Virginia Helbling, “Dove nascono le madri”


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Virginia Helbling
Dove nascono le madri
15×21 cm, 112 pp, CHF 15,00 / Euro 13,50
ISBN 978-88-97308-36-2

Premio Studer/Ganz 2015 per la migliore opera prima

Il romanzo è disponibile anche in versione digitale su Amazon, Smashwords, iBooks, ecc.

Link: Breve estratto


La maternità è un’esperienza forte e destabilizzante anche quando tutto va bene. La protagonista di questo romanzo è madre da poche ore: la sua bambina appena nata dorme nella culla accanto al suo letto in ospedale e lei non sa neppure come prenderla in braccio. Deve imparare tutto. Il suo corpo cambia con prepotenza, e accettarlo non è facile. A casa la vita sembra spegnersi nei ritmi sempre uguali delle giornate dedicate alla cura di un essere ancora sconosciuto che deve essere nutrito e accudito. Difficile ritagliarsi un po’ di tempo per suonare il pianoforte, mentre per il padre della piccola nulla è cambiato: la sua carriera di violinista prosegue senza intoppi. Spesso è assente, oppure, quando c’è, è distaccato.
Solo la natura – il bosco dietro casa – sembra accompagnare la protagonista in questo percorso di scoperta di sé, della sua fragilità e della sua forza. Mentre sperimenta la sua nascita come madre cerca un modo per rinascere come donna, rifiutando i luoghi comuni sulla maternità e sforzandosi di ascoltare i suoi bisogni. Nonostante le incertezze e i momenti di stasi, sarà un percorso nella gestazione di un’altra se stessa.

Il romanzo esplora le zone d’ombra di una giovane combattuta fra il desiderio di libertà e i doveri del nuovo ruolo di madre. Ruolo che assume il significato di rinuncia, portandola a porsi delle domande sulla sua nuova vita e su ciò che le ruota attorno.

Con questo testo l’autrice ha vinto il premio Studer/Ganz per la migliore opera prima.

La fondazione Studer/Ganz ha per scopo la promozione della creazione letteraria nella Svizzera tedesca, nella Svizzera romanda e nella Svizzera italiana.
Il premio per la migliore opera prima in prosa è rivolto ad autori esordienti di età inferiore ai 42 anni. Istituito nel 2006, da quest’anno è stato esteso alla Svizzera italiana ed è stato conferito a Virginia Helbling per il manoscritto “Dove nascono le madri” (www.studerganzstiftung.ch)

Virginia Helbling è nata a Lugano nel 1974. Ha studiato lettere e filosofia
all’Università di Friburgo e ha lavorato come giornalista.È madre di sei figli.

Pubblicazione sostenuta dalla Fondazione Studer/Ganz e da Pro Helvetia, Fondazione svizzera per la cultura.


RECENSIONI

© prigioni/evasioni,RSI RETE DUE, 30.06.2020

“Dove nascono le madri”, Virginia Helbling
di Claudia Quadri

Esistono molte forme di prigionia, tante forse, quante sono gli esseri umani. Perché oltre ai luoghi fisici (dalla casa al carcere, alla fabbrica) che per infinite ragioni possono costringerci tra le loro pareti, ci sono prigioni senza muri che spesso contribuiamo a costruire e addirittura a mantenere. Piacevoli, perfino.
Nelle dieci puntate di questa serie dedicate a prigioni/evasioni, scopriamo autrici e autori svizzeri contemporanei che nei loro libri parlano di altrettante forme di prigionia, subite e inflitte, e degli sforzi per evadere, o al contrario, per rimanervi. Esordienti e nomi affermati, storie vere, verosimili o fantastiche, tutte avvincenti, tutte da scoprire. Dal giallo ispirato alla “donna più pericolosa della Svizzera” e condannata all’ergastolo, alla storia d’amore tra due camerieri in uno storico albergo sul lago di Brienz; dalla lotta di un ragazzo che cerca di salvare la fattoria di famiglia in un’estate di siccità, alla storia vera di Ganda, il rinoceronte indiano offerto nel 1515 al re del Portogallo – perché anche gli animali vivono molte forme di prigionia.

