Giorgio Genetelli “La conta degli ostinati”


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Giorgio Genetelli
La conta degli ostinati
Racconti
12.5×16 cm, 160 pp, CHF 16,00 / EURO 14,50 (I)
ISBN 978-88-97308-43-0

Disponibile anche in formato eBook su più piattaforme

Libro segnalato della Giuria – Premio Chiara 2018

Diciotto racconti per costituire un quadro di variegata umanità, con l’ostinazione come comune denominatore.
I personaggi raccontati sono come asini: animali testardi, empatici, divertenti, folli, intelligenti, indipendenti, irregolari. Ma soprattutto, inseguono chimere con la catastrofe come traguardo, però con una forza vitale e anti-conformista da sfiorare quasi l’anacronismo.

L’opera si volge spesso a un passato indefinito, ma senza nessuna nostalgia. Anzi, sembra che quel passato sia vivo e lotti ora insieme a noi con il suo corredo di umane debolezze e forze.
Si parla d’amore e di morte, con tutte le declinazioni che la vita rappresenta, dal calcio alla diversità, passando per campagne strampalate, piazze innevate, viaggi impossibili, progetti picareschi e avventure improgrammate.
L’amore è quasi sempre contrastato e incompreso, la morte tragica o ridicola, i lavori saltuari, la fiducia del mondo incrinata ma mai vinta.
La scelta dei nomi che si susseguono sono desueti, come lo sono certi comportamenti dei protagonisti. Alcuni di loro esprimono emozioni e progetti con entusiasmo, altri sono meno estroversi, altri ancora incapaci di comunicare. Comunque, tutti si pongono in quella zona d’ombra che il luccicare della moda non riesce a raggiungere e nella quale loro fanno e disfano la loro vita con malinconica allegria.
Lo stile di scrittura concede molto alla parlata dialettale, il che rende lo scorrere delle trame molto vicino al cuore. I ragionamenti che i protagonisti espongono qua e là sono zoppicanti, nell’essere espressi, e molto spesso si intuisce che il solo metodo è andare avanti a casaccio, per il puro gusto di inseguire un sentimento, una passione, un’idea.

Amicizie perdute, ritrovate, dichiarazioni avventate, azioni scombinate, follia latente. Gli ostinati della conta sono soprattutto libertari, questo li accomuna e fa dei racconti stessi un romanzo corale.


