© L’Osservatore, 28.11.2020
Il canto dei libri
Avventure, indizi e segreti di Flavio Stroppini
di Nicoletta Barazzoni
Mi sono chiesta, sin dal primo momento, cosa potesse esserci Sotto il cielo del mondo, e dunque cosa celasse il nuovo romanzo di Flavio Stroppini (Gabriele Capelli Editore), perché il titolo di un libro è un indicatore iconico e semantico, nel quale sono contenute molte informazioni. Infatti “Sotto il cielo del mondo” accade di tutto: si avverano sogni, si rivelano segreti, miracoli, fatti, che si intrecciano alla vita degli innumerevoli personaggi perché «sotto il cielo del mondo costruiamo quelle che saranno le nostre rovine. Sotto il cielo del mondo sogniamo quelle che saranno le nostre avventure».
Da questa prospettiva Alvaro Giacometti si immagina la vita, la esprime in immagini, perché dall’aereo vede la terra, mentre percorre il suo viaggio alla ricerca della verità di un figlio che ha in sospeso la sua relazione paterna, in un rapporto irrisolto. Il padre lo abbandona per vivere la vita del marinaio sulla Rhin, una nave da cargo. Sotto il cielo del mondo del padre, Libero Giacometti, c’erano i mari, i venti e tanta solitudine. Un padre che scompare e poi riappare, per scomparire e riapparire di nuovo. Inizia così l’intricato viaggio di Alvaro, che è anche un viaggio interiore, costellato da innumerevoli segni, enigmi, spostamenti da un luogo all’altro, percorsi che attraversano paesi lontani.
Le descrizioni dei paesaggi e dei luoghi sono potenti e dettagliate perché portano il lettore in posti che Flavio Stroppini ha vissuto e respirato realmente. Alvaro parla alla figlia che deve nascere, mentre si interroga e interroga la vita, esprimendo i suoi stati d’animo, con sullo sfondo il tambureggiare della vita e lo scadere della morte, che echeggiano sin dalle prime pagine, partendo dalla montagna per arrivare al mare, in un periplo sorprendente di aneddoti.
Il romanzo è ambientato ai giorni nostri, nei nostri luoghi di montagna per poi espandersi nel mondo. Il linguaggio è a tratti scurrile, quando le parolacce tratteggiano il carattere dei personaggi, rivelandosi dei rafforzativi del discorso per la schiettezza delle espressioni colorite.
Lascio al lettore la curiosità di scoprire la trama perché a colpirmi di un romanzo vi sono principalmente le emozioni che mi muovono e mi smuovono, attraverso il flusso di pensieri, le introspezioni, i dialoghi, le metafore, i rimandi, le riflessioni poetiche come quando, ad esempio, dice: «fu in quel momento che pensai che il silenzio è la voce della natura».
Il romanzo contiene un pullulare di incontri, una catena inanellata di persone che hanno legami significativi tra loro, portatori di un segreto. Poi ci sono i racconti di miti greci, le storie mitologiche, le vecchie leggende indù, e molto altro ancora, il tutto suffragato dalle conoscenze sulla cultura dei paesi citati, e dalla profonda esperienza che Flavio Stroppini ha vissuto in prima persona.
Di giorno in giorno, di passaggio in passaggio, di pagina in pagina, di aeroporto in aeroporto, Stroppini tesse ed intona una melodia che introduce le diverse parti del romanzo come quando, dall’alto dell’aereo, osserva «la pelle della terra diventare velluto, seta, cotone; le rughe della terra diventare zoccoli, pilastro ed architravi; i muscoli della terra contrarsi, tendersi e flettersi».
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Molto interessante: la mia stima per Nicoletta Barazzoni è immutata, a parte un equivoco personale non chiarito. Congratulazioni e tanti auguri. Filippo