Luca Brunoni, Silenzi. Misteri e segreti di un tranquillo villaggio di montagna


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© Il mestiere di leggere, 12.11.2019

Letteratura, Letteratura svizzera, recensioni
Luca Brunoni, Silenzi. Misteri e segreti di un tranquillo villaggio di montagna

Nadia torna a giocare sull’altalena. Anne osserva la vallata. La mattina giunge al termine e un bagliore rosa tinge i bordi delle montagne. Quando sposta di nuovo lo sguardo sulla figlia, la bimba non è più sola. La ragazza che dondola sull’altalena di fianco le rivolge un saluto. È la ragazza nuova, quella della fattoria Hauser. Anne risponde con un sorriso. Sta per chiederle come si chiama quando nota la gonna che fluttua nell’aria. Sente una stretta nelle viscere. Immagina i vestiti addosso a un corpo diverso. (pag. 128)

Silenzi, di Luca Brunoni, Gabriele Capelli Editore Mendrisio, Svizzera, 2019

Luca Brunoni – che già avevo conosciuto nella lettura del romanzo Il cielo di domani – torna in libreria con il suo secondo romanzo; una prova di grande maturità, sia per i contenuti che per la scrittura.

Il romanzo di cui parlo oggi è ambientato nella Svizzera rurale degli anni Cinquanta e coinvolge il lettore in una storia dolorosa e emblematica dello stile di vita di quella realtà. Ma l’ambientazione nel passato trasla solo temporalmente – creando il distacco necessario a vagliare certi argomenti – una serie di tematiche nient’affatto estranee al presente. Il romanzo è strutturato in due parti: nella prima, la voce narrante è una ragazzina di tredici anni a cui il destino ha riservato un cammino pieno di inciampi; nella seconda, è il narratore esterno a raccontare la vita e i segreti degli abitanti del villaggio in cui la ragazza viene trasferita a seguito del lutto che l’ha colpita.

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La prima parte – “La fattoria” – dicevo, vede protagonista Ida che, avendo perso la madre in un tragico evento e non potendo più essere accudita dal patrigno, viene data in affido ad una famiglia di contadini che vivono in una sperduta fattoria ai margini di un villaggio sulle montagne svizzere. La bellezza del paesaggio incontaminato e maestoso non riesce a contrastare il senso di spaesamento e le paure della giovane proiettata da una realtà cittadina ad una rurale, ma soprattutto accolta da due persone severe, che da lei si aspettano obbedienza, duro lavoro e nessuna pretesa di gesti affettuosi. Del resto l’alternativa sarebbe finire in un istituto e quindi Ida si convince che sia necessario fare di tutto, accettare qualsiasi imposizione o punizione, pur di rimanere agganciata a questa possibilità che le viene data. La fattoria in cui viene accolta campa su pochi animali e tanto duro lavoro, che viene largamente re-distribuito sulle spalle di una ragazzina a cui nulla viene concesso, poiché tutto – anche il cibo – deve essere meritato.

Ida è preda di mille incertezze: porta sulle spalle il peso del passato ed è preda dei suoi sensi di colpa; cerca in tutti i modi di compiacere i suoi nuovi genitori ma allo stesso tempo vorrebbe potere vivere i suoi tredici anni con la spensieratezza che meritano. Al villaggio conosce Noah, un suo coetaneo dallo spirito ribelle, che le confida la sua intenzione di andarsene dal paese, di lasciarsi alle spalle la mentalità ristretta e un futuro senza possibilità di scelte. I due stringono amicizia e Noah vuole coinvolgere Ida nella fuga.

In questa prima parte la narrazione si svolge su un registro riflessivo, intimo, in cui il lettore si addentra nei pensieri di Ida, ne conosce la vita dura e soprattutto la mancanza di affetti che dovrebbero invece rischiarare la sua esistenza. Gli eventi e i pensieri vengono narrati dal punto di vista di una adolescente, ingenua e timorosa, già avvezza alle difficoltà della vita, pronta ad accogliere il futuro senza aspettarsi grandi miglioramenti eppure fiduciosa, un giorno, di potere fare tesoro delle esperienze vissute. Ida, sradicata dalla sua città, si trova catapultata in un villaggio in cui il silenzio della natura nasconde il chiacchiericcio che le persone alimentano focalizzando l’attenzione sui presunti peccati degli abitanti. E deve presto imparare che certe cose si sanno – o si pensa di sapere – ma non si devono dire. Uno spaccato ben definito della società rurale, in cui i pettegolezzi, i giudizi lapidari possono gravare sull’esistenza delle persone come dei marchi indelebili, costringendole a rimanere intrappolate in una visione da cui non riescono ad allontanarsi. Aspetti, questi, che emergono con ancora più forza nella seconda parte del romanzo – “Il villaggio” – dove la narrazione assume un aspetto corale, mostrando al lettore il paese e suoi abitanti colti nelle loro esistenze abitudinarie ma anche nei tanti segreti e misteri di cui è meglio tacere. I silenzi necessari a mantenere una quiete artificiosa, mentre al disotto ribollono umori, dissapori familiari, recriminazioni e voglia di riscatto.

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Oltre a Ida, ci sono molti personaggi che spiccano nel dipanarsi della storia e contribuiscono a dare un’identità collettiva alla comunità che popola questi monti. In primis i genitori affidatari, Greta e Arthur, ciascuno con le sue verità scomode e una vita insieme non sempre armoniosa. I loro caratteri rudi non facilitano l’inserimento di Ida nel nucleo familiare. Poi il sindaco Bastian Feld e i suoi due figli, Reto e Noah, che hanno nella trama un ruolo determinante. Ci sono Anne e la figlioletta Nadia abbandonate dal marito Emil, personaggio misterioso di cui si sono perse le tracce, la cui sparizione ha dato adito ad un castello di supposizioni e di accuse. E poi molti altri, un intero paese e la sua gente.

Brunoni racconta un mondo, quello rurale, che spesso viene idealizzato ma che, andando a scavare, riserva non poche contraddizioni. La bellezza della natura non basta a rendere il villaggio un bel posto in cui vivere. Le persone si mostrano per quello che sono, nel bene e nel male, e non sempre i “buoni sentimenti” bastano a creare armonia. Sulle vite degli abitanti aleggia un senso di inquietudine, a volte così palpabile da potersi trasformare in una minaccia alla tranquillità. E questa tensione si avverte nella lettura, e tiene col fiato sospeso.

Inoltre, nel romanzo troviamo un tema che appartiene alla cultura e alla consuetudine di questi luoghi, ma che ha una valenza universale, e cioè la questione degli affidi di minori senza genitori. Tema che, come afferma lo stesso autore nei ringraziamenti, non vuole essere qui sviscerato in modo sistematico, ma che semplicemente si inserisce per mostrare una realtà che ha interessato centinaia di bambini e adolescenti, non sempre con esiti positivi. Bambini invisibili, affidati per risolvere un problema – quello degli orfani negli istituti – un po’ alla spicciolata, senza tenere conto delle loro attitudini o esperienze, spesso accolti per aumentare le braccia utili al lavoro, senza riguardo all’età.

In conclusione, un bel romanzo che si legge tutto d’un fiato.

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