Il Genetelli è nato nel 1960 e l’hanno chiamato Giorgio, forse perché c’era tanta campagna. Prima di diventare scrittore ha mangiato la polvere, della strada e del legno: la strada perché gli è piaciuto stare in giro fin da piccolo; il legno perché ha dato nuova forma agli alberi come falegname.
Non ha fatto l’asilo, che al suo paese, Preonzo, per fortuna non c’era; si è salvato dalle elementari e maggiori grazie all’idea fissa che arrivassero le quattro del pomeriggio, l’ora di uscire.
Arruolato al ginnasio, s’è dedicato con vigore a capire chi era schivando materie, operazione non ancora terminata a tutt’oggi.
Intanto che cresceva e deviava da strade costituite da altri, trovava sentieri sconnessi quali i rapporti con gli altri, la voglia di libertà, la fiducia nel mondo, la fede nell’Uomo.
Cerca di trasmettere queste cose a sua figlia, ma fa fatica poiché non ne sa ancora molto nemmeno lui.
Dopo anni sconquassati da queste devianze, ha d’improvviso la fortuna di poter scrivere per mestiere: giornalista sportivo. Insomma, meglio di niente. Ma i suoi punti di vista scomodi e strampalati lo portano al licenziamento precoce e comincia così quell’embrione di vita nomade, tra mestieri improvvisati e occasionali.
Tra le sue esperienze, un grotto in Valle Bavona, lavoro creativo e fallimentare, ma che gli svela ancora qualcosa di sé, come tutte le cose che gli toccano.
In un momento di vuoto, un po’ voluto e un po’ subìto, riprende in grembo un computer, cosa che non faceva da cinque o sei anni. Nella soffitta della sua casa di allora, a Moghegno, scrive Il becaària, il suo primo romanzo: nove mesi di gestazione sfidando il clima del sottotetto, rovente d’estate, sottozero in inverno. Lo pubblica grazie a Franco Lafranca, che lo inserisce nella sua ANAedizioni.
Sull’onda dell’entusiasmo e con le tasche paurosamente vuote, spinge il suo talento (che lui considera così inespresso da doverlo mettere in campo ogni giorno). Con Lafranca pubblica due libri d’arte che mettono insieme le opere dello stesso Lafranca e di De Giacomi con le sue poesie in dialetto di Preonzo. Il rapporto con il suo paese natale è fortissimo, anche se non ci va quasi mai e quando ci va si autodelude nel non ritrovare cose e fatti che invece crede siano ancora lì, piantati come i platani in piazza.
Quindi, tiene e lavora il suo paese nella mente e nel cuore e lo traspone sulla carta, con il suo dialetto nelle poesie e con le atmosfere e le storie nella sua prosa.
Il suo lavoro di scrittore – ora ha finalmente il coraggio di chiamarlo così – diventa quotidiano e sterminato, ma i prodotti sono soprattutto racconti brevissimi. Alcuni dei quali sono stati pubblicati nel progetto editoriale i racconti Arbok, sempre per la ANAedizioni. Altri, ancora più brevi e quasi quotidiani, li mette come sassolini sul blog https://libertario2016.wordpress.com.
“Ma forse sono ancora là, dentro a un libro, in fondo a un cuore, sulla pelle di un’emozione, negli occhi dei pazzi, a cavallo di un orizzonte o dove una perduta ribellione attende.”
Sono due suoi personaggi, antieroi e sognatori. Il Genetelli si sente così e non può far altro che scriverne.

Bibliografia
Il becaària – ANAedizioni – 2010
Trilogia dal Cioos – Leporello – ANAedizioni – 2012
In gorondo – Leporello – ANAedizioni – 2013
Morto per amore – i racconti Arbok – ANAedizioni -2014
Col cane dietro – i racconti Arbok – ANAedizioni – 2014
Le castagne sono pronte – i racconti Arbok – ANAedizioni – 2014
Per un bacio – i racconti Arbok – ANAedizioni – 2015
Cicleur – i racconti Arbok – ANAedizioni – 2016
Nera – i racconti Arbok – ANAedizioni – 2016

Blog
libertario2016 – 269 racconti – 2016/2017
https://libertario2016.wordpress.com


RECENSIONI

© Sololibri.net, 19.08.2019

Recensioni di libri
“La conta degli ostinati” di Giorgio Genetelli

Giorgio Genetelli, classe 1960, ha fatto il falegname prima di provarsi come giornalista sportivo, tra mestieri improvvisati e occasionali, scoprendosi scrittore. La prima opera è un romanzo (Il Becaària), ma ha scritto libri d’arte e soprattutto racconti brevi e brevissimi. La conta degli ostinati (Gabriele Capelli Editore, 2017), un libercolo tascabile di 18 racconti in 156 pagine, è stato segnalato nel 2018 dalla giuria Premio Chiara.

L’autore ticinese presenta una folla di persone molto umane inquadrandole storicamente e geograficamente in modo così preciso da renderle famigliari ai lettori che conoscono o riconoscono i luoghi e i tempi. Un lavoro fortemente introspettivo (molti gli spunti autobiografici) e riflessivo, da attento osservatore dell’animo umano. Ma, forse, in questi personaggi bizzarri, c’è qualcosa di tutti noi.
Racconti di gente comune che ricordano l’umanità di Giovannino Guareschi, di gente di montagna e valle che ricordano quelli di Mauro Corona. Gente che insegue ostinatamente dei sogni impossibili, gente che ama all’impossibile o che non riesce ad amare i propri figli, gente che cerca di sopravvivere alla propria vita o anche solo a sé stesso: la Caterina, incompresa; il Rafel, rivoluzionario, il Pedra e il Climico, innamorati persi; l’Uomo, lo scemo. Tutti uniti da una caratteristica comune: l’ostinazione nel perseguire le loro idee fino all’estremo. Ma nelle valli del Ticino non manca nemmeno un novello Don Chisciotte, non certo l’unico a farsi paladino di una causa persa, come recita il capitolo a lui dedicato:

Inseguì una carriola ferma e abbandonata; si gettò in un formicaio urlando “Babele! Assaggerai il valore del mio braccio!”; si beccò un calcio da una vecchia alla quale aveva sottratto il bastone senza chiedere il permesso, poiché, diceva lui, era una velenosissima serpe in procinto di morderla mortalmente; si arrampicò su un roccia come se fosse una torre della Fortezza Bastiani, cadendo rovinosamente al’indietro in mezzo a un oceano di ortiche. Riuscì perfino a gettarsi da un ponte per agguantare una rana, scambiata per la perfida Angelica. (…) Il Panza, che in genere non capiva un cazzo di tutto quel volteggiare d’ira e di furore, seguiva quell’uomo per quella cosa misteriosa e irrazionale che si chiama amicizia.

Il Melchiade, novello terrapiattista:

Una volta era rotonda, probabile, una forma che però non conveniva. Sui stava di traverso, meno che in cima al polo nord, o appesi sotto e le acque andavano dappertutto senza controllo. Una fatica assurda. Non so come e chi o quando, ma hanno fatto come con la pasta sfoglia: spianata.

Il Senesio è seriamente preoccupato dalla prescrizione del medico che si è raccomandato che abbia a bere più acqua che vino, ma come farà a bersi sei litri di acqua al giorno?

Link: Sololibri.net


© Storie – 9 dicembre 2018 – RSI LA1

Ruggine, miscela e la cura del ciclomotore

Simbolo di libertà soprattutto nell’adolescenza, il ciclomotore – detto anche “motz”, o più comunemente motorino – per qualcuno è una passione che non è mai tramontata, e che oggi torna anzi in auge fra i più nostalgici. Ma chi sono gli intrepidi che ancora sfidano le nostre strade e il traffico moderno, a bordo di quelle due ruote dal sapore un po’ démodé? Se lo è chiesto il regista di questo documentario, che si è messo così sulle tracce di chi avvistava nel suo peregrinare sul territorio. Emergono in questo modo i racconti di Maria – la signora con il casco giallo – che quarantaquattro anni fa dal Cile arrivò in Ticino per raggiungere suo marito fuggito dal colpo di stato; Silvano – detto “Paia” – idraulico pensionato e amante di uccelli esotici, nonché di piccole fughe sulle due ruote; Claudio, che in età avanzata corona il sogno di restaurare e collezionare motorini; e ancora Marcel – detto “Piz” – che con tutti i suoi reperti nel garage nasconde un tesoro. Emozioni legate alle due ruote, quelle a velocità contenuta, che spaziano tra i sentimenti di amore, libertà, ossessione, umiltà e solitudine.

Un racconto corale che parte da una passione comune per diventare qualcosa di più, seguendo il fil rouge dei ricordi di un mondo forse in via d’estinzione. Ecco perché, per commentare questa puntata, in studio questa volta uno scrittore assolutamente fuori dagli schemi: cantore schietto del territorio, osservatore particolare della realtà che ci circonda, con Rachele Bianchi Porro ci sarà questa settimana Giorgio Genetelli, autore – tra le altre pubblicazioni – de “La conta degli ostinati”.

