© Leggere:tutti, 26.11.2019
Luca Brunoni: “Silenzi” – Intervista
A cura di Antonella Quaglia
Luca Brunoni è nato a Lugano nel 1982. Pubblica nel 2016 per Fontana Edizioni “Il cielo di domani”. Nel 2019 esce per Gabriele Capelli Editore il suo ultimo romanzo “Silenzi”.
«Di cosa parla il tuo romanzo Silenzi?».
Parla di una ragazzina di 13 anni che deve trasferirsi dalla città in uno sperduto villaggio di montagna. La ragazzina si porta dietro un segreto che pesa come un macigno, ma scoprirà che il villaggio ne nasconde molti di più. È la storia di un’orfana che deve far fronte alla freddezza dei genitori adottivi e alle difficoltà della vita in montagna, ma è anche quella di un villaggio dove i silenzi – le cose non dette, o quelle che nessuno può o osa dire – nascondono una realtà complessa e inquietante.
«Qual è il messaggio che hai voluto veicolare attraverso la tua opera?».
Volevo provare a scrivere un libro carico di tensione e di mistero, ma senza personaggi buoni o cattivi. Descrivo esseri umani che portano avanti le loro vite come meglio gli riesce, in un contesto di difficoltà e povertà; a volte le situazioni drammatiche sono un risultato inevitabile di ciò, senza che ci sia bisogno di un cattivo, di una lotta tra il bene e il male. C’è però anche da dire che non comincio mai un libro con l’intenzione di veicolare un messaggio. Credo che il compito di un romanzo sia quello di far provare emozioni, suscitare interesse e curiosità, quindi la priorità quando scrivo è quella. Poi, man mano che vado avanti, vedo delinearsi temi e problematiche; solo allora comincio a lavorarci perché risultino più d’impatto.
«Il romanzo Silenzi è diviso in due parti: nella prima presenti il punto di vista della protagonista Ida, una ragazzina rimasta orfana e affidata a una famiglia di fattori in un piccolo villaggio svizzero; la seconda ripercorre le tappe della storia di Ida focalizzandosi però sui punti di vista degli altri personaggi presenti nel romanzo. Quali sono i motivi della tua scelta stilistica?».
Direi che è stata LA scelta. Avevo in testa la storia, avevo già delle bozze, ma non avevo ancora bene in chiaro il modo in cui volevo raccontarla. Una volta decisa la struttura in due parti mi sono convinto di essere sulla strada giusta: sapevo dove arrivare e come arrivarci. E ho capito anche il tipo di esperienza che volevo far vivere al lettore.
«Dal tuo romanzo: “Magari nella vita avrò ancora diritto a dei momenti felici. Ma non ora, non prima di aver pagato fino in fondo per le mie colpe”. Silenzi è un romanzo che parla delle conseguenze del senso di colpa, e in questo caso la natura di questo sentimento è resa ancora più dolorosa dal fatto che a provarlo è una ragazzina innocente. Quali sono gli altri temi portanti dell’opera?».
Uno su tutti: l’idea che uno sguardo superficiale sulle persone e sugli eventi porta spesso a conclusioni errate. Può sembrare evidente, ma quante volte si cade in questa trappola? Un altro tema è sicuramente la necessità di imparare dagli errori del passato: non soltanto quello remoto, ma anche – e soprattutto – quello recente.
«Quali sono le tue abitudini nella scrittura? Come hai gestito le fasi di ideazione e stesura del tuo romanzo?».
Durante la prima stesura scrivo soprattutto la mattina, appena sveglio, prima di andare al lavoro, e poi ancora quando torno a casa. Cerco di tenere un buon ritmo ma non forzo nemmeno il processo, nel senso che lascio maturare le idee, e raramente mi metto a scrivere senza sapere dove voglio andare a parare in quel capitolo, quella scena. Però mi lascio anche sorprendere durante la scrittura; se una dialogo ad esempio prende una direzione inaspettata, ben venga; ci sarà tempo più tardi per decidere cosa tenere e cosa no. Riguardo alle fasi, ogni romanzo è una storia a sé. In generale però i miei libri attraversano molte iterazioni prima di arrivare alla versione finale; è un processo che funziona ma richiede un sacco di tempo! Sto cercano di migliorare il questo senso…
«Quali sono le opere e gli autori che hanno influenzato il tuo percorso di scrittore?».
Ho iniziato a leggere tardi, verso i 19 anni. I primi autori che mi hanno veramente stupito sono stati Eco e Steinbeck. Una seconda tappa importante è stata scoprire la corrente degli americani “espatriati” a Parigi: Hemingway e Fitzgerald, ma soprattutto Henry Miller. Poi è stato il turno dei grandi romanzi noir, da Thompson a McCain con il suo “Il postino suona sempre due volte”. Leggo molto, è essenziale avere consapevolezza di quello che esiste già se si ha l’ambizione di proporre qualcosa di originale. Io adoro quando un romanzo riesce a stupirmi, magari con una struttura innovativa o con una scelta coraggiosa; di recente mi è successo con 7 del francese Garcia e con Paradise Rot di Jenny Hval (Norvegia).
«Scriverai un seguito delle vicende di Ida Bühler? O sei a lavoro su un altro progetto letterario?».
Chissà, magari in futuro. Forse tra qualche anno ripenserò a Ida e comincerò a immaginare una nuova storia. Ma dovrà avvenire in modo spontaneo, naturale, altrimenti meglio lasciar perdere. Scrivere richiede molto tempo, il che significa che si rinuncia ad altre cose, magari anche banali, come una passeggiata in montagna o un pomeriggio in compagnia. È dunque essenziale scegliere bene i progetti; il romanzo a cui sto lavorando ora, ad esempio, è molto diverso da Silenzi, ma le due opere hanno in comune la cosa più importante: sono storie che volevo a tutti i costi mettere su carta.
Link: Leggere:tutti