folli e diventato realtà grazie a uno sforzo di audacia e perseveranza: un’utopia concreta che autorizza tutti i poeti a sentirsi un po’ profeti.

Link: Satisfiction


© Pangea, Rivista avventuriera di cultura & Idee
25.04.2019

Seamus Heaney, il maestro misericordioso che mi ha salvato dalle sabbie mobili del dubbio: dialogo con Marco Sonzogni

Avrebbe compiuto 80 anni questo mese, ci ha lasciati alla fine di agosto, era il 2013, nel 1995 fu ornato, lui che non aveva bisogno di onori, con il Nobel per la letteratura, ma è a 33 anni, nel 1972, che pubblica la raccolta della svolta, quella che inaugura una nuova consapevolezza lirica. Ora. Seamus Heaney è un poeta miliare, nel senso che costituisce una pietra, è lì, pattuglia la poesia d’Occidente. Poeta totalmente irlandese, è un poeta interamente occidentale: ha marcato la zolla della sua ispirazione traducendo Virgilio e intendendo Dante, ci ha fatto scoprire le raffinatezze del Beowulf e perfino la grandezza del Pascoli. Davvero, Heaney, è il poeta inevitabile, in cui etica e statura, lirica e abbraccio, vertigine formale e millimetrica capacità didattica, sono uno. Insomma, non puoi eluderlo, devi studiarlo, il grande Seamus, per orientarti alla poesia dei prossimi millenni, perché quando lo leggi senti il sussurro dei druidi e dei prati, la cavalcata dei morti, il rumore della zappa irlandese e l’assoluto assolo virgiliano, Dublino e la Roma augustea, il sassone e il romagnolo, questa terra e l’altra. Dunque, “Wintering out”, cioè Traversare l’inverno, un evento editoriale, la raccolta di Seamus Heaney, la terza, pubblicata da Faber nel 1972, ora in Italia, per merito di Gabriele Capelli Editore. “Heaney pubblica Wintering Out nel 1972, all’età di 33 anni: un dato cristologico – notevole è il peso che il Cristo ha in questa raccolta, citato per direttissima in due occasioni e con riferimento allusivo in altre – e anagraficamente sorprendente se si pensa alle già sorprendenti Death of a Naturalist (1966) e Door into the Dark (1969). Ma la terza silloge è quella di un radicale cambio di rotta, non tanto tematico o stilistico, quanto nello status di poeta che egli comincia a incarnare, nella consapevolezza cioè dell’equipaggio creativo e cerebrale messo in campo (fatto certamente di sfarfallanti intuizioni), nella maggiore versatilità a orientare le nuances in una più decisa saturazione e, aggiungerei, spiritualizzazione dei motivi poetici”, scrive Alberto Fraccacreta in postfazione (il testo introduttivo è di Leonardo Guzzo). Raccolta, dico, di miracolosa bellezza, di inesausta freschezza, con manate di versi che resti ad ammirare come il singulto dell’alba, greve di gabbiani (“Un uomo che guada campi perduti/ rompe la lastra della piena:// un fiore d’acqua/ fangosa si apre verso il suo riflesso// come un taglio che spande/ le proprie tracce rosse in un catino”, questo è da Doni della pioggia). E con testi di tale ampiezza narrativa – Una scorta nordica, ad esempio, o L’uomo di Tollund – arcaici e arcadici, primordiali e proteiformi, che chiedono attesa, granate di sguardi. La raccolta è stata tradotta con consueta dedizione da Marco Sonzogni – già autore delle traduzioni del ‘Meridiano’ Mondadori che raccoglie le Poesie di Heaney, era il 2016 – a cui ho fatto alcune domande. (d.b.)

Come si colloca Traversare l’inverno nell’opera di Heaney e a cosa allude questo ‘attraversamento’?

Questa è la terza raccolta, pubblicata nel 1972. È una pietra di passo: sancisce una svolta importante segnalata dall’anno di pubblicazione. L’anno appena trascorso in California – alla Berkeley, dove, tra gli altri, incontra Robert Pinsky, poi Poet Laureate degli Stati Uniti, e, attraverso Pinsky, Miłosz, futuro Premio Nobel e da subito punto di vista umano, morale e poetico – è salubre: sia dal punto di vista creativo sia da quello personale. Nuove cadenze, quelle della poesia statunitense, nuove visioni, un senso di libertà e di possibilità senza limiti oltreoceano ma soffocato a Belfast, in Irlanda Nord. Heaney matura presto la decisione di lasciare lavoro, città e paese per trasferirsi nella campagna di Wicklow, a sud di Dublino, nella Repubblica d’Irlanda, per dedicarsi esclusivamente alla scrittura. Una scelta coraggiosa e presa in primis per integrità nei confronti della propria vocazione alla scrittura — scelta non priva di conseguenze, soprattutto di matrice politica, visto che la situazione della violenza settaria tra minoranza cattolica e maggioranza protestante nel Nord sta ormai degenerando nel periodo più buio della storia dell’isola, quello dei Troubles, eventi che segneranno comunque e per sempre la poesia (e la vita) di Heaney. Questa raccolta, come ho detto, segna dunque l’inizio di un nuovo capitolo: una vita interamente dedicata alla scrittura, una realtà all’inizio molto dura, artisticamente e umanamente, ma fondamentale e formidabile rito di passaggio che lascerà in eredità, in poco più di un decennio, un poeta ancora più potente e opere quali Stations (1975), North (1975), Field Work (1979), Sweeney Astray (1983) e Station Island (1984) – accanto alle quali iniziano a stagliarsi le ombre fidate di Virgilio e di Dante. E proprio da Dante ho preso in prestito l’uso transitivo del verbo traversare per cercare di rendere l’espressione idiomatica inglese to winter out, che significa arrivare dall’altra parte, superandola quindi, di una situazione difficile, come quando il bestiame sopravvie alla durezza dell’inverno. “Adda passà a nuttata”, come dicono i napoletani. Wintering Out è il racconto di una serie di attraversamenti, individuali e collettivi, di cui Heaney ci dà preziosa e potente testimonianza.

