Gabriele Capelli editore, Mendrisio 2014, pagine 60.
La dedica del libro di Mattia Cavadini è ‘A Tita Carloni, architetto e maestro ’.
Il testo narra un breve viaggio, un percorso di osservazione e interiorità fatto per scoprire, riconoscere i luoghi dove ‘Brando’ saliva vivendo tra uomini soli, animali, rifugi e il Monte Generoso è un altro monte visto da chi decide di cogliere il silenzio e la fluttuazione delle cose naturali.
La persistenza del tempo quando nulla deve per forza accadere, perché già li’, vicino. “Sotto la nebbia sarà tutto cemento, sopra vivranno gli animali e coloro che ad essi si adegueranno”. Un viaggio nel paesaggio cercando il tempo di Brando, i suoi luoghi “il punto di incontro” : cosi’, Domenico, il proprietario della Baita di Orimento introduce chi sale verso “il pinnacolo dove si intratteneva con i camosci”.
La narrazione di Mattia Cavadini è essenziale, aperta allo sguardo, capace di coinvolgere il lettore comunicando il distacco, il compiersi di una distanza emotiva, da quello che Brando vede come mondo chiuso in sé, incapace di comprendere. “Si imponeva una cesura radicale, come radicale è la differenza tra la nebbia e l’azzurro che la sovrasta, realtà che si giustappongono senza soluzione di continuità”.
I dialoghi con Clelia, la moglie di Domenico, quelli con Danilo e la sua “stalla attorniata dal pascolo”, sono le voci delle persone che hanno scelto di stare qui, ognuno con un suo sentimento, un’idea della vita. Il tema è, “non rifiutare la fissità che ci attornia. La montagna è ferma, immobile. Tutto è silenzio. Silenzio in cui nulla si riscuote. Eppure in questo nulla, è possibile riconoscere una successione infinita di istanti”.
Quella che sentiva Tita Carloni, salendo.
Massimo Daviddi