Link: prigioni/evasioni


© Alice, RSI RETE DUE, 15.02.2020

Virginia Helbling, autrice del romanzo Dove nascono le madri (Premio Studer/Ganz 2015) ospite di Moira Bubola e Mariarosa Mancuso.

Link: RSI


© Turné Soirée, RSI LA1, 30.11.2019

Amori in corso
I libri in prima serata con Damiano Realini e Mariarosa Mancuso

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Dal minuto 9 e 7 secondi

Dal minuto nove e sette secondi, Virginia Helbling legge dal suo “Dove nascono le madri” (Premio Studer/Ganz 2015) e parla (tema della puntata) di:

Amori tempestosi, amori romantici, amori litigiosi, amori tristi, amori sorprendenti, amori distratti, amori totalizzanti, amori sbagliati, amori eterni, amori segreti, amori sfacciati, amori capricciosi, amori complicati, amori platonici, amori passionali. Tra romanzi d’autore e romanzi rosa, continua il viaggio tra i libri di Turné Soirée, con Damiano Realini e Mariarosa Mancuso.

Link: Turné Soirée


© La locanda dei libri – 3 maggio 2019

“Dove nascono le madri” di Virginia Helbling

“Guardandola cerco di riorientare un universo che oggi ha cambiato il suo corso lasciandomi in sospeso a mezz’aria, fra il sogno e la realtà, in quell’aura senza tempo dove nascono le preghiere. E le madri”

Ci sono parole che rimangono addosso come una seconda pelle, sono tutte le parole che ho sottolineato in “Dove nascono le madri” di Virginia Helbling. Si tratta di un libro che desta riflessioni profonde circa il tema della maternità: la scrittrice attraverso questa storia, ci invita a riflettere su cosa vuol dire ESSERE MADRE, di come sia difficile e, al contempo, meraviglioso rivestire tale ruolo. In fondo, la maternità è un’esperienza forte e destabilizzante, anche quando tutto procede bene.
Questo libro mi ha insegnato che si è madri ogni qualvolta con mani giunte alziamo gli occhi al Cielo. pertanto vorrei consigliarlo a tutte le donne, non solo alle mamme, e a quelle che stanno per diventarlo, ma pure a tutte quelle mamme che lo sono state anche solo per un istante o più, perchè si ritroveranno perfettamente in queste emozioni e perchè rimarrano madri per sempre.

La protagonista di questo romanzo è madre da poche ore, si interroga se sarà all’altezza, deve imparare tutto, si sente impacciata persino nel prendere in braccio la sua amata bambina.
Il suo corpo cambia con prepotenza, si deforma, si espande e accettarlo non è facile. A casa la vita sembra ripetere i ritmi sempre uguali delle giornate dedicate alla cura di sua figlia, mentre il tempo per se stessa si riduce sempre più. Dovrà ritagliarsi pochi minuti, quando capita, per ritornare a suonare il pianoforte, mentre per il padre della piccola tutto è rimasto come prima: la sua carriera di violinista prosegue senza intoppi.