Che percorso ha la lingua poetica di Heaney e in quale parte – chiamiamola geologia verbale – la vediamo, qui. E come si traduce un poeta come Heaney, con quali accortezze o accoglienze?

La lingua ha sempre un ruolo fondamentale nella scrittura di Heaney. In essa, infatti, coabitano e convivono (pacificamente, personalmente, poeticamente) il gaelico e l’inglese, e le loro tradizioni, non soltanto letterarie ma anche storico-politiche, socio-culturali, geo-ambientali. Un poeta che riesce ad usare la lingua – anzi le lingue, ricordando anche che Heaney ha tradotto da ben quindici lingue e letterature diverse, con le quali era riuscito a stabilire un rapporto diretto anche quando l’effettiva conoscenza della lingua era elementare (miracolo della poesia, della letteratura!) – non può che lasciare lettori, studiosi, critici e traduttori a bocca aperta: per meraviglia e per complessità. Nemmeno Derek Walcott o Paul Muldoon, per citare due grandissimi virtuosi dell’inglese e delle sue timbriche, arrivano a toccare la stessa varietà, densità ed espressività di Heaney. Non dico dunque niente di nuovo affermando che Heaney è particolarmente difficile da tradurre, proprio per la ragione che ho appena cercato di spiegare. Avere passato tanti anni nella sua isola, accanto a lui e alle sue cose, e imparando da lui, mi ha reso consapevole di tutte le difficoltà che mi aspettavano, dalle più piccole alle più grandi. Ecco, direi che questa assoluta consapevolezza – e l’umiltà e la generosità di cui Heaney ha dato esempio, non soltanto, a tutti e in ogni angolo del mondo – mi ha aiutato a trovare soluzioni e compromessi e soprattutto a mettere sempre davanti a tutto, servendole, le sue parole e le sue intenzioni.

Ritaglia un verso o un fascio di versi di questa raccolta particolarmente emblematici – per la poesia di Heaney, per te.

Una delle poesie di Heaney che preferisco appartiene proprio a questa raccolta: Servant Boy. L’ho spesso benevolmente adottata per ringraziarlo di come, rispondendo pazientemente a tutte le mie domande, maestro misericordioso, mi avesse aiutato ad uscire dalle sabbie mobili del dubbio che accompagna sempre chi traduce. Poco prima che morisse, con i lavori del ‘Meridiano’ che aveva costruito ormai vicini alla chiusura, lo avevo ringraziato così: «this servant boy is blessed to have such a merciful master». Ecco la poesia:

Ragazzo servo

Traversa l’inverno
in fondo a un brutto anno,
dondolando una lanterna antivento
mentre si muove in un capanno,

un bracciante tra le ombre.
Vecchia prostituta da lavoro, sangue
di schiavo, che giravi per le fiere di bestiame
sotto l’occhio di ogni offerente

e restavi paziente
e circospetto, come
ora mi attiri sulle
tue tracce.

Tracce discontinue dal fienile alla stalla,
una scia di foraggio
indurito nella neve,
prime a varcare

le porte di servizio dei piccoli
baroni: risentito
e impenitente,
reggi in mano le uova fresche.

Link: Pangea


© la Lettura 386, Corriere della Sera, 21.04.2019

La traversata dell’inverno alle origini di Seamus Heaney
di Daniele Piccini

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© Poesia, di Luigia Sorrentino – RAI
19 aprile 2019

Seamus Heaney, “Traversare l’inverno”

ANTEPRIMA EDITORIALE

Dopo Janet Frame è il turno di Seamus Heaney, poeta irlandese, premio Nobel per la letteratura nel 1995. Curato e tradotto da Marco Sonzogni, in Traversare l’inverno Heaney ci consegna un’opera perfettamente riassunta dalla motivazione del Premio Nobel assegnatogli nel 1995: “un lavoro di lirica bellezza ed etica profondità che esalta i miracoli quotidiani quanto il vivente passato”.

Link: Poesia, di Luigia Sorrentino – RAI


© L’Informatore – 12.04.2019

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5 thoughts on “Seamus Heaney “Traversare l’inverno” – Poesie”

  1. Ottima idea, quella dell’editore e del traduttore. Mi aspetto successivamente anche quella di Lavoro sul campo, per chiudere il cerchio sull’intera opera poetica di Heaney.

  2. A distanza di mesi esce l’attesa traduzione di Wintering out. Ottima sotto tutti i punti di vista. Peccato per diversi refusi tipografici che mi permetto sottolineare più avanti.

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