Link: Storie


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© Colibrì #11, radiogwen.ch

Anarchia e sorprese
21 maggio 2018

Colibrì: i libri, per becco di chi li legge ‒ Un programma che vuole dar voce ai lettori, per chiacchierare di libri con leggerezza e passione

A cura di Seba Marvin e Raffaele Sanna, con Giorgio Genetelli

IN QUESTA PUNTATA

Una puntata per scoprire che «Cosa ci fai qui, rottame?» può essere un saluto amichevole o che il modo più poetico di descrivere la miseria non viene da un poeta ma da una persona comune, che esclama in dialetto che persino i topi escono piangendo dalla sua credenza. Ma soprattutto per conoscere meglio Giorgio Genetelli, autore di Preonzo che vive da anni in esilio in Val Bavona, libertario e con il pallino dell’anarchia.

Fra insignificanti problemi tecnici risolti dopo 30′ di diretta, una chiacchierata tanto improvvisata quanto sorprendente e interessante, domande scritte su un foglio poi incollato al vetro e l’idea di volerne sapere di più sulle letture di uno scrittore che si è presto tramutata nel volerne sapere semplicemente di più sulla vita, l’undicesima puntata di Colibrì è stata un esperimento a tratti traballante, ma perfettamente riuscito!

Link: Colibrì


Colibrì: i libri, per becco di chi li legge
Un programma che vuole dar voce ai lettori, per chiacchierare di libri con leggerezza e passione.

A cura di Seba Marvin, con Amira Khali e Raffaele Sanna

In questa puntata: Quand’è che siete diventati lettori? Qual è il libro che vi ha fatto capire che leggere vi piaceva e che la vita non sarebbe stata così interessante senza delle storie e dei personaggi di fantasia con cui riempirla? Per l’inizio di questa nuova avventura radiofonica, proviamo a gettare uno sguardo verso l’origine della nostra passione, invitando gli ascoltatori a fare altrettanto.

Libro ticinese del mese: La conta degli ostinati di Giorgio Genetelli (Gabriele Capelli Editore, 2017)

«Diciotto racconti per costituire un quadro di variegata umanità, con l’ostinazione come comune denominatore. I personaggi raccontati sono come asini: animali testardi, empatici, divertenti, folli, intelligenti, indipendenti, irregolari. Ma soprattutto, inseguono chimere con la catastrofe come traguardo, però con una forza vitale e anti-conformista da sfiorare quasi l’anacronismo.»

Link a Radio Gwendalyn


© Viceversaletteratura, 17.11.2017

La conta degli ostinati
Racconti

Recensione di Gionas Calderari

La conta degli ostinati è la prima raccolta di racconti di Giorgio Genetelli, pubblicata da Gabriele Capelli. Le diciotto brevi narrazioni che la compongono ci trasportano in un Ticino periferico e discosto, evocato da una toponomastica cara alla biografia dell’autore: Preonzo, Moghegno, la Val Bavona. Persino la comunità fantastica di Sopralerta, «paese granitico incastrato tra franose montagne verticali» (p. 41), si potrebbe facilmente collocare tra i crepacci dell’alto Ticino. I nomi desueti scelti per i personaggi fanno pensare anch’essi al piccolo mondo antico delle comunità rurali, insensibili al passare del tempo.

Una realtà apparentemente idillica, che però viene descritta senza alcuna vena nostalgica. Il paese è l’orizzonte sociale e spaziale nel quale si muovono i personaggi, ma è un orizzonte angusto e soffocante, un limite che i protagonisti dei racconti si sforzano continuamente di oltrepassare. Il villaggio, così come la famiglia, rappresenta la forza omologante della collettività, che opprime il singolo individuo imponendogli modi d’essere a lui alieni.

La lotta coraggiosa o disperata contro questa rete di convenzioni è il tema principale dei racconti di Genetelli. Una lotta libertaria e anticonformista, condotta con tenacia e ostinazione asinina: non a caso, con una trovata graficamente felice, sulla simpatica copertina del volumetto campeggiano i musi di una coppia di asini, fotografata in primissimo piano.