La Hebling mette in luce i sacrifici che ogni donna, quando è madre, è volontariamente disposta a fare per i figli, ma anche di quelli che sono “imposti” da questo ruolo, e accettarli non è sempre facile.
Questa storia, infatti, esplora le zone d’ombra della maternità, quelle che non vengono raccontate per il timore di essere giudicate delle cattive madri.
“Ma possibile che io sia insterilita proprio nel pieno della mia stagione fertile, negli anni in cui dovrei dare il meglio per la prosecuzione della specie? Le donne come me dovrebbero brillare di luce propria, emanare effluvi incantatori, dovrei essere in grado di stregare il mio compagno con un sguardo, con il tono della voce! … Dev’essere che nel mio caso qualcosa non ha funzionato e nella confezione c’è finita soltanto la bambina, senza tutto il corredo di magia che vedo trasparire dalle altre madri”.
L’autrice ci racconta di una giovane donna combattuta fra il desiderio di libertà e i doveri del suo nuovo ruolo, portandola a porsi delle domande sulla sua nuova vita: cosa ne sarà di lei, delle sue passioni, del suo lavoro?
Soltanto nella Natura, e in particolare nel bosco dietro casa, la protagonista trova conforto e una fedele compagna in questo cammino di riscoperta di se stessa, delle sue fragilità, dei suoi limiti umani e della sua forza, di rinascita come donna e come madre, rifiutando i luoghi comuni sulla maternità, come sottolineato nella quarta di copertina, nonostante le incertezze e i momenti di stasi, sarà un percorso nella gestazione di un’altra se stessa.
E la Natura viene a salvarla, perchè la natura è la Madre per eccellenza e lenisce tutte le ferite.
“Se la pioggia picchietta sui vetri mi raggomitolo al centro e non mi muovo dal bozzolo fino al mattino, se c’è la luna mi metto in maniera da poterla vedere finchè non mi entra negli occhi e nei sogni, quando c’è vento guardo il bosco che oscilla, le ombre che si sflilacciano di grigio e vengono ad accarezzarmi i capelli”.
Personalmente, avrei preferito un finale diverso per la protagonista, del quale non farò cenni, ma devo però ammettere che esso non inficia nella valutazione complessiva del romanzo perchè la Helbling ha centrato pienamente la questione, e leggere certi pensieri fa davvero bene all’anima.

Con questo testo l’autrice ha vinto il premio Studer/Ganz per la migliore opera prima.

Link: La locanda dei libri


© LaRegione Ticino, 3.11.2016 – Dove nascono le madri di Virginia Helbling

Letteratura che scava dove è più rischioso
di Yari Bernasconi

È vero: molti libri nascono e scompaiono nel breve volgere della loro pubblicazione. E non è forzatamente un male. Altri libri, però, rimangono nella testa e nel cuore dei lettori. Non so dire se siano libri migliori o più meritevoli; quasi sempre però sono libri che mettono e si mettono in discussione, andando a scavare dove è più rischioso, nei dintorni di quell’«inesauribile segreto» che accompagna l’umanità e che – anche con ottime ragioni – tendiamo a evitare o a diluire nella quotidianità e nell’intrattenimento.
Così, quasi un anno dopo la sua uscita, mi sembra del tutto naturale riprendere in mano Dove nascono le madri di Virginia Helbling, pubblicato da Gabriele Capelli Editore nel dicembre del 2015. Non solo perché mi è rimasto nel cuore, mi ha scosso e mi ha invitato ad alcune riflessioni faticose; ma perché in questi mesi ho ascoltato diversi pareri – pure discordanti e appassionati – sulla “natura” di questo libro. Pareri fondati per lo più su quello che credo essere un malinteso, che vorrei appunto dissipare: no, non vi si racconta “per una volta e senza filtri quello che succede a una madre dopo il parto”, e soprattutto no, per carità, non si tratta di un “piccolo trattato sulla maternità”.
Dove nascono le madri è (e rimane) il diario di una donna in preda a una profonda crisi personale. Certo, la crisi si palesa con l’avvento della maternità e di una semplice quanto irrimediabile scoperta: partorire, avere un figlio, non è un punto d’arrivo. È sicuramente una delle grandi tappe della vita per chiunque ne sia coinvolto, ma non l’unica. Del resto, c’è chi vive e ha vissuto questa tappa come la più bella di una vita, e nessuno vuole metterlo in discussione. Rimane il fatto che la protagonista è colta alla sprovvista: si ritrova da subito sull’orlo del precipizio senza punti di riferimento e senza un reale appoggio familiare, in balia di alcuni (inutili) luoghi comuni.
La maternità è insomma, per Virginia Helbling, il pretesto che porta a una ricerca di sé più vasta e complessa: «Finalmente più donna che madre, più vita che tempo», si legge emblematicamente a un certo punto. Come dire: essere donna non significa soltanto essere madre. La ricerca di sé, appunto, per quanto ritmata da un evento centrale della vita come la maternità, si gioca su un terreno se possibile ancora più ampio. Lo stesso titolo del libro riporta con inquietante ironia a questa prospettiva: già nella prima pagina si capisce infatti che il luogo in cui «nascono le madri» – sempre secondo la prospettiva della protagonista – non esiste, è una costruzione mitica. Come l’idillio alpino per la Svizzera.
Il libro si ritrova quindi per necessità a essere un diario: un luogo dove ritornare a esplorare, nominare e definire, senza paura di confondere – pur con eleganza e una sicura perizia formale – i registri linguistici. E come ogni diario che si rispetti, il testo rappresenta nei pregi e nei difetti chi lo scrive, in questo caso un personaggio femminile a momenti indecifrabile, irritante, in preda a scompensi, eppure così umano nell’aggrapparsi alle parole e alla vita. Gli “altri”, cioè le presenze “altre” che fanno capolino nel diario, sono appena tratteggiati, tenui e poco consistenti attraverso lo schermo della protagonista. Si abbozza anche uno sviluppo narrativo, soprattutto nella seconda parte del libro, ma non si esce mai veramente dalla prospettiva univoca del diario e non è dato sapere se gli avvenimenti siano reali o inventati. D’altronde, come afferma chi scrive: «Questa è la mia voce. Qualunque cosa possiate dire di me non importa».
Ora, Dove nascono le madri è comprensibilmente un libro scomodo, che si fatica ad accettare. Ma è anche necessario chiedersi perché. E la risposta non può certo essere “perché la maternità è tutt’altra cosa e qui si raccontano falsità”, o peggio “come può una donna scrivere un libro del genere?”: queste sono chiacchiere. Il fatto è che Virginia Helbling affronta di petto la realtà, e con lei alcuni temi universali e vertiginosi come quello dell’incomprensione e dell’incomunicabilità. Del rapporto con le convenzioni sociali e il loro peso. Della fragilità dei sentimenti e dell’ambiguità, dell’incoerenza, e allo stesso tempo della libertà dell’essere umano. Mette tutto in discussione. A cosa serve, altrimenti, la letteratura?


