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© Voilà, 10.06.2020

“Mi sembrava bello costituire un’epica delle minime cose”
Intervista a Giorgio Genetelli

Quest’anno ha pubblicato il romanzo Merluz Vogn, edito da Gabriele Capelli Editore, che è la cronaca, sognata e reale, di un’estate randagia alle soglie dell’adolescenza, in un Ticino presente e irrimediabilmente perduto nella corrente del tempo. Come mai ha scelto di trattare questa tematica?
Per contrapporre il passato al presente, per testimoniare di un mondo perfetto, che è quello dell’infanzia, dove si esplorano limiti e libertà, oltre che il valore sovrano dell’amicizia. È ambientato negli anni Settanta, in piena provincia appena appena fuoriuscita dal mondo contadino, dove le tematiche pedagogico-educative quasi non esistevano e dove i bambini allestivano mondi senza interferenze. Si tratta di un mondo così lontano da sembrare alieno, e quindi potrebbe essere anche un’ipotesi di futuro. Mi sembrava bello costituire un’epica delle minime cose, un romanzo di viaggio restando quasi sul posto.

Si tratta di un romanzo caratterizzato da uno stile sperimentale nella sua commistione tra idiomi dialettali e il lirismo di certi passaggi narrativi che sa tenere il lettore sospeso sul filo di un’ironica nostalgia. Come ha scelto lo stile narrativo per il suo romanzo?
Non è stata una scelta a tavolino, ma un procedere naturale, in simbiosi col mondo raccontato. Mi è piaciuto scuotere la lingua italiana da salottino con interventi popolari, intrisi di dialettismi. Ci sono intere parti, quando parla il vecchio nonno, che sono completamente in dialetto, per esaltare il furore e la passione dei racconti (per inciso, a lato c’è la traduzione in italiano). Il dialetto usato è fuori dal comune, una specie di lombardo alpino che resiste alla massificazione. Del resto, tutto il romanzo è antisistema, nel senso esistenziale del termine. Perfino i protagonisti sembrano provenire da altri mondi, e forse è proprio così, se osserviamo e paragoniamo la realtà sciatta in cui viviamo adesso. Il tutto raccontato, almeno nelle intenzioni, con l’ironia e di chi guarda da fuori l’arrabattarsi “poetico” dell’essere umano che si incammina verso la maturità senza peraltro sapere che potrebbe non venirne nulla di buono.

La sua è una storia di crescita con un protagonista giovanissimo ma ormai consapevole di essere giunto alla fine di un percorso, oltre il quale sarà sempre più difficile confondere il sogno con la realtà. Qual è la sua opinione sul passaggio dall’infanzia all’età adulta?
Non saprei definire questo passaggio, non è come varcare una porta, ma piuttosto un viaggio. Che potrebbe anche non finire mai, se solo riuscissimo a tenere vive le semplicità colorate che contraddistinguono l’infanzia. Nel mio romanzo ci sono tutte le pulsioni dei ragazzini, ma anche il terribile ignoto dell’assenza. Chi non ha mai pensato, da bambino, che senza la mamma sarebbe morto di dolore e di fame? Ecco, se ravviviamo sempre queste emozioni, l’età adulta sarà sopportabile. Se io non fossi così, non avrei scritto questa storia. Se riuscissimo a lasciare indietro tutte le sovrastrutture che ci schiacciano saremmo più liberi, forse anche con qualche punta di felicità.

Giorgio Genetelli (Preonzo, 1960) è un giornalista, scrittore, blogger e telecronista sportivo. Per Gabriele Capelli Editore ha pubblicato nel 2017 la raccolta di racconti “La conta degli ostinati” e nel 2020 la nuova edizione de “Il becaària” e il romanzo “Merluz Vogn”.

Link: Voilà


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