L’ostinazione è quindi una sorta di costante comportamentale che guida tutti i protagonisti e li unisce in una più articolata narrazione corale (quella conta evocata dal titolo della raccolta). Un’ostinazione che l’autore declina secondo un campionario vario e sfaccettato, e che coinvolge un ampio spettro delle passioni umane. Abbiamo quindi l’ostinazione amorosa del Climico, che nel primo racconto (Per un bacio) non dimentica la sua Palmazia e fa di tutto per riaverla, nonostante la lontananza e le resistenze della famiglia. L’ostinazione dell’istrionico Liberio, inventore di giochi e concorsi strampalati, che sconvolge l’ordinaria quotidianità di una borghesia abbiente ed assuefatta con il suo carrozzone colorato, presto eletto a simbolo di rivolta generazionale dai giovani del posto (Matlosen). O la meravigliosa cocciutaggine di don Nicodemo (in Rosso fiür sgiüp), che si convince di poter fare a meno di Dio e delle sue regole e lancia una sfida di sapore rabelaisiano alla diocesi:

«L’inferno non esiste, neanche sulla terra, e non è vero che le disgrazie sono il pegno da pagare per i nostri peccati. Non abbiamo peccati da scontare, ma pericoli da evitare, gioie da vivere con passione e pietà, senza colpe, al diavolo le assoluzioni» (p. 73).

C’è sempre un qualcosa di animalesco e vitale in questi personaggi, che fanno delle proprie chimere la loro unica ragion d’essere. La tenacia nell’inseguire i propri istinti o aspirazioni al di là del buon senso comune è ciò che li rende vivi e conferisce loro un’aura quasi eroica, anche quando i loro obiettivi sono ridicoli o irragionevoli; come per Melchiade, che parte a piedi da Preonzo per raggiungere i confini della Terra e dimostrare come essa sia in realtà piatta, anziché rotonda (Col cane dietro). I personaggi di Genetelli sono eroi tragicomici, figure donchisciottesche: non a caso, lo sciagurato cavaliere della Mancha viene parodiato in uno dei racconti più riusciti della raccolta, Una causa persa.

L’ostinazione può anche essere di segno negativo, quando reitera antichi screzi e impedisce di superare il dolore: ne è un esempio la testardaggine di Mirto, che insiste nel negare il perdono all’amico Giano, colpevole di aver causato la morte del fratello (La disfatta); o la cocciutaggine crudele dei genitori di Uomo, che di fronte al suo ritardo mentale si rifiutano di accettarlo come figlio e sperano di liberarsene spedendolo a Mendrisio in manicomio (Uomo Di Maggio).

Sul fronte linguistico l’autore predilige un registro fortemente espressivo, che non si risparmia di indulgere spesso in risvolti comici. Il mot juste, quando arriva, è sempre inatteso e spiazzante: ad un linguaggio letterario giocosamente complesso, talvolta infarcito di tecnicismi e citazioni colte, vengono abilmente accostate espressioni gergali, voci dialettali, parolacce:

«Il problema era il paese, così fermo e vuoto senza la Palmazia, che di certo, ormai, si stava accoppiando con qualche filibustiere dal passato torbido e dal futuro precario, spassandosela senza ritegno. […] Il Climico soffriva, ma non gli passava nemmeno per la testa che un vero cuore in amore avrebbe preso ali o rotaie per Amsterdam. No, preferiva struggersi un pochetto e poi dedicarsi agli studi, che i filibustieri a queste cose non ci pensano nemmeno, i coglioni.» (p. 13).

Si tratta, in conclusione, di un libro godibilissimo, divertente e ricco d’intelligenza, quella vera, che non è mai pedante ma anzi stimola l’arguzia di chi legge. Non si può fare a meno di affezionarsi ai personaggi di Genetelli e alle loro stravaganze, e l’esito tragico delle loro improbabili imprese commuove e intenerisce: una fusione avvincente di commedia e tragedia, che l’autore gestisce con grande abilità e una perfetta coscienza dei propri mezzi espressivi.


Al minuto 10.25 guarda l’autore nel servizio di Turné Soirée, RSI LA1, del 14.10.2017


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