Videorecensione di “Dove nascono le madri” di Virginia Helbling
A cura di Sebastiano Marvin

Vai alla videorecensione:

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www.youtube.com

Recensione dal blog:http://sebamarvin.com


Viceversa letteratura

Recensione – Dove nascono le madri di Virginia Helbling
di Alessia Peterhans
Pubblicato il 13/05/2016

Sorprende forse la presenza del plurale nel titolo di un libro in cui viene narrata la storia di una donna da poco diventata madre. Ma la domanda Dove nascono le madri? si riferisce in questo caso non tanto al dato biografico di una madre in particolare, quanto piuttosto al suo situarsi in un ruolo. Nel suo romanzo d’esordio, insignito nel 2016 del primo Premio Studer/Ganz conferito a un’opera italofona, Virginia Helbling non propone una risposta univoca. Nel primo capitolo la protagonista osserva la figlia appena nata trascorrere i primi giorni in una sorta di limbo fatto di sonno e si domanda se nella vita non si nasca più di una volta, non solo nel momento in cui ci si stacca dal ventre materno. Analogamente nel romanzo viene raccontata la nascita progressiva di una donna nel suo nuovo ruolo che, a dispetto del luogo comune della madre felice, non è privo di lati bui.

Il libro è strutturato in cinque capitoli i cui titoli – «in ospedale», «a casa», «fuori», «lontano», «oltre» – lasciano suggerire un percorso verso l’apertura. L’evoluzione, raccontata dalla protagonista in prima persona, non è tuttavia lineare e anzi suggerisce l’idea che il ruolo di madre rappresenti una limitazione alla libertà individuale. La scrittura si manifesta allora come un bisogno quasi fisico di dire anche le «cose che non si dicono» (p. 40), di affrontare i tabu che circondano la figura della madre. La narratrice si disfa di ogni autocensura affrontando la tematizzazione del corpo e rivelando anche i lati più nascosti del proprio mondo interiore, compresa l’attrazione per il vicino di casa, «l’uomo con la barba». Questa urgenza di raccontarsi si traduce da un lato nella ricerca di parole e figure retoriche attinte dal campo semantico della natura, dall’altro in un susseguirsi di ritmi coinvolgenti e spesso imprevedibili.

