Giorgio Genetelli
La conta degli ostinati
17. Cinque centesimi di terra
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2.
«Tra i terreni finiti in pancia alla parrocchia, dicevo, c’era il Campo Verde, di proprietà dei due fratelli Rosselli, anarchici e anticlericali da matti, che di quel campo se ne fregavano, preferendo murature e legnami. Il Campo Verde lo chiese in affitto l’Angelini, visto che faceva confine con la sua masseria, oltre che con la chiesa, e che su quel campo, ben disposto e fertile come nessun altro, ci contava. Se lo tenne, gratis, coltivandolo per dieci anni a frumento e patate, intanto che i Rosselli andavano in Spagna a lanciare sassi, ricevendo in cambio un’imboscata franchista che li lasciò secchi. Per una vecchia legge sui benefici d’uso, l’Angelini ne ottenne la proprietà carpendola al solo erede dei Rosselli, il Nerio. Tieni a mente questo nome: Nerio, Nerii in dialetto. Bigotto com’era, l’Angelini donò poi alla parrocchia quel terreno usurpato, un secondo prima di uscir di casa coi piedi in avanti, per salvarsi l’anima in extremis. Doppio ladroneggio. Il Nerio fin lì s’era occupato di tutt’altre cose e nemmeno sapeva più se il Campo Verde era degli zii o di chissà chi. Fu il Senesio a metterlo a giorno della doppietta Angelini-prete ai suoi danni. Né uno né due, ebbe pronta la vendetta e anche la maniera di realizzarla.»
Il nonno si prese una pausa per un’altra tirata. Mi passò la pipa, che tenni in mano come dinamite accesa, e riprese.
«Secondo alcuni astuti calcoli, astuti lo diceva lui a noi, aveva stabilito che il Campo Verde stava sulla linea di rotolamento del Sasso della Cadrighi, se lo stesso fosse franato. E che il Sasso della Cadrighi, grande com’era, al momento dell’atterraggio nel Campo Verde, sempre se fosse franato, ci avrebbe fatto un buco che ci sarebbero volute tre generazioni per svuotarlo dal sasso stesso e riempirlo di nuovo di terra buona. Margine d’errore, il diametro di un cinque centesimi. A noi pareva impossibile, ma il Nerio, che sognava la catastrofe di notte, ci convinse. Il Sasso della Cadrighi stava duecento metri sopra il paese. Sai uno di quei sassi dimenticati dai ghiacciai? Un masso erratico, di quelli che in Valmaggia ci mettevano sopra la terra per crepare di fame più adagio. Trenta tonnellate, cento forse, grande come questa casa e quella dell’Ottavio messe insieme. Un cubo di granito venuto dalla preistoria. Un’impresa non impossibile, comunque. Ma la cosa bella è che mancò poco che il Nerio non lo dicesse al prete, un giorno che quello gli aveva intimato di abbassare gli occhi davanti alla croce, che ciò che è dell’uomo è di dio e che quindi lui stesse rispettoso nel sapere che la sua anima era già salva grazie al Campo Verde. “Tienilo d’occhio il Campo, prete” gli rispose il Nerio dardeggiando. Bisognava fare molto in fretta, capisci?»
«Parché?»
3.
«Perché tra l’andar su al Sasso e il tornar giù, sempre di notte e senza luce, tra forre e torrenti, senza farsi beccare da qualche insonne e chiacchierone, c’era rischio che tutto andasse in malora. Il Nerio ardeva di vendetta e poteva mandare in vapore il suo stesso piano. Inoltre il parroco non era scemo, aveva capito da quelle poche parole rabbiose che qualcosa covava. Pensò che il Nerio gli avrebbe bruciato il raccolto o magari cosparsa di ghiaia quella terra benedetta e generosa. Quindi, tra una messa e una confessione, un battesimo e un’estrema unzione, si piazzò di guardia alla finestra della canonica che dava a nord, proprio sul Campo. Probabilmente confidava nella fretta impetuosa del giovane, e lui era pronto a denunciarlo all’autorità terrestre, visto che il Nerio di quella divina se ne fregava. Intanto che il prete stava acquattato come una faina, noi stavamo alle strategie del Nerio. Eravamo in quattro, due dei quali, il Neli e il Sante, lavoravano in cava e la polvere nera era la loro specialità. Il Nerio ci metteva il furore, io la calma per l’attesa del momento buono.»
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