© La Locanda dei Libri – 3 maggio 2019
“Dove nascono le madri” di Virginia Helbling
“Guardandola cerco di riorientare un universo che oggi ha cambiato il suo corso lasciandomi in sospeso a mezz’aria, fra il sogno e la realtà, in quell’aura senza tempo dove nascono le preghiere. E le madri”
Ci sono parole che rimangono addosso come una seconda pelle, sono tutte le parole che ho sottolineato in “Dove nascono le madri” di Virginia Helbling. Si tratta di un libro che desta riflessioni profonde circa il tema della maternità: la scrittrice attraverso questa storia, ci invita a riflettere su cosa vuol dire ESSERE MADRE, di come sia difficile e, al contempo, meraviglioso rivestire tale ruolo. In fondo, la maternità è un’esperienza forte e destabilizzante, anche quando tutto procede bene.
Questo libro mi ha insegnato che si è madri ogni qualvolta con mani giunte alziamo gli occhi al Cielo. pertanto vorrei consigliarlo a tutte le donne, non solo alle mamme, e a quelle che stanno per diventarlo, ma pure a tutte quelle mamme che lo sono state anche solo per un istante o più, perchè si ritroveranno perfettamente in queste emozioni e perchè rimarrano madri per sempre.
La protagonista di questo romanzo è madre da poche ore, si interroga se sarà all’altezza, deve imparare tutto, si sente impacciata persino nel prendere in braccio la sua amata bambina.
Il suo corpo cambia con prepotenza, si deforma, si espande e accettarlo non è facile. A casa la vita sembra ripetere i ritmi sempre uguali delle giornate dedicate alla cura di sua figlia, mentre il tempo per se stessa si riduce sempre più. Dovrà ritagliarsi pochi minuti, quando capita, per ritornare a suonare il pianoforte, mentre per il padre della piccola tutto è rimasto come prima: la sua carriera di violinista prosegue senza intoppi.
La Hebling mette in luce i sacrifici che ogni donna, quando è madre, è volontariamente disposta a fare per i figli, ma anche di quelli che sono “imposti” da questo ruolo, e accettarli non è sempre facile.
Questa storia, infatti, esplora le zone d’ombra della maternità, quelle che non vengono raccontate per il timore di essere giudicate delle cattive madri.
“Ma possibile che io sia insterilita proprio nel pieno della mia stagione fertile, negli anni in cui dovrei dare il meglio per la prosecuzione della specie? Le donne come me dovrebbero brillare di luce propria, emanare effluvi incantatori, dovrei essere in grado di stregare il mio compagno con un sguardo, con il tono della voce! … Dev’essere che nel mio caso qualcosa non ha funzionato e nella confezione c’è finita soltanto la bambina, senza tutto il corredo di magia che vedo trasparire dalle altre madri”.
L’autrice ci racconta di una giovane donna combattuta fra il desiderio di libertà e i doveri del suo nuovo ruolo, portandola a porsi delle domande sulla sua nuova vita: cosa ne sarà di lei, delle sue passioni, del suo lavoro?
Soltanto nella Natura, e in particolare nel bosco dietro casa, la protagonista trova conforto e una fedele compagna in questo cammino di riscoperta di se stessa, delle sue fragilità, dei suoi limiti umani e della sua forza, di rinascita come donna e come madre, rifiutando i luoghi comuni sulla maternità, come sottolineato nella quarta di copertina, nonostante le incertezze e i momenti di stasi, sarà un percorso nella gestazione di un’altra se stessa.
E la Natura viene a salvarla, perchè la natura è la Madre per eccellenza e lenisce tutte le ferite.
“Se la pioggia picchietta sui vetri mi raggomitolo al centro e non mi muovo dal bozzolo fino al mattino, se c’è la luna mi metto in maniera da poterla vedere finchè non mi entra negli occhi e nei sogni, quando c’è vento guardo il bosco che oscilla, le ombre che si sflilacciano di grigio e vengono ad accarezzarmi i capelli”.
Personalmente, avrei preferito un finale diverso per la protagonista, del quale non farò cenni, ma devo però ammettere che esso non inficia nella valutazione complessiva del romanzo perchè la Helbling ha centrato pienamente la questione, e leggere certi pensieri fa davvero bene all’anima.
Con questo testo l’autrice ha vinto il premio Studer/Ganz per la migliore opera prima.
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