La natura funge costantemente da sfondo per la storia. Dopo un primo periodo in ospedale, in cui la protagonista avverte la vicinanza con le altre madri nella stessa stanza come fonte di disagio, il ritorno a casa significa anche la prossimità del bosco. Amico e consolatore, il bosco offre ospitalità alle passeggiate solitarie della neo madre, ma è anche il luogo dove si nascondono i ricordi e le paure legate al passato. La natura in generale offre inoltre parole per parlare, ad esempio, del trascorrere del tempo («castagne svuotate dal gelo», p. 70) oppure del corpo («e mi prende una mano come un riccio la castagna», p. 85). Le esperienze del corpo, uno dei temi centrali del libro, non si lasciano classificare in due categorie opposte (positive e negative) sono invece caratterizzate da una complessità quasi impossibile da descrivere. La narratrice ci riesce chiamando le cose con il loro nome (non mancano parole come «sudore», «muffa», «epidermide», «puzza») ma anche sottolineando la propria somiglianza con una pianta o un animale, ricordando così che il ruolo di madre è in realtà uno stato istintivo, quasi primordiale.

Anche la musica detiene un ruolo ambivalente all’interno della storia. Da un lato rappresenta la lontananza tra la protagonista e il padre della bambina appena nata. In quanto violinista e concertista in carriera lui si differenzia da lei, pianista e accompagnatrice, che suona principalmente per riversare i propri stati d’animo nelle note. D’altro lato la musica o, meglio, le musiche che pervadono la storia fungono anche da base per il ritmo del racconto. Nei primi giorni dopo la nascita della figlia la vita della protagonista è dettata dai bisogni fisiologici della bambina che si ripetono con una frequenza di due ore: è un susseguirsi di risvegli, allattate, cullate, lavate e sonni. Questa frammentarietà viene resa dal ritmo della scrittura, caratterizzato da un alternarsi di frasi e paragrafi estremamente brevi ad altri più lunghi, ed è accompagnata dalla musica di Schubert suonata dalla protagonista al pianoforte. Più avanti nel racconto viene descritta una festa di paese, durante la quale la protagonista si permette una sorta di pausa dal ruolo di madre e balla con il vicino di casa. Tale scena è narrata in un unico lungo paragrafo dal ritmo incalzante – e la musica martellante da discoteca fa da colonna sonora.

È da leggere tutto d’un fiato il romanzo di Virginia Helbling, la cui scrittura coinvolgente ha il potere di raccontare la storia di una donna che riscopre sé stessa in modo sincero e a tratti disarmante. L’apice è raggiunto nella scena in cui la protagonista ascolta la registrazione di un concerto per pianoforte di Bach, interpretato da un suo amico musicista. L’evoluzione di melodie e note dimostra come per lo strumento musicale sia possibile seguire l’orchestra e al contempo suonare la propria melodia personale per farsi strada nella musica d’insieme. Analogamente la protagonista, cercando sé stessa all’interno del ruolo di madre, si ritrova invece a riscoprire la bellezza del proprio nome, che compare solo una volta nel libro pronunciato dalla bocca dell’«uomo con la barba».


lunedì 28 marzo 2016
Il colore dei libri

Recensione: Dove nascono le madri di Virginia Helbling
(ilcoloredeilibri)

Prezzo: € 13,50
E-book: € 5,04
Pagine: 110
Editore: gabrielecapellieditore
Genere: narrativa
Data Pubblicazione: Gennaio 2016

La maternità è un’esperienza forte e destabilizzante anche quando tutto va bene. La protagonista di questo romanzo è madre da poche ore: la sua bambina appena nata dorme nella culla accanto al suo letto in ospedale e lei non sa neppure come prenderla in braccio. Deve imparare tutto. Il suo corpo cambia con prepotenza, e accettarlo non è facile. A casa la vita sembra spegnersi nei ritmi sempre uguali delle giornate dedicate alla cura di un essere ancora sconosciuto che deve essere nutrito e accudito. Difficile ritagliarsi un po’ di tempo per suonare il pianoforte, mentre per il padre della piccola nulla è cambiato: la sua carriera di violinista prosegue senza intoppi. Spesso è assente, oppure, quando c’è, è distaccato.
Solo la natura – il bosco dietro casa – sembra accompagnare la protagonista in questo percorso di scoperta di sé, della sua fragilità e della sua forza. Mentre sperimenta la sua nascita come madre cerca un modo per rinascere come donna, rifiutando i luoghi comuni sulla maternità e sforzandosi di ascoltare i suoi bisogni. Nonostante le incertezze e i momenti di stasi, sarà un percorso nella gestazione di un’altra se stessa.
Il romanzo esplora le zone d’ombra di una giovane combattuta fra il desiderio di libertà e i doveri del nuovo ruolo di madre. Ruolo che assume il significato di rinuncia, portandola a porsi delle domande sulla sua nuova vita e su ciò che le ruota attorno.

Il romanzo comincia con gli attimi vissuti dalla mamma subito dopo il parto. Lo stordimento fisico e mentale, l’incredulità di avere un corpicino tra le braccia che dipende totalmente da lei.
La vita della protagonista, di cui sapremo il nome solo alla fine, viene completamente sconvolta.
La sua vita sociale e lavorativa è messa in stand-by e nessuno sembra capire le difficoltà che affronta tutta sola. La madre abita lontana ed il marito Erik è continuamente assente per i suoi concerti.
Il tempo sembra dilatarsi e tutto ruota attorno ad Helena, alle sue esigenze e al tempo che serve per accudirla.
Pian piano si apre un abisso tra lei ed il marito.
Lui sempre più freddo e distaccato, lei sempre più sola ed insofferente verso il falso perbenismo che sembra scorgere nella sua precedente vita.
Lui insofferente al fatto che lei sia totalmente immersa nel ruolo di madre, mentre lei si sente isolata, esclusa e impreparata a svolgere nuovamente il ruolo di moglie talentuosa e mondana.
In un percorso difficile e sofferto “Caterina” ( il suo nome sussurrato) riuscirà a trovare un proprio equilibrio e finalmente si sentirà una persona a parte e non un prolungamento della figlia.
Il vicino burbero ed introverso riuscirà a farla sentire nuovamente desiderabile e non semplice presenza, scontata compagna o genitrice con troppi impegni arretrati e poca verve per tenere alto il morale di amici e conoscenti.
Un romanzo toccante in cui molte madri si riconosceranno.
Quando si confonde l’essere donna con l’essere madre?
Riflessioni espresse su carta con coraggio e genuinità.
Non è un libro per tutti ma lo consiglio a chi vuole capire cosa passa nella mente delle madri , come ci si senta fragili in determinati momenti della vita.

Con questo testo l’autrice ha vinto il premio Studer/Ganz per la migliore opera prima.
La fondazione Studer/Ganz ha per scopo la promozione della creazione letteraria nella Svizzera tedesca, nella Svizzera romanda e nella Svizzera italiana.
Il premio per la migliore opera prima in prosa è rivolto ad autori esordienti di età inferiore ai 42 anni. Istituito nel 2006, da quest’anno è stato esteso alla Svizzera italiana ed è stato conferito a Virginia Helbling per il manoscritto “Dove nascono le madri” (www.studerganzstiftung.ch)

http://ilcoloredeilibri.blogspot.ch/


EXTRA n. 6 – 11.02.2016 – Recensione a cura di Luca Guarneri

Tra maternità e crisi d’identità
“Dove nascono le madri”, opera prima di Virginia Helbling ci porta nel limbo della gravidanza con toni duri e poetici

Nel suo romanzo d’esordio Dove nascono le madri (Gabriele Capelli Editore) Virginia Helbling, vincitrice del premio Studer/Ganz per l’opera prima, ci porta in quel mondo limbico e conosciuto da molti ma tuttora sconosciuto ai più che potremmo chiamare del “travaglio delle neomadri”.

La gravidanza, uno dei momenti centrali della vita di una donna, è spesso vissuta come un rivoluzionamento del proprio essere, un vero e proprio cambio di paradigma. ma allora, qual è questo paradigma nuovo che si impone nella vita di una giovane madre?
L’autrice ce lo spiega per mezzo di una prosa a tratti dura e a tratti poetica dipingendo una giovane donna che convive con un musicista di successo e che genera la piccola Helena. Mentre il periodo della gravidanza vera e propria viene vissuto in modo intimo e arricchente, al momento di separarsi fisicamente dalla figlia – anche se le cure rimangono giornaliere – ecco che prende il sopravvento la crisi. Una crisi d’identità, si direbbe, e la spiegazione e la rappresentazione di questo stato d’animo è assai efficace nel libro della Helbling.

Un mondo di dipendenza e di quasi osmosi con la piccola Helena prende infatti il posto della vita tutto sommato stimolante della protagonista di Dove nascono le madri. E, persino, un vago senso di colpa nel vedere il proprio corpo e le proprie predilezioni trasformarsi da un momento all’altro. Si tratta di una crisi post parto, di una lieve depressione? Più che altro, l’autrice ci introduce nel mondo senza se e senza ma della sua protagonista che non è disposta ad accettare la malcelata ipocrisia che ruota attorno alla realtà dei nascituri e alle esigenze e rivendicazioni dei neo gruppi familiari. La voglia di presentarsi alla stregua di una famiglia perfetta alberga in molti cuori, ma non in quello dell’autrice del diario che di fatto compone il romanzo.

Un romanzo coraggioso e scritto con indubbia forza espressiva dalla talentuosa Virginia Helbling che, combattendo dalla parte della madre incompresa, ci svela le pulsioni, le richieste, i dubbi ma anche i momenti meravigliosi vissuti là dove nascono le madri.


L’Informatore – 5.02.2016

Libri / Una storia di straordinaria maternità nell’opera prima di Virginia Helbling

È un romanzo denso, pieno dei sentimenti di una giovane donna appena diventata madre, che si racconta in prima persona. Ma la felicità appare assai lontana; forse troppo per ciò che si potrebbe comunemente pensare a proposito della sorte di una coppia di buon livello culturale, nella cui vita, un giorno, compare una figlia. I gesti quotidiani, tipici e belli di due neogenitori non riescono a nascondere le ombre di un’unione che non funziona, di un rapporto scontato. Nei pensieri di questa donna contemporanea c’è la lotta tra il desiderio di mantenere la propria libertà personale e i doveri richiesti dal nuovo ruolo di madre.

Con il romanzo “Dove nascono le madri”, pubblicato da Capelli Editore, Virginia Helbling ha vinto il premio Studer/Ganz per la migliore opera prima. La storia non è banale e la narrazione è accurata.

Luganese, classe 1974, l’autrice è madre di sei figli. Ha studiato lettere e filosofia all’Università di Friburgo e ha lavorato come giornalista. La fondazione Studer/Ganz promuove la creazione letteraria nelle tre regioni linguistiche (solo da quest’anno anche nella Svizzera italiana); il premio per la migliore opera prima è rivolto ad autori esordienti di età inferiore ai 42 anni.


Su LaRegioneTicino di oggi, sabato 28 maggio 2016, Fabiano Alborgetti intervista Virginia Helbling, autrice di “Dove nascono le madri”.


Cooperazione – n. 18 del 2 maggio 2016

Virginia Helbling una mamma scrittrice
Un volto e un fare d’altri tempi quelli di Virginia Helbling, insignita nel 2015 del premio letterario Studer/Ganz.
di Amelia Valsecchi-Jorio

Si muove con eleganza, quasi stesse danzando la vita, mentre accompagna i bambini a scuola; Virigina Helbling, classe 1974, che di figli ne ha ben sei: Agata 13, Francesco 12, Medea 11, Ofelia 10, Martino 6 e Salomè 3. Ma, Virginia non è solo una madre, bensì un’icona del paese in cui vive, perché incarna l’essenza della donna e della madre al tempo stesso.
Inconfondibile, nella sua lunga veste nera che arriva alle calcagna, sprigiona energia e cordialità d’altri tempi, ingannando chi la osserva, perché tutto si poteva immaginare di lei, dai suoi impegni familiari, alla sua passione per i gatti e il pianoforte, ma nessuno pensava o osava immaginare, che dietro a quel volto di mamma radioso, si celasse una scrittrice di talento.
Con il suo libro d’esordio “Dove nascono le madri”, Virginia Helbling, ha ottenuto, lo scorso ottobre, il premio Studer/Ganz (studerganzstiftung.ch) dedicato a giovani scrittori svizzeri esordienti, e ha visto pubblicare il suo romanzo dall’editore Gabriele Capelli di Mendrisio.

Da appunti disordinati al libro
«La scrittura è un mezzo espressivo che utilizzo da sempre – spiega Virginia –. Dopo la nascita dei primi due figli ho cominciato a tenere una sorta di diario a frammenti. Brevi punti annodati disordinatamente nel tentativo di fare chiarezza sulla tempesta emotiva che stavo vivendo».
In realtà il suo libro, che racchiude in parte la sua esperienza personale di mamma, non è autobiografico. È un romanzo, frutto dell’immaginazione frammisto alla realtà vissuta.
«Volendo dare corpo ai frammenti scritti mi sono via via staccata dal dato autobiografico fino a non riconoscermi più nel percorso e nel vissuto della protagonista. Anche perché la mia scelta di fondo è stata quella di estremizzare la portata delle sensazioni e degli stati d’animo della protagonista per riuscire a rendere tangibili anche le più sottili sfumature emotive».
Virginia Helbling ha una maniera naturale di esprimersi al pubblico, nuda e cruda, che non ammette mezzi termini, e che segue una precisa e dettagliata formula efficace, riuscendo a trasmettere in modo diretto ciò che avviene nel corpo della donna quando diventa madre e raggiunge la sua massima espressione di scrittrice, con una consapevole impudenza, proprio nella descrizione di odori e sensazioni nel primo momento dopo il parto. Una scrittura con un ritmo ben cadenzato, simile alla melodia suonata al pianoforte dalla protagonista, che emoziona sin nel profondo, soprattutto chi l’esperienza di mamma l’ha vissuta sulla propria pelle.
«Nel significato, ma anche nella sua forma, nel ritmo che crea all’interno della frase, la parola è portatrice di sensazioni. Per questo mentre scrivo sto attenta non solo a ciò che dico ma a come lo dico. Le scelte linguistiche o stilistiche sono sempre molto ragionate».
Una precisione nella lingua parlata e scritta che lascia ben poco da aggiungere.
Come mai una giovane mamma, laureata in filosofia e giornalista si trasforma improvvisamente in scrittrice?
«Scrittrice direi di no. Scrivente. Improvvisa e inaspettata è stata la vincita del premio Studer Ganz. Mentre il mio rapporto con la scrittura è fisiologico, non posso farne a meno. Non per velleità letterarie, ma perché all’atto di scrivere divento comprensibile a me stessa. Penso mentre scrivo e scrivo mentre penso. Il gesto stesso di impugnare una penna mi predispone a un contatto intimo con quanto avviene a mia insaputa sotto il sottile strato della coscienza. Un’attività salvifica o comunque estremamente salutare».

Tra penne e dittafono
«Soprattutto la sera. Di giorno riesco solamente a prendere degli appunti scritti o registrati mentre cucino o mentre faccio la spesa».

Qualcosa bolle in pentola
Non spaventatevi quindi se al supermercato incontrate una signora con il dittafono tra le mani che sta registrando qualcosa. Questi appunti li prende ancora oggi, – mi confessa – sì, perché probabilmente daranno luce ad un altro romanzo. Virginia sorride, si vede che qualcosa sta già bollendo in pentola.
«In pentola bolle sempre qualcosa. Non conosco però i tempi di cottura. Il primo romanzo, dagli abbozzi alla pubblicazione, ha impiegato dodici anni a venire alla luce. L’ho lasciato un po’ di tempo, sepolto nel classico cassetto. Spero sia servito almeno a renderlo sufficientemente fertile!».


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